Nella deliziosa cornice del teatro de’ Servi, prende vita partorito dalla mente di Veronica Liberale coadiuvata dalla regia di Pietro de Silva questo ‘Direzione Laurentina’.
Uno spettacolo tenero e dolce che rispecchia alcuni frammenti sociali della vita di tutti i giorni.
Il buio della metropolitana che avvolge i personaggi rende tutto volutamente onirico.
Un irreale situazione o un sogno che scalcia nel buio perché vorrebbe concretizzarsi in realtà.
Quante volte ci siamo chiesti mentre distrattamente in metropolitana ci dirigiamo verso la nostra destinazione, che cosa fanno o chi sono le persone che sfioriamo sulle scale mobili o di cui incrociamo gli sguardi sui vagoni?
Bene Veronica Liberale autrice e protagonistsa della commedia lo ha fatto. Ha estrapolato da quella folla in viaggio cinque personaggi strappati da questi affollati sotterranei, come un dispettoso demiurgo per saggiare la loro personalità o per concedergli un’alternativa, li imprigiona in questa surreale realtà.
‘Realtà’ che riporta alla mente una delle tante vicende mitologiche, in cui una capricciosa divinità ellenica gioca con i comuni mortali come fossero marionette tirandone i fili, ma lasciando però loro libero arbitrio, una sorta di esperimento sociale con supervisione registica divina.
Divinità? Fato, Destino? Creano una sfortunata situazione in cui i cinque si trovano coinvolti, bloccati sotto la metropolitana alla fermata Policlinico, inavvertitamente chiusi dentro a causa di uno sciopero, in direzione Laurentina…
Tra i personaggi della ‘tragedia greca’ c’è una coppia formata da madre e figlia (Francesca Pausilli), la giovane Immacolata in stato avanzato di gravidanza e la madre Teresa (Antonia di Francesco).
Entrambe sono la fotografia di uno spaccato di vita di borgata, lei è incinta non si sa di chi, la madre che l’accompagna pigramente a fare un controllo medico, alle prese con un forte stress o depressione.
Per attirare l’attenzione la povera Teresa vede e parla con i morti ( beh se è vero o meno lo scoprirete al teatro, sempre che non temiate il corona virus)…
Poi c’è il povero extracomunitario Abused afghano (Simone Giacinti), che campa cantando in maniera strampalata nella metro canzoni italiane per sbarcare il lunario e si impegna ai semafori a vendere accendini.
Abused (il nome già racchiude il suo triste passato), viene subito pesantemente discriminato da una xenofoba gretta ed ignorante, ma soprattutto insoddisfatta e sbandata guardia giurata di nome Manolo (Emanuele Cecconi).
Ciliegina sulla torta è l’avvenente snob che la guardia giurata chiama irriverentemente, ma forse anche appropriatamente ‘cicalona’, sul palco Benedetta (nella vita Veronica Liberale), che si scoprirà poi essere un medico indagato e sospeso dal servizio per imperizia sul lavoro.
Benedetta radical chic e borghese sinistroide, da una parte distaccata, snobba il gretto Manolo a favore dell’ extracomunitario che però insofferente tiene a debita distanza.
Tutti contro tutti insomma, indifferenza reciproca, offese, provocazioni, velate minaccie, addirittura uno scontro fisico tra Manolo e Abused, che si interromperà per un accidentale colpo sparato dall’incauta e spocchiosa guardia.
I cinque racconteranno in questo limbo le proprie dure storie di vita, così facendo entreranno nella simpatia del pubblico che perdonerà i loro atteggiamenti discutibili comprendendo il motivo dei loro comportamenti e della spigolosita’ dei loro caratteri.
Virtualmente seppelliti nel sottosuolo, fuori si scatena il diluvio universale, diluvio che impedirebbe ogni soccorso se potessero chiedere aiuto, ma senza rete ai cellulari e senza che nessuno si accorga della loro assenza, sono costretti loro malgrado a sopportare e ad interagire tra loro per aiutare la povera ragazza incinta che ogni tanto ha le doglie.
Immacolata è inconsapevolmente il deus ex machina, usata dal fato per il suo stato, sarà la chiave di volta che permetterà a tutti di trovare sintonia e armonia.
La bimba verrà alla luce, questa nuova vita ‘messianica’ riscatterà le vite dei cinque offrendo loro una seconda opportunità di vita.
La sua nascita infatti rimetterà i peccati di coloro che hanno congiunto gli sforzi per farla nascere.
Fuori scena, come il coro del teatro greco, uscirà una gradevolissima e delicata fanciulla, la proiezione da adolescente della nascitura (Francesca Piersante che si avvicenda nelle repliche con Fatima Ali) e che svela di essere Laurentina, colei che è nata grazie al buon cuore di tutti e adottata virtualmente dai 5.
La dottoressa finirà per redimersi dal suo errore medico per cui è indagata aiutando a nascere Laurentina, scontera’ così in questo ‘purgatorio’ la sua pena e i suoi sensi di colpa.
Figlia e madre finalmente ritroveranno la serenità dopo una vita di conflitti familiari. L’extracomunitario che si è impegnato ad aiutare la povera giovane mamma, sarà accettato fino ad essere stimato dalla guardia giurata che diventerà più comprensiva fino ad esternerare il suo lato umano migliore, riuscendo così anche a fare breccia nel cuore della cicalona.
