Rohingya: Save the Children, oltre 340.000 bambini nei campi sovraffollati di Cox’s Bazar

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Vivono nel timore di subire violenze e con un costante senso di insicurezza. 28 i casi accertati di traffico di minori. A sei mesi dal 25 agosto 2017, data in occasione della quale ha avuto inizio l’escalation di violenza in Myanmar, un nuovo rapporto denuncia le condizioni dei bambini rohingya fuggiti in Bangladesh

Uomini violenti in agguato nella foresta, trafficanti di esseri umani che si aggirano nella notte, animali selvatici: sono tra le paure più pressanti dei bambini rohingya fuggiti dagli scontri in Myanmar e giunti in Bangladesh, come racconta un rapporto lanciato oggi da Save the Children, World Vision e Plan International in occasione dei sei mesi dall’inizio della crisi, periodo di tempo durante il quale almeno 688.000 rifugiati, oltre metà dei quali bambini, sono scappati dallo stato del Rakhine e hanno trovato riparo in fragili tende di plastica negli insediamenti sovraffollati di Cox’s Bazar.

In una delle analisi più esaurienti realizzate a oggi sulla vita dei rifugiati nei campi di Cox’s Bazar, “Childhood Interrupted”, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro denuncia le numerose paure e sfide quotidiane affrontate dai minori, molti dei quali riferiscono di aver assistito, quando ancora in Myanmar, a violenze brutali, all’uccisione di membri della famiglia o alla distruzione delle proprie case, rase al suolo dal fuoco.

La raccolta della legna da ardere, le condizioni delle tende, la mancanza di accesso all’educazione: sono queste le tre maggiori cause di apprensione emerse dal rapporto, basato sul confronto svolto in focus group e su interviste con 200 minori rohingya e della comunità ospitante e 40 madri.

Tra le preoccupazioni manifestate, emerge quella espressa dalle ragazze che, come spiegato ai ricercatori, hanno paura di usare i bagni dei campi, a causa del timore di subire molestie; si trovano così, spesso, ad attendere per ore, fino a quando “gli uomini se ne vanno”. I ragazzi, invece, hanno raccontato di essere spaventati per le condizioni di sicurezza delle proprie tende, fatte di bambù e plastica: “A volte vengono i ladri e rubano le nostre cose. Non abbiamo modo di chiudere le tende” racconta un giovanissimo rifugiato.

Più bambini, inoltre, hanno rivelato di temere il momento della raccolta della legna per il fuoco a causa di coloro che chiamano “uomini della foresta” – secondo quanto riferito si tratterebbe di persone in agguato nel bosco, pronte a picchiarli e a urlare loro contro -, così come della presenza di animali selvatici quali elefanti e serpenti. “Tutti quanti siamo in pena quando raccogliamo la legna. Una volta una ragazza è stata stuprata mentre lo faceva, era notte”, ricorda una bambina.

Anche il rischio di divenire vittime del traffico di minori è tra le principali preoccupazioni indicate dai bambini: alcuni affermano di trascorrere molto tempo a casa per restare al sicuro e spiegano di spostarsi in gruppo quando devono lasciarla. Un timore condiviso anche dalle madri. Una di loro, intervistata, mette in guardia circa il fatto che i “rapitori si aggirano, potrebbero prendere i nostri bambini”. Sono almeno 28 i casi di traffico di minori, finora confermati, che hanno avuto luogo nei campi di Cox’s Bazar da agosto, tuttavia gli operatori umanitari temono che il numero reale sia molto più alto [1].

I bambini ascoltati hanno anche evidenziato alcuni miglioramenti avvenuti nei campi: diversi hanno detto che la chiamata alla preghiera cinque volte al giorno li aiuta a sentirsi parte della comunità; si sentono inoltre confortati dalla presenza delle organizzazioni umanitarie e dell’esercito del Bangladesh.

“Non possiamo aspettarci che i bambini rohingya superino le esperienze traumatiche che hanno patito, quando continuano a essere esposti all’insicurezza e al timore di subire violenza nei campi” ha commentato Mark Pierce, Direttore di Save the Children in Bangladesh [2]. “Lo straziante messaggio di questi bambini è che hanno paura: paura degli animali selvatici, di andare al bagno, di essere attaccati mentre raccolgono la legna, di essere rapiti durante la notte, di ciò che il futuro riserva loro. Non è questo il modo di vivere per dei bambini, specialmente dopo essere scappati dalla violenza e dagli orrori del Myanmar. Hanno bisogno di supporto continuativo per essere aiutati a sentirsi più sicuri”.

