TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (Verso la fine della pandemia?)
Teatro Off Off
di e con Serafino Iorli
In collaborazione con Federica Tuzi (testi) e Luisa Merloni (regia)
Montaggio video di Lucia Pirozzi, musiche di Ugo Malatacca e Francesca Bianchi
Una narrazione ironica e autobiografica di questo simpatico e schietto artista, che a quarant’anni tira le somme sulla sua vita parlandoci della propria omosessualità, delle esperienze, della nascita e delle lotte del movimento gay e di liberazione sessuale.
L’Off Off è un bel teatro al centro di Roma, in via Giulia, una strada storica voluta da papa Giulio II nel XVI secolo; ancora oggi questa zona conserva il suo fascino storico. Tra suntuosi palazzi e caratteristici vicoli romani troviamo questo incantevole teatro, che non stona assolutamente in questa cornice.
Stasera l’Off Off è piuttosto affollato, evidentemente l’esibizione di Serafino ha attirato molto pubblico, soprattutto quello della comunità gay romana.
Un grande schermo in fondo al palco è pronto per proiettare immagini a supporto dello spettacolo. Ci appariranno foto e spezzoni di filmati di feste, scorci di Roma, ma soprattutto fotogrammi che immortalano un Serafino istrionico e trasformista, impegnato ad impersonare personaggi noti o inventati, tutti sempre ammiccanti e provocatori. Scorrono immagini della Roma degli anni ’70 ed ’80, con scorci ormai scomparsi legati al racconto della sua vita gay, fino ad arrivare ai giorni nostri.
La scenografia è volutamente essenziale, scarna per concentrare l’attenzione su Serafino. Espone una bandiera arcobaleno simbolo della pace e sempre presente durante i Gay pride, una sedia con un boa piumato rosa e un paio di scarpe con tacchi piuttosto alti.
Quello di Serafino non è solo un viaggio nella sua vita ma anche in quella della comunità gay, di cui sono raccontate tutte le piccole e grandi conquiste, ma anche e soprattutto le difficoltà nel percorso. Una vera e propria storia sull’omosessualità in Italia. Serafino ci spiega che il termine “batuage” è in verità un francesismo inventato, con il quale si indicano quei posti dove gli omosessuali si incontravano per avere rapporti occasionali. Luoghi piuttosto noti e legati alla storia passata della nostra città come: Monte Caprino alle pendici del Campidoglio, il Circo Massimo, il Colosseo, i giardini intorno alla stazione Termini, ma anche i vespasiani sparsi per Roma; e poi i primi cinema pornografici come il Moderno, il Modernetta e l’Odeon, l’ Ambra Jovinelli e i primi locali e campeggi per i gay nati negli anni ’80. Locali famosi come l’Angelo azzurro, l’Alibi, o lo Zanzibar e l’Easy going per le lesbiche, fino ad arrivare al più noto e contemporaneo Mucca Assassina del 2002. Non dimentichiamoci poi del Gender e del Degrado, altri locali cult.
Nei racconti dell’attore non mancano i luoghi di incontro più bucolici come il “Buco” sul litorale di Ostia, così chiamato perché una volta recintato, i gay (e non solo loro) tagliarono le reti per entrarci. Ogni spazio verde della capitale che permetteva un po’ di intimità diveniva luogo di incontri a quattr’occhi. Tutti i luoghi che saranno recintati e chiusi proprio per evitarne la frequentazione notturna e spesso, purtroppo, il degrado in parte dovuto all’incuria dei frequentatori ed in altra buona misura al pregiudizio dei benpensanti. Di certo se fossimo stati più aperti e meno bigotti, gli omosessuali non avrebbero avuto bisogno di cercare spazi come questi per nascondersi dal nostro giudizio…
Ma quello di Serafino non è solo un viaggio nel tempo alle origini dell’ omosessualità romana, bensì anche un viaggio storico attraverso i monumenti, gli acquedotti, i parchi, di cui ci svela aneddoti particolari o sconosciuti. Sapevate che una volta l’area del Circo Massimo era un bosco? Venne tagliato per trasformarlo in un parcheggio! Attraverso inserti interessanti come questo, prendono posto altri aneddoti che vanno di pari passo con la storia italiana ed i fatti che ben conosciamo, in cui si insinua il racconto di Serafino che ci svela con ironia ed intelligenza questo spaccato di vita a molti di noi sconosciuto.