Insomma un sogno che diventa realtà, una storia a lieto fine…
Bellissimo il monologo nella deliziosa Laurentina , che con il suo dolce visetto ci racconta l’epilogo della storia e la natura del suo nome omologo alla fermata.
Ma all’improvviso succede qualcosa di inaspettato, il nastro della vicenda viene riavvolto a quando all’inizio della storia, la guardia giurata inizia la colluttazione con il povero extracomunitario.
Tutto prende una direzione differente, quella dell’amara realta’ di tutti i giorni, quella della cronaca nera.
Tutto deraglia e prende una strada sbagliata, quella che purtroppo tutti conosciamo, quella che ogni giorno il telegiornale e i giornali ci raccontano.
Immacolata finisce a terra accidentalmente colpita dal proiettile di Manolo.
Forse avremmo voluto che finisse come in un sogno, o forse era talmente troppo bello che questo secondo finale alternativo è quello più giusto, più realistico.
Veronica Liberale forse vuole dirci che non siamo ancora pronti per un lieto fine così, non lo meritiamo, non ce lo siamo guadagnato.
E Laurentina? Forse non nascerà mai, chissà bisogna vedere lo spettacolo, scegliere il finale che più ci piace, o aspettare che la nostra società cresca, che sbocci in tutti noi una mentalità senza pregiudizi che sia in grado di accettare il diverso, anche perché qui tutti sono i ‘diversi’.
Credo sia questa la morale.
I personaggi:
Teresa e Immacolata si esprimono, si muovono, si atteggiano, si vestono come il popolino che abitata la periferia di Roma.
Personaggi reali che ci fanno sorridere per la loro spontaneità e rozzezza quando li incrociamo.
Ho pensato davvero che queste due attrici fossero realmente così, ho pensato di essere davanti a due prodotti delle case popolari.
Poi dopo nei camerini, ho conosciuto la loro vera essenza.
Io che vivo ai confini di queste zone e ci lavoro, ci sono cascato.
Veraci, spontanee, più realistiche dei loro modelli!
Davvero brave, coppia riuscitissima, il fulcro della commedia, una fucina di risate.
Emanuele Cecconi è la guardia un po’ coatta, che troviamo a vigilare nei supermercati, ha alle spalle problemi economici ed esistenziali e trova nella divisa e nella sua arma, sua personalità e il coraggio che gli manca.
Benedetta ( eccentrico uso della Trinità: Teresa, Immacolata e Benedetta, un voluto richiamo alla religione Cristiana in contrapposizione o in cerca di armonia con la religione islamica di Abused) ?
Benedetta veste bene i panni che indossa, non ha mai preso la metro perché non ne ha bisogno, è altezzosa, snob ma per cliché sceglie di apparire paladina delle minoranze, comprensiva e altruista. Brava Veronica che ha scelto di dar vita sapientemente ad un personaggio tristemente realistico.
Ho avuto il piacere di vedere Simone Giacinti (Abused) più volte su un palco, è un attore caratterista, romano dentro, un erede degli scomparsi vecchi trasteverini, credo che se si unisse con Francesca e con Antonia per uno spettacolo, questo trinomio sarebbe una miscela esplosiva per dare vita ad una rappresentazione sulla romanità più verace, quella della Roma sparita che non c’è più.
Immacolata è la romana di oggi che ancora resiste all’italianita’ che la vorrebbe inglobare, Antonia con Teresa è l’incarnazione femminile di Aldo Fabrizi, che ricorda con la sua espressività, genuinità e spontaneità.
È la quintessenza della romanita’, quella che troviamo ormai solo nei film di Nino Manfredi e Alberto Sordi.
Simone si frappone tra le due, è l’anello di congiunzione.
In questa veste è buffissimo, si cala nel personaggio, ma la sua vera personalità fa capolino affacciandosi di tanto in tanto con le sue espressioni comiche e le uscite spassose che lo caratterizzano da sempre.
Riesce a incastrare il suo essere ‘capitolino’ in un personaggio extracomunitario come quelli che vediamo tutti i giorni e che piano piano finiscono per adottare i nostri modi di dire usando l’accento romano storpiato simpaticamente dal loro idioma esotico d’origine.
Sono tornato a casa ieri sera piuttosto allegro e contento, non solo per lo spettacolo così fine e delicato, ma per aver avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con i 6 attori e saggiare la loro vera essenza, ho trovato delle persone squisite, disponibili, contente per avere i loro camerini invasi da chi li ha voluti vedere senza ‘trucco’ e carpirne la vera essenza.
Conoscere la persona che c’è dietro il personaggio mi fa apprezzare ancora di più il lavoro di questi artisti, ciliegina sulla torta della mia serata, è stato conoscere di persona gli artisti, tra cui Pietro De Silva che qui appare come regista.
Ancora lo ricordo sulla pellicola di ‘Blek Giek’, spassoso film con Lillo e Greg e a fianco di Benigni in ‘La vita è bella’ ma anche in altre apparizioni televisive.
Ricordo le lacrime agli occhi per le risate suscitate.
Lo ringrazio per allora e per stasera.
Pietro ci dona a fine spettacolo un cameo, una sua interpretazione di una poesia napoletana trovata sul web atta credo ad esorcizzare l’astensione dai teatri del pubblico dovuta al timore del coronavirus.
Splendida serata ragazzi!