Orla Murphy, Direttrice di Plan International in Bangladesh [3], ha aggiunto: “Non c’è dubbio che questa crisi rappresenti un’emergenza per ciò che riguarda i bambini. Ci hanno raccontato che i loro mondi sono stati distrutti: sono passati dalla vita in comunità dove conoscevano il quartiere, avevano amici stretti, una routine, una buona varietà di cibo e luoghi sicuri dove giocare a un posto caotico, sovraffollato e spaventoso. Molti sono orfani e vivono in un perenne stato di ansia. Affrontare le preoccupazioni legate alla sicurezza di questi bambini deve essere la nostra priorità numero uno”.

“I bambini meritano di crescere in un mondo libero dalla paura, circondati da coloro che li amano, messi in condizione di poter vivere a pieno la loro esistenza” ha concluso Fred Wittevee, Direttore di World Vision in Bangladesh [4]. “Sono scioccato e affranto per ciò che i bambini stanno affrontano nei campi rifugiati di Cox’s Bazar. Non chiedono molto: luci per rendere sicuro anche di notte il percorso fino al bagno, ripari adeguati per non essere costretti a dormire nella stessa stanza con degli sconosciuti, un migliore accesso all’educazione”.

Le tre organizzazioni hanno proposto delle misure per fronteggiare le problematiche indicate dai bambini. Tra queste il riesame delle pattuglie di sicurezza della comunità già esistenti nei campi, ma anche la promozione di una maggiore consapevolezza rispetto ai rischi legati al traffico di esseri umani, per prevenirne episodi e per assicurare che informazioni accurate contrastino pettegolezzi e paure infondate. Le agenzie, inoltre, incoraggiano una disposizione del campo che sia più a misura di bambino e la disposizione di una segnaletica in risposta al timore di perdersi tra le tende. L’ultima delle misure proposte, infine, è quella di assicurare il coinvolgimento delle adolescenti nelle attività e nelle iniziative che promuovano il loro senso di sicurezza.

Al seguente link è possibile scaricare il rapporto “Childhood Interrupted”: https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/infanzia-interrotta

Per ulteriori informazioni:
Tel 06-48070023/63/81/82
ufficiostampa@savethechildren.org
www.savethechildren.it
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[1] Secondo l’Inter Sector Coordination Group al 27 gennaio 2018, 28 vittime di traffico erano state identificate.
[2] Save the Children è in Bangladesh dal 1970 e si trova a Cox’s Bazar per rispondere alla crisi rohingya dal 2012, dove è rimasta anche dopo che l’area è stata colpita dal ciclone Mora nel maggio 2017. L’Organizzazione ha ampliato la sua risposta in modo significativo dallo scorso agosto, mettendo a disposizione cibo salva-vita, kit igienici, kit domestici, kit per realizzare riparti e offrendo assistenza sanitaria di base attraverso la sua Unità di Emergenza Sanitaria. Save the Children sta anche offrendo supporto con la distribuzione di acqua e servizi igienici e per quanto concerne la nutrizione; promuove, inoltre, attività per l’apprendimento e servizi di protezione per i minori. Ha raggiunto finora oltre 380.000 bambini rohingya da quanto il 25 agosto è iniziato l’ultimo grande afflusso di persone.
[3] Plan International è in Bangladesh dal 1994. Ha raggiunto circa 60.000 rohingya a Cox’s Bazar da agosto, fornendo loro latrine, bagni per le donne, kit igienici, installando raccoglitori per l’immondizia comuni nei campi e organizzando incontri per la promozione dell’igiene. L’Organizzazione ha anche contribuito alla registrazione di bambini non accompagnati, orfani o separati dalle famiglie, offrendo loro supporto, servizi di capacity building e case management. Plan International intende raggiungere oltre 250.000 rohingya nei prossimi 10 mesi e sta concentrando la sua risposta a Ukhiya.
[4] World Vision è in Bangladesh dal 1972, dove aiuta i bambini e le famiglie più vulnerabili sia attraverso interventi di soccorso che di sviluppo. Lavorando con le comunità che si trovano a Cox’s Bazar dal 1988, World Vision si trova nella posizione unica di poter collaborare in modo molto stretto con il Governo del Bangladesh e con le altre organizzazioni umanitarie per soddisfare le complesse esigenze dei rifugiati fuggiti dal Rakhine e giunti all’interno e nei dintorni di Cox’s Bazar. La risposta di World Vision alla presenza di rifugiati a Cox’s Bazar, a oggi, è consistita in 230.000 interventi rivolti ai bambini e ai nuclei famigliari, focalizzati su assistenza alimentare, protezione dei minori, salute e nutrizione, acqua potabile e igiene, ripari.

guarda anche: http://www.viviroma.tv/category/attualita/solidarieta/

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