TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (finalmente con il 100% della capienza delle sale)
Teatro Vittoria
“Sei Personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello
con Silvia Brogi, Claudio Boccaccini, Francesca Innocenti, Gioele Rotini, Marco Lupi, Titti Cerrone, Fabio Orlandi, Andrea Meloni, Jessica Agnoli, Luca Vergoni, Felice Della e con Michele Paccioni e Alice Pagnoni.
Adattamento e regia di Claudio Boccaccini
Pirandello rappresenta un dramma affrontando un tema a lui caro, quello della borghesia e della sua ipocrisia. Nell’opera è rappresentato l’inconciliabile rapporto tra l’arte e la realtà borghese. L’attore perde la sua identità diventando spettatore, mentre la realtà si confonde con la finzione e ne nasce una recita nella recita dove la barriera tra attori e pubblico è abbattuta, con il risultato di un teatro nel teatro. Un’idea molto innovativa, che Pirandello propose nel lontano 1921. Quando però venne rappresentata al Teatro Valle, proprio qui a Roma, lo spettacolo ebbe un esito burrascoso, gli spettatori insorsero gridando “Manicomio! Manicomio!”. Effettivamente la trama è piuttosto complicata, intricata, se vogliamo assurda, una sorta di esperimento, una proposta innovativa per l’epoca, ma ancora efficace ed attuale oggi.
Gli attori che dovrebbero portare in scena questo dramma divengono loro stessi parte del dramma. Pirandello ci porta in un teatro durante delle prove e siamo così già nella scena. Uno spettacolo che si interrompe e che disorienta, turbando sia gli attori che gli spettatori. Impossibile trovare una spiegazione o una morale che siano adatte e valide per tutto.
Lo spettacolo
Cominciamo col dire che Claudio usa un linguaggio teatrale per tutti; la complicata trama viene sciolta e spiegata nei suoi passaggi più intricati, divenendo fruibile per ogni tipo di spettatore senza alterare l’impronta pirandelliana. Claudio però sceglie efficacemente di dare più spazio al personaggio femminile della figliastra alterando, rispetto all’originale, quello predominante del padre. Il linguaggio e l’approccio hanno una connotazione più moderna, alcune soluzioni sono addirittura cinematografiche, complice la scenografia veramente suggestiva e un felice connubio con l’uso di costumi azzeccatissimi, che spaccano letteralmente in due la scena. I sei attori, nel ruolo degli attori moderni, sono volutamente approssimativi, poco professionali, arrangiati e superficiali; ognuno è caratterizzato da qualche fisima e singolarità e bisticciano spesso tra loro. Il gruppo cozza sia da un punto di vista scenico che recitativo con quello dei “sospesi nel tempo”, i fantasmi, i personaggi in cerca d’autore che sembrano dover e voler tornare in scena dopo essere stati “abbandonati” da chi li ha creati e lasciati inespressi. Questo “non tempo” in cui sono sospesi sembra trattenerli, almeno pare, finché non sia stata rappresentata e terminata la loro tragica messa in scena. Poi, forse, potranno finalmente svanire, essere accolti in quella pace che li metterà al sicuro dalle loro sventure, da quei fardelli che Pirandello li ha condannati a portare. Fantastica scelta quella della presenza piuttosto inquietante dei due figli più piccoli (il giovinetto Michele Paccioni e la bambina Alice Pagnoni); sempre silenziosi, sembrano i camei della disperazione e della morte. Soprattutto la ragazzina, che con la sua bambola in mano, riporta alla mente “Nottola”, la bizzarra fanciulla con le trecce della famiglia Addams ma in versione horror/paranoica. Tutti hanno gli occhi cerchiati e pallidi, segni riconoscibili della loro inquietudine e sofferenza. Loro sono i “personaggi in cerca d’autore”. Bravissimo il terzo figlio Gioele Rotini, quello più grande, che si muove riempiendo la scena da una parte all’altra del palco in antagonismo con la sorellastra. A volte sembra sparire, spegnersi in un angolo del palco e invece, come brace sotto la cenere, riappare riaccendendosi quando meno lo si aspetta. Fantastiche Francesca Innocenti e Silvia Brogi, estatiche, irriconoscibili tanto immerse nei loro personaggi. Francesca impressionante con le sue movenze che ricordano un mix riuscito tra la il personaggio di “La sposa cadavere”, Samara di “The ring” e gli zombie del balletto “Thriller” di Michael Jackson. Incanta, inquieta e ammalia con il suo personaggio profondo, onnipresente sul palco; anche quando non interagisce con gli altri, non abbandona mai quelle particolari movenze. In bilico tra rassegnazione e conflitto interno, è accompagnata da una profonda sofferenza che la lega al suo passato. Esasperata, cerca di vomitare fuori il dolore verso chi le ha fatto del male, e appare come un demone inquieto, un’ anima dannata che però lotta con la sua profonda voglia di riscatto. Silvia, nei panni della madre, sembra quasi il suo alter ego, anche lei sofferente. Quello che pare essere un personaggio subordinato alla figlia, mi ha dato invece l’idea di essere il burattinaio che da dietro le quinte muove i fili degli altri, sia quando interagisce con loro che quando si eclissa e scompare dalla scena. Sembra una sorta di controllore supremo, il demiurgo di tutta la situazione, lei rappresenta il dolore più profondo e radicato, quello dei sensi di colpa.
