2 Settembre ore 21.15
Corte dei Miracoli (cortile Morselli) via Roma 56, Siena
Per la prima volta il 2 settembre le attrici ammesse alle misure alternative alla detenzione ed ex detenute della Casa Circondariale Femminile di Roma Rebibbia saranno in scena fuori dalla propria regione con un permesso speciale del magistrato di sorveglianza per attività culturali.
Lo spettacolo realizzato dall’ ass. Per Ananke, sostenuto dalla Regione Lazio e Lush, è frutto di un intenso lavoro all’interno della Casa Circondariale Femminile di Rebibbia che l’ass.
Per Ananke svolge dal 2013 con la regista Francesca Tricarico. Un lavoro iniziato all’interno dell’istituto, che si è deciso di proseguire anche all’esterno con le attrici ammesse alle misure alternative alla detenzione ed ex detenute per dare continuità al lavoro realizzato da e con queste donne in carcere, che attraverso il teatro hanno l’ opportunità di confrontarsi con la società esterna nella delicata fase del reinserimento sociale, di far sentire la loro voce.
Per la prima volta dopo diversi anni di reclusione le signore ammesse alle misure alternative hanno la possibilità di uscire dalla propria regione, prima ancora dal proprio domicilio dove stanno terminando di scontare la pena, per raccontare e raccontarsi attraverso la storia portata in scena. Libere per fare arte, per produrre cultura.
Oltre alla replica presso la corte dei miracoli è previsto anche un secondo appuntamento il 3 settembre all’interno del carcere di Siena, per portare l’esperienza di queste donne agli uomini reclusi presso l’istituto senese, perlopiù giovani. Per raccontare come l’incontro con il teatro sia stato uno strumento prezioso per lavorare su di sé, acquisire nuovi strumenti.
Ramona e Giulietta è stato in carcere, e forse anche di più all’esterno, l’opportunità di scardinare quello che ancora oggi, e probabilmente più di ieri, è un tabù fuori e dentro le mura carcerarie.
L’amore tra Ramona e Giulietta, due donne che nonostante i cancelli, le sbarre, i pregiudizi trovano la forza di amarsi e gridare il loro amore. Uno “sfogo” del carcere o un sentimento vero? La domanda che ha accompagnato ossessivamente la fase di allestimento dello spettacolo e lo spettacolo stesso, che ha visto durante la riscrittura dell’opera suddividersi davvero in due fazioni le partecipanti al lavoro. Uno spettacolo scritto e fortemente voluto dalle attrici detenute e dalla regista per raccontare come l’amore, così come il teatro, può divenire e forse lo è sempre stato, pretesto di altro, molto altro.
“Quando l’amore è un pretesto”, il sottotitolo scelto, un pretesto per dare sfogo alla rabbia del singolo che diviene rabbia collettiva, un pretesto per raccontare il carcere, un pretesto per interrogarsi su come e quanto il carcere sia una potente lente di ingrandimento della società esterna. Una personale rilettura di una delle più celebri opere shakespeariane da parte delle attrici della casa circondariale femminile di Roma Rebibbia, Le Donne del Muro Alto, con la regia di Francesca Tricarico e la partecipazione straordinaria alle musiche di Giulia Anania «Un nuovo lavoro quello con le signore ammesse alle misure alternative ed ex detenute – spiega Francesca Tricarico, regista e coordinatrice del progetto –che vuole accompagnare le nostre attrici nella delicata fase del reinserimento fuori le mura carcerarie, ma soprattutto continuare a far sentire la loro voce attraverso il teatro, protette dal racconto e dai grandi autori, affinché il ponte tra la società esterna e il carcere sia sempre più percorribile. Il teatro è una forma di consapevolezza di sé e dell’altro, della società, per chi lo pratica ma anche per chi lo osserva in qualità di spettatore.
La forza, l’urgenza, la necessità delle nostre attrici in scena di raccontare, di emozionare ed emozionarsi dimostra che non esiste un noi ed un loro perché il carcere è parte della società. Il teatro è in grado di creare un incontro e confronto dentro e fuori le mura del carcere, per attori e spettatori».
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