TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (così alla fine il Covid me lo sono beccato anche io!)
Teatro Quirino Vittorio Gassman
Di Gianni Clementi
regia Emilio Solfrizzi
con Debora Caprioglio, Pino Quartullo e Gianluca Ramazzotti
Intanto vorrei spendere due parole per questa splendida struttura edificata nel 1871 dal principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra, che pensò di costruire un teatro pubblico nel cuore del centro di Roma, nel rione Trevi. Tirato su in una sola giornata, interamente in legno. Oggi porta con sé un secondo nome, quello del grande Vittorio Gassman, e ogni poltrona porta come tributo una targa dedicata un attore famoso.
Lo spettacolo
Ci troviamo davanti a una coppia benestante. Emilio è un cardiochirurgo e Barbara ancora una bella donna che vive nel lusso. Entrambi sono particolarmente preoccupati per i comportamenti immaturi del figlio, sempre nei guai.
Per dare una svolta alla loro vita, forse un po’ appiattita dai tanti anni di matrimonio, decidono di passare la vigilia di Natale in maniera diversa, andando con dei volontari a soccorrere e a portare conforto ai barboni della città. Una bella esperienza, anche gratificante, che in qualche modo ravviva il loro rapporto spiaggiato, riportandoli a riscoprire i veri valori della vita come la solidarietà e l’altruismo, e riaccendendo anche la passione che avevano perso l’uno per l’altra.
Ma il giorno di Natale accade qualche cosa di estremo. Alla porta di casa si presenta Ivano, un barbone sporco ed ubriaco, che si svela essere stato un loro compagno di classe. Fuori il tempo è piuttosto rigido, sta per scatenarsi una bufera di neve. Che fare? Una cosa è passare la notte di Natale, che rende tutti ipocritamente più buoni, a fare belle azioni, un’altra è far entrare dentro casa un individuo così ridotto!
Emilio non è molto convinto. Infatti, appena entrato in questa lussuosa dimora ottimamente e realisticamente riprodotta dalla scenografia con tanto di neve che continua a cadere fuori la finestra, comincia a fare danni, il suo lezzo della strada si impregna nella casa e con egoistica disattenzione comincia a sporcare tutto. Ubriaco, stanco e trasandato si rivela sempre più squallido e triviale, mentre lasciandosi andare intona rumorosi peti e rutti. Emilio, in uno sfogo divertentissimo, con “educazione” caccia di casa Ivano, ma per mettersi la coscienza a posto e per non svelarsi diverso dalla moglie lo riempie a malincuore di vestiti nuovi, confortevoli e costosissimi. La donna, invece, che non vuole essere ipocrita, lo riporta a casa.
Dopo una doccia lui sembra trasformarsi: abbandonando il lessico da strada con cui era apparso, ora si esprime con un italiano impeccabile ricco di espressioni dotte!
Loro sono bravissimi. Pino è magnifico, così truccato e trasandato è irriconoscibile se non attraverso l’inconfondibile voce e la recitazione; sembra davvero preso da un angolo della strada. Pantaloni bucati, impataccato, con le scarpe rotte e sdrucite, i capelli grigi appiccicaticci e lunghissimi, così come la barba. Un barbone perfettamente e tristemente riprodotto. Ma anche divertente, sarcastico e pungente nei suoi atteggiamenti. Gianluca, con le sue crisi e i ripensamenti è lo specchio del tipico borghese; non che non abbia ragione, visti le condizioni e i comportamenti del poco salubre ex compagno puzzolente ed ubriaco. Si muove con atteggiamenti divertenti, tanto sono esasperati e veritieri. Debora è stupenda nei panni di questa radical chic redenta e convertita all’altruismo; sfoggia una serie di vestiti uno più bello dell’altro che ne sottolineano il ceto sociale d’appartenenza. È divertente come sia indispettita dal fatto che l’ex compagno (peraltro che aveva un bell’aspetto) non la riconosca, visto che era stata la più bella della classe, e questo dà modo al suo personaggio di far riaffiorare la sua crisi di mezz’età divertendo il pubblico. Ma come ho detto, tutto cambia: quando la sbornia è passata, sotto quel groviglio di capelli, sporcizia e sudore resuscita una parte del buon Ivano rimasta sepolta per anni ed eclissata dalla sua disgrazia. La sua trasformazione è clamorosa; in lui c’è un filosofo, uno yogi, un uomo profondo, che ha scelto di vivere una vita al limite piena di eccessi, almeno finché ha potuto, fino al tracollo. Ma così ha maturato una grande esperienza di vita che gli permette di capire e tirare fuori il meglio dalle persone. Il cambiamento nella casa ed in Barbara ed Emilio viene svelato da un’ottima sceneggiatura attenta ed intelligente, che libera, divertendo, l’essenza più nascosta e profonda dei due, e lo fa con tatto e garbo.
