“La foto del Carabiniere”

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (in vacanza con Omicron)

Teatro Marconi

Scritto, diretto ed interpretato da Claudio Boccaccini

Stasera sono qui per un doppio appuntamento. Quello con Āsma e il suo libro sulla sua fuga da Kabul ed ora lo spettacolo di Claudio Boccaccini che rincorro ormai da tempo e che non sono mai riuscito a vedere.

Mi piace molto quando Claudio è alla regia. Ogni suo spettacolo ha uno stile che si riconosce, per certi aspetti è cinematografico e riesce sempre a stupire il pubblico con singolari trovate ed idee. Anche come attore ha delle grandi doti. Stasera avrò l’ennesima conferma da un monologo che narra di un fatto reale a lui accaduto.

Riguarda la Storia, quella con la S maiuscola, che coinvolge suo padre e Salvo D’Acquisto, il vicebrigadiere dei carabinieri di soli ventitré anni ucciso dalle SS. Dopo l’accidentale scoppio di una cassa di munizioni nella località di Torrimpietra, le truppe tedesche attribuirono la morte di due loro commilitoni ad un attentato e per questo attuarono una rappresaglia. Venti persone sarebbero state giustiziate, ma come in altre occasioni ne venne rastrellata qualcuna in più, e dunque sarebbero stati in ventidue a morire. Era la mattina del 23 settembre del 1943, quando il carabiniere, per evitare una carneficina, chiese di essere giustiziato come colpevole e fece così liberare i ventidue ostaggi. Per questo atto eroico meritò una Medaglia d’oro al valore militare e l’apertura di un processo canonico per la sua beatificazione. Tra quei ventidue condannati c’era anche Tarquinio Boccaccini, il padre del nostro Claudio.

La storia comincia così, grazie alla curiosità di un bambino, proprio Claudio, che scopre casualmente, conservata all’interno della patente del padre, la foto di un giovane carabiniere.

L’insistente curiosità del bambino spinge il genitore a raccontare quella storia eccezionale di cui Claudio ci farà partecipi. Con la sua bravura ci porterà indietro nel tempo, in un viaggio nell’Italia del Secondo Conflitto e del dopoguerra; tra aneddoti e fatti legati a lui, alla sua famiglia e alla periferia romana degli anni ’60.

“I gesti sono più importanti delle parole…”

Questa è la frase che spesso Claudio pronuncerà durante lo spettacolo, perché è di gesti che si parlerà e non di semplici parole, anche se di parole Claudio ce ne dirà davvero tante. È un grande intrattenitore, ipnotico; si rimarrebbe ore ad ascoltarlo, infatti il monologo sfiora la durata di due ore, che volano via in quella che sembra più una chiacchierata tra amici che uno spettacolo. L’artista ci racconta tutta la sua vita vissuta nella periferia popolare di Roma, in via dell’Acqua Bullicante, proprio a due passi da dove abito io. Il suo approccio teatrale ha lo stesso sapore di quella cordialità e del modo di vivere tipici di quell’epoca e della gente semplice; quando tutti insieme, senza distinzioni, ci si radunava davanti all’unico televisore posseduto dal condomino più fortunato che la condivideva con gli altri; quando tutti i bambini giocavano insieme in cortile o per strada sotto l’occhio vigile delle madri che dalla finestra, all’ora della merenda, lanciavano ai bambini un tozzo di pane intriso con gli avanzi del pasto. Claudio ci racconta questa storia aprendoci la porta della sua intimità ed accogliendoci nella sua grande famiglia per diventarne parte, condividendo con noi le sue emozioni. Con i suoi occhi recita, o forse è più giusto dire racconta recitando i suoi ricordi, mentre i suoi occhi si illuminano guardando lontano e rivivendo quei momenti come fosse ieri. Questo spettacolo lo ha replicato talmente tante volte, per il successo che ha avuto, che sul palco va dritto come un treno, attraversando un territorio ricco di ricordi, emozioni, storie, volti familiari. Eppure, nonostante siano anni che lo propone, quando parla del padre i suoi occhi si illuminano e gli si gonfia il petto.

La sua è una Roma dimenticata, sparita e ormai lontana, che vive solo nella memoria di tutte quelle persone che hanno raggiunto un’età matura e, se non l’ hanno vissuta in prima persona, la conoscono dai racconti dei propri genitori o dei nonni.

Gran parte del monologo verterà proprio su questo. Ma allora che c’entra Salvo D’Acquisto? Il carabiniere farà solo delle brevi e fugaci apparizioni nel racconto; pur rimanendo il fulcro della storia, apparirà sporadicamente, brevemente. Il racconto che sembra sfiorarlo, eppure è impregnato da questa figura che ne è l’anima.

carabiniereSì, perché se noi oggi possiamo conoscere tutto quello che Claudio Boccaccini ha da dirci, lo dobbiamo proprio a lui! La serata in qualche modo diventa una commemorazione, una glorificazione, una forma di ringraziamento per questo giovane, che se non avesse salvato Tarquinio Boccaccini, non avrebbe permesso neppure a suo figlio Claudio di farci riflettere, anche con qualche sorriso, su quella fatidica frase tormentone che ripeterà spesso durante la serata: “I gesti sono più importanti delle parole…” Insomma, fu proprio il gesto di un giovane eroe a cambiare il destino di quelle ventidue persone. Salvo era un ragazzo che aveva tutta la vita di fronte, ma scelse di sacrificarla per salvare gli altri. D’altra parte, come lo stesso Claudio ci ricorda, Salvo è il diminutivo di Salvatore…

Impresso nella memoria di Tarquinio, all’epoca amico di Salvo D’Acquisto, per tutta la sua vita è rimasto impresso nella mente quel fatidico giorno del ’43, in cui l’amico gli aveva donato una seconda opportunità. Non sapremo mai cosa ha lasciato nell’intimo di Tarquinio quel gesto, ma sappiamo che visse ringraziando con le azioni e il cuore quel giovane carabiniere. Ogni giorno.

Un racconto bello, emozionante, toccante, a tratti divertente che pulsa vita e rende concreta l’eredità lasciata dall’eroe di Torrimpietra a cui sono state intitolate caserme, scuole e strade.

Quando Claudio, nella parte finale, ricorda la testimonianza del padre nei particolari, tra le poltrone scende il silenzio; tutti si sono irrigiditi, concentrati, trattengono il respiro per non rompere quella tensione. Tutti pendono dalle labbra di Claudio, vogliono ascoltare, sapere, “sentire”. Una manciata di minuti infiniti, tristi e intensi.

Se potete, andate a vedere questo spettacolo; capirete perché sono tanti anni che viene replicato con successo…

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