Non mancano i riferimenti a fatti di cronaca o alla più triste cronaca nera con gli omicidi di omosessuali o i pestaggi, fino all’arrivo di Mario Mieli e al primo Gay pride con altre piccole e grandi vittorie e conquiste sociali e sessuali.
Serafino ci racconta con la sua innata ilarità di quando prendeva il bus 64, affollato di preti omosessuali, ma anche di quando ha fatto il servizio militare e si è trovato alle dipendenze di un capitano anche lui gay che, prendendolo in simpatia, lo volle come “segretaria” per poi condividere le stravaganti serate tra travestimenti e scatenate feste. Da grande trasformista qual’ è, ci dà un assaggio della sua bravura nei panni della sua “foniatra”, che cerca vanamente di correggere la sua voce tendente al falsetto. Irresistibile! È divertentissimo nei suoi racconti, sempre molto espressivo, eclettico; al contempo con dolcezza riesce a far affacciare tra una storia e l’altra una certa nostalgia che lo pervade, dal sapore agro dolce, per quei tempi andati, con l’aggiunta di un retrogusto amaro che svela una certa solitudine di fondo che prova, sempre speranzoso di trovare il principe azzurro. La sua situazione sentimentale attuale però non muta neanche con l’uso della nuova app Grinder, più adatta ai soliti incontri mordi e fuggi che a trovare l’anima gemella.
Serafino è bravissimo ad interagire con il pubblico, sa improvvisare e tenere testa ad ogni imprevisto tecnico, sa bene come scherzare con se stesso ed esternarlo, è bravissimo ad ironizzare sulla sua vita privata e pubblica senza essere mai volgare o triviale nonostante l’argomento trattato ben si presti a battutacce. Non fa scivoloni di cattivo gusto, tutt’altro, ci porta con sé per mano attraverso questi quarant’anni che ha vissuto, in un mondo che almeno io non conoscevo e che ogni eterosessuale sfiora appena o ignora del tutto.
Le mie conclusioni sono che per un eterosessuale la vita probabilmente è più semplice che per un omosessuale. Discriminato, guardato con disprezzo o ilarità, ritenuto un untore e portatore di AIDS e spesso neanche in grado di potersi dichiarare come tale davanti alla propria famiglia e costretto a vivere così nell’anonimato la sua sessualità. Alla fine lo spettacolo di Serafino è anche un forte messaggio di condanna verso un mondo che non accetta l’omosessualità e che la discrimina. Un racconto pieno di ricordi piacevoli, spezzato dall’inserzione di eventi tristi e che dunque risulta sempre ben bilanciato con alti e bassi che lo armonizzano senza mai eccedere. Uno spettacolo adatto a tutti, soprattutto a chi vuole curiosare nel mondo dell’omosessualità per saperne di più. Consiglierei loro una particolare attenzione a tutta una serie di neologismi o abbreviazioni specifiche inerenti l’orientamento sessuale in questa giungla di gusti disparati e ai più sconosciuti. Di fondo Serafino si mette a nudo davanti a noi toccando argomenti che per un pubblico omosessuale sono il pane quotidiano.
Io ne esco sicuramente con una visione differente, più ricco non solo di nuove informazioni, ma anche di nuove emozioni attraverso le quali ho capito più a fondo la loro difficoltà di vivere una vita serena. Serafino la racconta in maniera personale ed originale, esaltando e sottolineando quanto sia stravagante, fuori gli schemi, border line, provocatoria, eccessiva, irriverente, sfrenata, disinibita, chiassosa; ma anche goliardica, divertente, spontanea. Senza dimenticare di aggiungere quel tocco di retrogusto amaro in cui riaffiorano l’omofobia, la repressione, la solitudine, il giudizio.
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