Teatro Lo Spazio
Scritto, diretto e interpretato
da Claudia Genolini
Disegno luci Pietro Sperduti
Regista Assistente Maria Cristina Gionta
Aiuto Regia Veronica Ceci De Carli
Non so se Claudia sia consapevole di avere in mano un gioiello. Ha creato uno spettacolo perfetto sotto ogni aspetto. Musiche, luci, scenografia, stacchi, recitazione, idea, scrittura… tutto si fonde insieme dando vita ad un’opera di grande valore artistico.
Un’ora e mezza intensa in cui si ride e ci si commuove, trasportati in un’ atmosfera onirica e irreale, mentre quello che si racconta invece è realistico, concreto, ha i piedi ben piantati per terra. Questa fusione tra reale ed immaginario è sublime, un matrimonio perfetto frutto dell’estro creativo e fantasioso di un’ ispirata ed attenta Claudia.
Tutto è chiaramente studiato nei minimi dettagli, come la particolare disposizione delle sedie nella sala, che stasera sono posizionate per obliquo rispetto al solito, permettendo di vedere il palcoscenico che stasera è sfruttato per intero. Qui allo Spazio, infatti, ha una forma insolita ad angolo retto, solitamente non usata completamente come in questa occasione.
Claudia ha deciso di rompere gli schemi anche in questo ed inghiottire così il pubblico nella sua storia con questo singolare “abbraccio” virtuale, dimostrando peraltro una grande presenza scenica senza mai una minima incertezza ed esitazione.
Già entrando ci si trova immersi in un’atmosfera surreale, la sala è pronta per questo viaggio nel fantastico mondo di una ragazza dall’insolito nome di battesimo, Minerva, che nella mitologia è considerata la divinità vergine della guerra giusta (quella che combatterà con la vita), della saggezza (che in fondo matura), dell’ingegno, delle arti utili (il suo approccio con le vicissitudini si rivela dopo un iniziale difficoltà tutta umano e alquanto ingegnoso).
Anche nella scelta di questo nome c’è dunque una rispondenza al personaggio (Omen nomen), che solo apparentemente ci appare sciocchino, infantile, ingenuo e a tratti sprovveduto perché molto timido, ma tenerissimo e dolcissimo.
Si prepara a spiccare il volo e seguire, non senza difficoltà, la sua strada che percorreremo per mano con lei.
La scenografia è vivace e colorata, ricca di vestiti appesi e disseminati ovunque, come a rappresentare un percorso esistenziale. Credo siano la manifestazione delle varie tappe che sviluppano la personalità di Minerva che comincia dalla prima infanzia fino ad arrivare alla vecchia.
La scorsa stagione questo monologo ha ricevuto notevoli consensi da parte del pubblico e ha vinto il concorso “Idee nello Spazio 2022”, scritto, diretto e interpretato da Claudia che si cala egregiamente nei panni di questa dolcissima ragazza un po’ paranoica, insicura e con qualche fisima rappresentata in maniera buffa ma efficace.
Strattonata continuamente dalle scelte che la vita le pone davanti e che dovrà prendere.
E’ una storia in cui ogni donna può ritrovarsi e rispecchiarsi, condita di momenti felici e di altri più tristi, attraverso ansie, paure, errori, non detti e qualche rimorso…
Il monologo ripercorre le varie fasi della crescita di questa ragazza, che alla fine prenderà in mano le sorti della sua vita, affrontando le sue paure e trovando in sé stessa il coraggio per scegliere, forse non sempre correttamente , ma almeno ci proverà.
Passerà attraverso i vari stadi evolutivi che ogni persona ha affrontato: la vergogna infantile per l’apparecchio ai denti, il rapporto conflittuale con le amichette dispettose e quello profondo con l’amica del cuore, la palpabile armonia con i genitori, i primi maldestri approcci amorosi, la convivenza e il matrimonio, ma anche lo studio, il lavoro, la famiglia che vuole creare e la vecchiaia.
Un percorso perfetto raccontato attraverso una recitazione sublime che non tralascia nulla, soprattutto l’intento di emozionare e travolgere lo spettatore.
Claudia si trasforma continuamente, modulando la voce ed adeguandola alle varie fasi della vita; contorce le dita delle mani nei momenti più drammatici o soffocando il suo urlo di dolore in una smorfia che fa più male a vedersi che a sentirsi.
Ripropone quegli atteggiamenti e quelle movenze tipiche dell’adolescenza e poi della maturità in maniera eccelsa, e questo avviene sempre, in ogni passaggio o cambiamento della ragazza su cui Claudia si sofferma; cambia pelle ma porta sempre con sé le sue fisime e i suoi piccoli disturbi psicosomatici.
Si ride e ci si commuove, tanto che ho dovuto calare un velo di protezione per staccarmi da quello stato empatico che Claudia riesce a creare con il pubblico, per cercare di essere più obbiettivo, meno di pancia e concentrarmi anche sul contorno; ma questo stato è durato poco perché questa talentuosa e portentosa artista è talmente trascinante da generare un virtuale cordone ombelicale con lo spettatore da cui è impossibile staccarsi.
Lo stesso cordone ombelicale è rappresentato dai pomodori col riso, inseriti in ogni battuta per spezzare la tensione e descritti come pietanza evitata fin da bambina per tutta la vita.
Ecco, quei pomodori sono la rappresentazione di quel piatto che tutti abbiamo odiato da piccoli e da cui abbiamo cercato di scappare solo per scoprire che in realtà sono un importante simbolo del cordone ombelicale che ci lega alla famiglia e ai suoi ricordi, dai quali non solo non si può sfuggire, ma che alla fine sono sempre nostro rifugio e sicurezza.
Ci si affeziona inevitabilmente al personaggio interpretato da Claudia, con cui si condividono le ansie e le difficoltà tipiche di ogni essere umano.
Il viaggio in Australia, poi, altro non è che una grande scelta di vita: affrontare l’ignoto e le sue paure portandole inevitabilmente dietro con sé come una compagnia di cui non si può fare a meno e che paradossalmente diventano una sicurezza, una presenza su cui fare paradossalmente affidamento.
Tutte le insicurezze che bisogna imparare ad affrontare o con cui convivere sono rappresentate da una valigia onnipresente sul palco che la protagonista porta sempre con sé, un fardello a volte pesante come il piombo, altre leggero come una piuma, a simboleggiare vittorie e sconfitte.
Perché la vita è così, come ce la presenta questa splendida e profonda artista.
Non sembra di assistere ad un monologo ma ad un dialogo, perché la Genolini riesce con la sua bravura a far sentire quella voce muta a cui si rivolge, rispondere attraverso di lei grazie alle sue incredibili espressioni, movenze e smorfie.
I vestiti intorno a lei si illuminano e lei, sfiorandoli, ci avverte così di un suo cambiamento in atto, di un momento particolare della sua vita che vuole condividere con noi.
Insomma, che Claudia Genolini fosse un’artista di valore lo avevo capito quando la vidi al fianco di Elda Alvigini in “Bomba”, fantastica nei panni di una trapper, ma qui, con questo suo lavoro raggiunge l’apoteosi. Siamo davanti ad un livello artistico altissimo. È un vero peccato perdersi questo spettacolo!
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