TEATROVID-19 il teatro ai tempi del Corona e oltre (autunno, influenze, rigurgiti di covid e mascherine).
Teatro Tor Bella Monaca
Scritto e diretto da Antonio Grosso.
Con Antonio Grosso, Antonello Pascale, Gioele Rotini, Gaspare Di Stefano, Francesco Nannarelli, Natale Russo.
Aiuto regia Giuseppe Menzo, assistente alla regia Marika Mengucci.
Scene e costumi Alessandra De Angelis. Light desiger Luigi Ascione, luci e suoni di Antonio Panico.
Antonio Grosso decide di ambientare il suo nuovo capolavoro nel periodo fascista. Tra guerra e bombardamenti, in ciò che rimane di un manicomio, due fratelli gestiscono gli ultimi tre pazienti rimasti con grande amore e profonda dedizione. Il direttore della struttura, al contrario, è una persona dura e rigida che maltratta tutti con una esagerata e malcelata veemenza. Tra i pazienti ed infermieri regna una sana e bella amicizia. Grosso subito ci immerge in una piacevole atmosfera tra scherzi, prese in giro, giochi e canti. Il tempo sembra sospeso, e nonostante le limitazioni della guerra e le angherie del direttore, scorre in una particolare normalità. Finché un paziente scopre una cassaforte nell’ufficio del direttore e ne impara la combinazione; i cinque, allora, cercheranno di aprirla per fuggire insieme con la refurtiva, nella speranza di ricominciare una nuova vita, lontana dalla povertà e dalla guerra.
La mente e la penna di questo geniale sceneggiatore ci regala tante emozioni diverse, confezionando un prodotto coinvolgente, toccante e paradossalmente comico. L’autore è lo stesso che ha partorito il fantastico “Minchia signor tenente”, che ha mietuto dieci anni di successi, riproposto in più di 500 repliche! Questa nuova sceneggiatura ritrova parte di quel cast, un grande gruppo di artisti che conferma le mie aspettative. Non è facile, dopo uno spettacolo grande successo, proporne un altro che regga il confronto.
In una duplice scenografia, in parte surreale e in parte realistica, il regista fa muovere i suoi personaggi veri, schietti e simpatici e a cui ci si affeziona subito. Con le loro manie creano un clima di allegria nonostante l’ambiente sia sporco e fatiscente, così lo spettatore viene subito inghiottito emozionalmente. Questa è una delle grandi capacità di Antonio: riuscire sempre a coinvolgere il pubblico facendogli vivere in prima persona sia i momenti allegri che quelli drammatici.
Gioele, con le movenze e lo sguardo perso e vacuo, è perfetto nel ruolo di pazzo, al quale aggiunge tenerezza e dolcezza struggenti. Terrorizzato dallo sporco, si aggira divertendoci e commuovendoci frenetico con la scopa e il panno sempre in mano. Gaspare deve aver subito il lavaggio del cervello, oltre a qualche elettroshock, così come gli altri ospiti della struttura; ora sembra proteggersi imponendosi da sé regole che lo aiutano ad andare avanti. Bello come l’attore faccia ondeggiare il personaggio tra momenti di sana allegria e altri di estrema rigidità. Natale è lui stesso un personaggio: attore famoso, molto caratteristico, un cane sciolto sul palco, ricco di inventiva ed inimitabile. Anche lui sfoggia magistralmente manie e paure. Antonello ed Antonio sono una bella coppia di poveri fratelli, che se non sono impazziti lavorando in questo ambiente, poco ci manca… Antonello è più rigido, ma fondamentalmente un buono, mentre il claudicante Antonio è molto dolce, legato amorevolmente alla sua famiglia per cui fa immani sacrifici. Entrambi, con le loro sole forze, tirano avanti eroicamente tutta la baracca. Davvero una bella coppia, due caratteri diversi che si compensano nella storia grazie alla sceneggiatura e che funzionano sul palco grazie alla complicità e all’affidamento dei due attori. Francesco invece è nei riusciti panni di un cattivo piuttosto frustrato; i suoi comportamenti lasciano basiti, ma la storia ci rivelerà un retroscena inimmaginabile di lui, che solo la mente brillante dell’autore poteva pensare. Da subito è evidente la sua capacità di risultare antipatico e fastidioso. Bravo davvero!
Menzione particolare meritano la cura dei costumi: sporchi, sdruciti, volutamente brutti e coerentemente storici, come quello del direttore, che al contrario spicca per eleganza. Bella la scenografia, che con l’uso attento delle luci, colpisce e stupisce con alcuni effetti davvero sorprendenti, mentre la musica sottolinea ed enfatizza situazioni ed emozioni. Anche i suoni fuori scena colpiscono, come il sopraggiungere dei soldati germanici, le lori voci imbestialite urlanti in lingua tedesca, il crepitio delle armi… apprezzabile la scelta registica di non mostrarli, ma di farne sentire solo la fastidiosa presenza, il fiato sul collo, che fa crescere l’ansia nello spettatore di un loro imminente arrivo…
Antonio poi riesce ad amalgamare le differenti provenienze dei personaggi attraverso i loro diversi dialetti: il siciliano, il napoletano, il romano, il bolognese… un tocco di classe che dà più sapore alla commedia che si tinge di verde, bianco e rosso e a mio avviso avvicina il pubblico più popolare alla storia e poi al mondo del teatro. Quello con Antonio è un vero e proprio viaggio nell’Italia delle persone semplici, nell’intimità del nostro paese, quello di seconda scelta di cui lui riesce a mostrare l’umanità. Ci restituisce storie che sanno di vero, ricche di sentimenti, di amore e di speranza. Il suo modo di raccontare il dramma attraverso la dolcezza mista alla comicità è delizioso. Mentecatti scacciati dalla società, insieme ai due fratelli, angeli dal cuore grande caduti sulla Terra, vedono così restituita la loro dignità. Ecco perché Antonio Grosso piace: trova sempre il meglio in quello che all’apparenza sembra il peggio. Ci sono forza, passione e speranza nelle sue sceneggiature e tanta, tanta umanità.
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