La scenografia in cui si muovono gli attori è molto realistica, ben fatta, accurata nei minimi dettagli, soprammobili compresi. Grande uso della musica classica come sottofondo, e un ottimo uso delle luci che permette dei riusciti ed efficaci cambi di scena. Lo spettacolo è in due atti, lungo ma mai noioso, né ripetitivo, tantomeno presenta dei cali di tensione a conferma dell’ottima sceneggiatura. La storia ha così modo di svilupparsi efficacemente nelle due ore dello spettacolo e dare così il giusto spazio ad ogni personaggio, ricreando prima efficacemente questa coppia classica e tendenzialmente snob, e poi dandogli modo di trasformarsi credibilmente.
L’ottima sceneggiatura va a braccetto con un’attenta regia di Emilio Solfrizi, che si affida alle mani di un cast d’elite che si muove con disinvoltura in modo magistrale, dando vita a personaggi non solo riusciti ma che svelano tutta la loro umanità nel bene e nel male.
Da un mio esclusivo punto di vista, c’è un certo richiamo kafkiano nelle trasformazioni dei personaggi, soprattutto del barbone. Inoltre mi ritorna in mente l’espressione latina “homo homini lupus”, anche conosciuta come “homo homini lupus est” citata da Stazio, Plauto, Erasmo da Rotterdam e Francesco Bacone (l’uomo è un lupo per l’uomo, o diventa lupo tra gli uomini), a sottolineare l’atteggiamento del barbone e quanto sia marcata la differenza tra le due società, quella della strada che vuole l’uomo lupo per sopravvivere, e quella della società più conformista che vuole l’uomo educato e composto così come si trasforma il barbone. I personaggi sono una crisalide, un bozzolo che si trasforma e che protegge quelle parti più intime racchiuse in loro. Forse la sceneggiatura vuole sottolineare questo: la volontà di poter cambiare la propria persona o la pigrizia, o peggio ancora l’apparenza nel voler rimanere quelli che si è. E questi grandi professionisti, facendoci ridere e divertire, a mio avviso riescono con la loro profondità a inviarci questo messaggio così sottile, quasi subliminale.
Voglio spendere ancora qualche parola per gli attori.
Debora è fantastica nel sottolineare il suo altruismo, l’ansia della sua ricerca di qualcosa che cambi l’esistenza monotona ad anestetizzata. La sua spettacolare trasformazione, grazie al barbone deus ex machina che la rende schietta e disinibita, è grandiosa. Nella sua interpretazione molto personale ho rivisto un piccolo tributo alla Ferilli, ma soprattutto alla Vitti. Brava davvero.
Gianluca, anche lui bravissimo nei cambi di ruolo: fastidiosamente borghese, ma anche socievole ed altruista, mostrando al contempo la sua neanche troppo velata forzatura per accondiscendere la moglie. Amorevole, sfoggia con classe la sua bravura nel trasformarsi in arrabbiato e frustrato. Grandioso quando si lascia andare facendo emergere la sua parte più profonda.
Pino è semplicemente fantastico nel modo di sviluppare il suo personaggio dicotomico e di evidenziarne gli opposti. Non solo è credibile, ma diverte; sorprende, emoziona. La sua trasformazione da barbone a persona normale lascia a bocca aperta, davvero un grande. Bello, suggestivo e toccante il suo tributo al grande Domenico Modugno, che ci strappa qualche lacrima.
Spettacolo bello, completo, divertente, profondo, con un finale non scontato. Se piacevole o triste non lo dirò, ma posso dire molto intelligente ed inaspettato.
Assolutamente da vedere questi tre mostri sacri del palco impegnati in una bellissima commedia da non perdere. Nel pubblico alcuni nomi noti tra cui il regista Emilio Solfrizzi e la bellissima Paola Barale.
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