Roberto Ippolito rivela il “Delitto Neruda” con il suo nuovo libro

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Nel romanzo-inchiesta (in uscita con Chiarelettere il 6 febbraio) prove sostenibili, indizi e movente della fine non naturale del poeta dell’amore premio Nobel, ucciso dal golpe di Pinochet in Cile.

“Il mondo deve sapere la verità sulla morte di mio zio Pablo” afferma il nipote Rodolfo Reyes Muñoz. I forti apprezzamenti di Giancarlo De Cataldo e Diego De Silva, lettori in anteprima

Finalmente la vera storia, mai raccontata, di come è morto il poeta Pablo Neruda.

“Delitto Neruda”, il libro di Roberto Ippolito in uscita con Chiarelettere giovedì 6 febbraio 2020, frutto di grandi ricerche internazionali dell’autore, svela in ogni dettaglio la sua fine ufficialmente attribuita al tumore alla prostata.

Ma la cartella clinica è scomparsa, manca l’autopsia, il certificato di morte è sicuramente falso. Ippolito ha scritto un romanzo-inchiesta tragicamente reale.

Presenterà “Delitto Neruda” la prima volta a mezzogiorno sabato 15 febbraio nella libreria Nuova Europa I Granai, Via Mario Rigamonti 100 Roma, con l’intervento di Serena Bortone e le letture di Viola Graziosi e Graziano Piazza.

Il premio Nobel per la letteratura 1971, il poeta dell’amore e dell’impegno civile, amato nel mondo intero, muore nella Clinica Santa María di Santiago domenica 23 settembre 1973, dodici giorni dopo il golpe militare in Cile di Augusto Pinochet e la deposizione del presidente e amico Salvador Allende.

All’indomani sarebbe partito per il Messico dove avrebbe potuto capeggiare un governo in esilio. Il decesso avviene nella camera 406. E c’è una singolare coincidenza: nella stanza accanto, la 402, morirà avvelenato anche l’ex presidente Eduardo Frei Montalva, oppositore del regime.

Ovunque c’è terrore e morte mentre Neruda chiude gli occhi. Le sue case devastate, i suoi libri incendiati nei falò per strada. Anche la poesia è considerata sovversiva.

Ippolito, autore di libri d’inchiesta di successo ha raccolto le prove sostenibili, gli indizi e il movente della fine non naturale di Neruda, sulla scorta dell’inchiesta giudiziaria condotta da Mario Carroza in corso dal 2011, e non solo.

“Il mondo deve sapere la verità sulla morte di mio zio Pablo” afferma il nipote Rodolfo Reyes Muñoz, rappresentante legale dei familiari.

In una pagina dopo l’altra di “Delitto Neruda” vengono rivelati i fatti, dall’importanza del foro della cintura nella bara al singolare comportamento dei medici.

Il poeta è stato dunque “ucciso dal golpe di Pinochet” come si legge sulla copertina. Ippolito rende noti anche tutti gli ostacoli posti all’accertamento della verità.

Per la drammatica ricostruzione, l’autore si è avvalso di una vasta documentazione proveniente dalle fonti più disparate: archivi, perizie scientifiche, testimonianze, giornali cartacei e on-line, radio, tv, blog, libri, in Cile, Spagna, Brasile, Messico, Perù, Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Italia.

E del lavoro del Programa de derechos humanos e del Panel expertos génomico proteómico.

Il libro è scritto con il rigore dell’inchiesta e lo stile di un thriller mozzafiato. Protagonista, una figura simbolo della lotta per la libertà, non solo in Cile, vittima al pari di García Lorca, suo grande amico e illustre poeta, ucciso dal regime franchista.

Quando subisce una perquisizione a Isla Negra tre giorni dopo il colpo di stato, Neruda dice a un ufficiale: “Cerchi pure, capitano! Qui c’è una sola cosa pericolosa per voi!”. “Cosa?”. “La poesia!”.

“Delitto Neruda” ha già i forti apprezzamenti degli scrittori Giancarlo De Cataldo e Diego De Silva, lettori in anteprima. Dice De Cataldo: “Chi uccide un poeta uccide la libertà.

Roberto Ippolito firma un’inchiesta stringente e appassionante sulla misteriosa morte di Pablo Neruda”. Osserva De Silva: “Ippolito raccoglie i fatti e li processa, li ricompone, li inchioda.

Sembra di essere davanti a una fedele applicazione del principio pasoliniano del sapere fondato sulla ricerca intellettuale. Solo che qui ci sono anche le prove”.

Roberto Ippolito, scrittore e giornalista, conoscitore del mondo letterario, organizza eventi che portano la cultura fra la gente nei luoghi più vari: centri commerciali, mondiali di nuoto, navi, aeroporti, scuole, pullman (per il giro a tappe “conPasolini”), musei, siti Unesco. Ha curato a lungo l’economia per il quotidiano “La Stampa”, con attenzione ai grandi fatti globali. È stato editor del Festival dell’economia di Trento. Ha dato vita al “Tour del brutto dell’Appia Antica”. È stato direttore della comunicazione di Confindustria e direttore delle relazioni esterne dell’Università Luiss di Roma, dove ha insegnato alla Scuola superiore di giornalismo. Ha pubblicato “Evasori” (Bompiani 2008), “Il Bel Paese maltrattato” (Bompiani 2010) e, con Chiarelettere, “Ignoranti” (2013), “Abusivi” (2014) ed “Eurosprechi” (2016).

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Il Gruppo ViviRoma fondato da Massimo Marino nel 1988, nasce come giornale murale per ampliarsi nel tempo in un magazine, TV e WEB.

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