Teatro Brancaccio
Autori: Gabriele Pellegrini, Massimiliano Elia, Daniele Ceva, Emiliano Luccisano
Regia di Dado
Non Vedo, Non Sento e Straparlo, seppur in maniera rivisitata, non vi ricorda il motto legato alla rappresentazione grafica delle tre scimmiette? Sì, dai! Quella in cui una si tappa gli occhi per non vedere, l’altra le orecchie per non sentire, la terza la bocca per non parlare… Insieme raffigurano il giapponese “Mizaru”, “scimmia che non vede il male”, “Kikazaru”, “scimmia che non sente il male” e “Iwazaru”, “scimmia che non parla del male”…
Ce lo vedete Dado Iwazaru e stare zitto? Al contrario, noi lo amiamo proprio perché parla, anzi, straparla! Come stasera, del resto. Dado veste i panni di un uomo comune per dire la sua senza fronzoli e orpelli inutili, come ha sempre fatto, sugli uomini comuni e la loro vita, attraverso cui si ride delle debolezze ed incoerenze anche nostre.
Con questo nuovo testo Dado festeggia il cinquantesimo compleanno. Un nuovo spettacolo in cui non può non fare una sorta di bilancio della sua indiscutibilmente ricca e brillante carriera. Ma come mi ha rivelato nella nostra intervista
non è mai soddisfatto di sé stesso e cerca sempre di migliorarsi. Anche stavolta riempie il suo spettacolo di battute esilaranti raccontandoci esperienze di vita come accompagnare la figlia al concerto di Ultimo, o parlandoci degli adolescenti di oggi per poi passare al politicamente corretto (si fa per dire), o riportandoci annunci mortuari dai testi improbabili, o tirando in ballo il dialetto romano che risparmia una “erre” quando pronuncia le doppie, forse per conservarle ed utilizzarle quando meglio crede o per investirle in banca, chissà… Divertente la digressione sul menefreghismo dei romani.
Stasera, oltre che dalla sua immancabile chitarra che non userà molto perché impegnato in soliloqui a tratti velocissimi e mozzafiato che sembrano scioglilingua che a volte coinvolgono direttamente il pubblico, sarà accompagnato da un coro Gospel su testi comici.
Dopo tutte queste novità, Dado ci regala una carrellata di famosi cavalli di battaglia che lo hanno proiettato nel pantheon della comicità italiana.
Ospite d’eccezione e sorpresa per il pubblico è Maurizio Battista, che si scatenerà incrociando le armi con Dado in un confronto a base di comicità. Si parlerà degli acciacchi dei cinquantenni, delle piattaforme per gli acquisti e delle discutibili spese, e delle esperienze personali del passato.
Poi lo spettacolo continua e ho la sensazione che seppure segua una flebile traccia di copione, molto sia lasciato all’ improvvisazione; lo sottolinea un finale di serata in cui sembra proprio che Dado non voglia abbandonare il palco. Ama il suo lavoro e il pubblico che lo segue.
Divertente quando parla dei social o dei topi di Roma più numerosi dei suoi abitanti. O della sua esilarante spiegazione su una delle parolacce più in voga dei romani, da sempre utilizzata come offesa ma anche come affermazione di stupore, o di simpatia… i “morti”, per capirsi, con tutti i suoi molteplici significati.
Un’altra parte davvero divertente è quella che mette in relazione il traffico romano con i terroristi arabi che tra scioperi e traffico non riescono nei loro intenti dinamitardi a causa degli inevitabili ritardi…
Riprendendo il titolo, Dado ci racconta delle disavventure dei parlatori a vanvera, quelli che straparlano inutilmente come i terrapiattisti o gli incomprensibili discorsi tra innamorati o dei radical-chic…
Nel finale torna a indossare la sua famosa camicia leopardata di cui arrotola e srotola le maniche mentre canta, nel suo riuscitissimo cinese, “Tu vuo’ fa l’americano”, e stravolge “Ci vuole un fiore” con un testo irriverente.
Dado come al solito non si è smentito, ci ha regalato due abbondanti ore di spettacolo all’insegna del grande divertimento, in questa che era l’unica serata in un Brancaccio affollatissimo.
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