Interessante la scelta dello “specchio” portato in scena, bello l’effetto dei personaggi che ci si riflettono dentro, così come avviene al pubblico in sala; un altro forte riferimento a Pirandello. La rappresentazione di una dimensione parallela, in cui forse non c’è quel dolore che invece impera dove siamo tutti noi, personaggi e pubblico. Forse è lì che i nostri vogliono andare, o forse è un’altra tortura escogitata dal beffardo destino che vuole sbattergli in faccia la loro natura e mostrargli ciò che sono, mettendoli costantemente davanti alle loro fragilità e pene. In maniera davvero suggestiva, da dietro lo specchio appare il personaggio della matrona Madama Pace (Fabio Orlandi), lei è la causa di buona parte del dramma. È infatti è questa donna che fa prostituire, all’insaputa della madre, la povera ragazza che, per ironia del destino, come cliente si troverà davanti proprio il patrigno. Sembra davvero un’ apparizione onirica, un fantasma. Idea suggestiva e riuscita.
Apprezzabile l’interazione tra i due personaggi maschili principali: Claudio nelle vesti del regista (capo comico) che deve portare in scena lo spettacolo con un cast maldestro e che interagisce con Felice, (il padre della famiglia eterea). I due parlano linguaggi differenti, uno moderno e l’altro più datato, e sembrano a volte non comprendersi. Due grandi attori che si eguagliano per impatto e bravura. Sono i capi, i punti di riferimento, a volte seppur diversi mi sono parsi lo stesso personaggio, che è qui imprigionato. Provenienti da due realtà differenti, per uno strano gioco del destino si trovano a confronto con se stessi senza rendersene conto. Il tono di voce e l’approccio di questi due grandi artisti li rendono simili, sulla scena si completano come due facce di una stessa medaglia.
L’ incontro-scontro tra le due fazioni è ben sottolineato dall’impatto visivo degli abiti: quelli datati e neri che evocano la morte e la sofferenza dei personaggi tornati in vita, contrapposti a quelli più moderni e colorati dell’altro gruppo, in cui il bianco è sempre presente e che invece ne evoca la luce e la vita.
Il loro linguaggio, i loro comportamenti, i loro approcci umorali e i citati costumi provocano e sottolineano questa frattura e marcano la distanza tra i due mondi che si sono sovrapposti. Dopo le citate Francesca, a dir poco fantastica, seguita a ruota da Silvia e da Gioele, dall’altra parte c’è il simpatico cast di attori volutamente imbranati, pieni di fisime ed eccentricità. Sono le divertenti note stonate che creano quello stacco utile ed efficace per alleggerire il dramma. Le affascinanti Jessica e Titti che rivaleggiano e bisticciano tra loro, ma anche Luca Vergoni, Marco Lupi e Andrea Meloni sono tra loro in “perfetta armonia” con le loro “stonature”. Equa è la distribuzione dei personaggi: sei da un lato e sei dall’altro, in un interessante equilibrio tra le parti in campo dove nessuno sembra prevalere.
La regia di Claudio è un tocco da maestro. Intelligente e sapiente, rende il contorto Pirandello immediatamente fruibile, riuscendo a sottolineare tutti i passaggi più importanti e a renderli adatti e comprensibili a ogni tipo di pubblico. Uno spettacolo che lascia veramente a bocca aperta e felici di essere stati presenti a quello che può definirsi un vero e proprio evento teatrale. Il Teatro Vittoria è un bel tempio della cultura; oltre che accogliente, ha un palco molto grande che i nostri hanno tenuto con professionalità. Tredici attori che non si sono mai accalcati o sovrapposti, sfruttando appieno gli spazi e riempiendoli sapientemente. Nonostante la replica pomeridiana infrasettimanale, il teatro era gremito da un pubblico attento, affascinato ed ipnotizzato da questa storia e dal magnifico cast. Un bel centro per questo bellissimo teatro.
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