“Macbeth”

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TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (quale nuova variante ci riserva questo autunno?)

Teatro Cometa Off

Riadattamento del classico di William Shakespeare di Alessandro Sena, che ne cura anche la regia.

Cast: Stefano Antonucci (Duncan), Luca Basile (Mc Duff, Alessandra Cosimato (Lady McDuff e strega), Mariné Galstyan (Lady Macbeth, Clara Morlino (dama e strega), Vittoria Rossi (Ecate e strega), Emanuele Salvati (Malcom), Francesco Sgrò (Macbeth) e Emanuele Vircillo (Banquo). Foto di scena di Nina Kulishova

Appena arrivato al Cometa Off, rivedo con piacere Daniele Petroni e tutto lo staff del teatro, che si dimostra sempre cordiale e disponibile. Non si può non parlare con loro della grande ripartenza degli spettacoli e della nuova stagione teatrale, auspicando una grande affluenza di pubblico. Il teatro ha in programma anche dei matinèe riservati alle scuole per avvicinare il pubblico più giovane al mondo del teatro. Con piacere incontro anche il regista Alessandro Sena. Vediamo che sorpresa ci ha riservato insieme al suo cast…

In un’epoca non definita, i protagonisti si muovono scalzi, vestiti tutti di nero. Una scelta cromatica volta a sottolineare il dramma a cui assisteremo. Le vesti indossate mi riportano immediatamente alla mente quelle dei vecchi samurai, scelta forse atta a evidenziare che gli uomini presenti sono tutti dei guerrieri (in realtà anche le donne, molto coriacee). Si muovono in una scenografia più che essenziale e tetra, che trasporta immediatamente lo spettatore nel dramma, grazie anche alla complicità di suoni e di luci.

Macbeth ci appare come un personaggio affamato di potere, ambizioso, privo di freni inibitori ma eternamente insoddisfatto, e per questo si spinge sempre oltre ogni limite. In realtà è chiaro che molto dipende dalla sua demoniaca musa ispiratrice, la moglie Lady Macbeth, molto meno incline a sottomettersi ai sensi di colpa da cui è invece afflitto lui, continuamente divorato a causa delle delittuose azioni che fanno della sua vita un viaggio senza ritorno. Riuscirà, con i suoi sotterfugi ed inganni, a divenire re, ma il suo regno sarà quello della disperazione.

Alessandro è un regista che stimo moltissimo e che ho imparato ad apprezzare attraverso i suoi lavori. Stasera coraggiosamente porta in scena ben nove attori che si avvicendano sul palco palesando la loro bravura in questa non facile prova, e danno vita ad un’interpretazione molto personale del classico shakespeariano. Alessandro inscena “quadri viventi”; sembrano dei dipinti tetri ma pieni di energia che si susseguono freneticamente, continuamente spezzati da bui improvvisi, ricchi di pathos. Bella e suggestiva la scena tributo alla “Pietà” di Michelangelo quando Macbeth, imitando il capolavoro, porta in braccio il defunto re Duncan assumendo la stessa postura.

Da sottolineare l’espressività del cast, in cui spicca sicuramente Mariné nei panni di una Lady Macbeth dall’ approccio e dal fascino della donna d’altri tempi; con le sue grandi capacità espressive, ricorda le grandi dive del film muto. Sguardi intensi, movenze ammaliatrici, gestualità appariscenti la rendono unica e in grado di caratterizzare questa dama rendendola una donna fastidiosa, odiosa, deprecabile.

Alessandra, Clara e Vittoria invece si muovono costantemente insieme, una sorta di trittico dannato e malefico legato da un invisibile filo inscindibile. Appaiono in scena gracchiando come corvi fastidiosi, si muovono poi come in una danza dannata usando le stesse movenze contemporaneamente, come fossero un unico corpo. Simulano una sorta di balletto ipnotico-stregonesco in cui utilizzano, al posto della musica, esclusivamente la voce, che a volte è stridula e gracchiante, altre profonda e sensuale. Voci che si fondono in un unico coro come in una originale base musicale. Anche quando parlano, usano questo “effetto” sonoro; l’impatto emotivo sullo spettatore è forte. Particolarmente inquietanti, ricordando le arpie della mitologia greca, sono una sorta di streghe, di fattucchiere che prevedono inesorabilmente tutto ciò che accadrà nella tragica storia. Anche loro sono vestite di nero, colore predominante. Indossano un tulle nero che ne occulta parzialmente il viso e le fa risultare particolarmente angoscianti.

Le tre artiste avranno anche spazio per un loro assolo. Presteranno la loro persona per dare vita a dei personaggi in secondo piano in monologhi sentiti e particolarmente drammatici.

Gli uomini sembrano muoversi quasi in un mondo a parte fatto di affetti, parentele, cordialità, onore e amicizia, minacciati però dalle aspirazioni e dalle ambizioni di Macbeth, che violentemente si stanno per abbattere su di loro.

Francesco nel suo Macbeth dimostra una duplice personalità che presenta efficacemente con la recitazione. Si mostra strattonato dalla sua sete di potere, dando vita ad un angoscioso stato causato dai suoi sensi di colpa. Si mostrerà sempre più imprigionato e succube di quel profondo limbo che si è creato.

Stefano è invece il ritratto del buon re: piacevole, solare, onesto fiducioso, affabile, che ignaro va verso il suo ineluttabile e crudele destino. Luca e i due Emanuele, invece, saranno inghiottiti loro malgrado nelle vicende che letteralmente li seppelliranno. Cercheranno di uscirne a loro modo, non senza portarne delle vistose cicatrici.

Il finale si rivelerà inaspettato.

Attraverso i suoi personaggi Alessandro trasmette un forte rifiuto per il potere assoluto. Nessuno di loro, morto o vivo, vittima o carnefice, verrà escluso da questa esternazione collettiva, da questa denuncia finale. Un epilogo impensabile dai toni forti, che redime tutti i personaggi. Un chiaro e possente grido di rifiuto nei confronti del male per schierarsi con una scelta comune a favore del bene. Una storia cruda, cruenta, pregna di ingiustizie, che devia improvvisamente con una grande morale. Attraverso il netto rifiuto di Malcom (Emanuele Salvati) di prendere le redini del potere come legale successore, Alessandro sottolinea il forte rifiuto alla violenza di un semplice ragazzo, che si oppone di ereditare un regno intriso di sangue in cui impera la diseguaglianza, la prevaricazione e l’ ingiustizia. Sceglie invece di voler costruire un mondo più giusto ed equo per tutti. Questa è la chiave moderna con cui Alessandro vuole attualizzare il suo Shakespeare.

Non amo queste estremizzazioni modernistiche dei classici, con costumi ed ambientazioni sospese in un tempo indefinito, ma ho molto apprezzato il messaggio, la recitazione, la sceneggiatura e la regia, e soprattutto il senso claustrofobico e opprimente che lo spettacolo trasmette per rompere lo schema e giungere all’esplosivo epilogo.

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