Teatro 7
Di Michele La Ginestra
Regia di Roberto Marafante
Con Michele La Ginestra, Alessandro Salvatori e Ilaria Nestovito
Scene Teresa Caruso, Costumi Giusy Nicoletti, Musiche Andrea Perrozzi
In un’atmosfera surreale che ricorda le scene di alcuni film “peploni” (così erano definiti quelli a sfondo religioso degli anni ’50 in cui i personaggi indossavano il peplum, un abito antico di origine greca), viene ricreata una zona desertica in cui si muovono due soldati romani in fuga. Si direbbe due disertori…
È una notte nell’ anno 33 d.C., in Palestina i due uomini si riposano sulle rocce desertiche efficacemente ricostruite dallo scenografo.
Il deserto è di per sé un luogo che si presta a rappresentare la solitudine, sia fisica che interiore, e spinge alla riflessione, al contatto con sé stessi e con la propria spiritualità. Perché questi uomini fuggono? Da cosa? Mentre i due parlano, si avverte un disagio: è il timore di essere seguiti e scoperti Gesù è scomparso e loro erano di guardia… La paura però non gli impedisce di discutere e di parlare del più e del meno per scambiarsi reciproche battute pungenti.
Il testo infatti inserisce nei discorsi una forte dose di ironia, che cozza volutamente con la situazione di tensione che all’inizio passa in secondo piano. Ci è permesso, così, di conoscere i due uomini e di farli entrare nelle nostre simpatie.
Sono Cassio, il centurione che con una scorta di legionari ha guidato Gesù verso il Golgota, e Stefano, un suo sottoposto, che impietosito ha dato a Gesù la posca, una bevanda dissetante a base di acqua e aceto.
Loro malgrado, sono stati coinvolti in un evento che cambierà le sorti dell’umanità e che inevitabilmente segnerà anche le loro vite.
Nonostante una prima parte molto leggera e scorrevole, i due si rivelano sempre più colpiti nell’intimo dai fatti appena vissuti.
Si confrontano animatamente su quanto è successo, cercano delle risposte, le stesse che ognuno di noi si pone rispetto alla propria spiritualità. È su questo argomento che tra loro si produce una frattura. Le visioni si oppongono e debolmente si intravede che le loro strade cominciano a separarsi. Non sempre le cose possono spiegarsi con la razionalità e con la cultura pagana.
Stefano, con i piedi ben piantati per terra, cerca di convincersi e di persuadere Cassio dal desistere dal seguire l’infatuazione per quell’uomo morto in croce. Cassio invece è rapito dalla figura di Cristo, mostrando un sentire che va oltre l’umana razionalità.
Nel testo Michele La Ginestra inserisce una forte romanità nei dialoghi, così i due colloquiano in maniera spontanea e goliardica, insaporendo i toni con un tocco di comicità dal gusto retrò tanto cara a questo autore e attore. Il suo stile lo contraddistingue anche in questo lavoro, ed è sempre presente nelle sue proposte. Questa scelta rende leggero e fruibile lo spettacolo e il modo di affrontare un argomento difficile come quello della fede, ma non lo sminuisce, anzi. Attraverso questo stile si esaltano la semplicità e l’umanità dei di due uomini, tra dubbi e perplessità in cui ognuno può riconoscersi.
In questa nuova edizione, a fianco di Michele ci sono Alessandro Salvatori, un attore molto apprezzato e spesso presente sul palco del Teatro 7, e la dolcissima e bravissima Ilaria Nestovito, che esordì proprio con questo spettacolo giovanissima quando Massimo Wertmuller interpretava Cassio e Michele La Ginestra era Stefano.
Ilaria è nei panni di una figura onirica e suggestiva che compare e scompare di scena senza interagire mai direttamente con gli uomini. Su un tappeto sonoro composto dall’ apprezzato e capace Andrea Perrozzi, che ha ricreato delle musiche evocative dal sapore di terre lontane, Ilaria ci svela tutta la sua bravura canora in un canto sussurrato. La sua soave e melodiosa voce accompagna la storia, e la sua figura in abito bianco allude a un essere spirituale, o forse è proprio la rappresentazione della fede.
La regia è affidata a Roberto Marafante, che con la sua sensibilità e professionalità ha dato un tocco magico a questo testo emozionante, diretto, intenso e profondo.
Un racconto antico come l’umanità, che preserva tutta la sua sacralità attraverso un linguaggio semplice, diretto ed ironico è una recitazione che sa bilanciare i momenti di grande ironia a quelli di profonda interiorità.
Ho notato delle similitudini tra questa proposta e “In nome della madre”, sempre di Michele. Qui il racconto è però incentrato su Giuseppe e Maria da giovani e viene raccontato dalla Madonna in vesti moderne e più matura negli anni. Ma il messaggio spirituale intrinseco non cambia, si utilizza sempre un approccio semplice e leggero per trasmettere una profonda spiritualità.
Michele ed Alessandro insieme si rivelano una bella coppia da palcoscenico: divertenti nei momenti leggeri e drammatici in quelli di tensione. Bello come sottolineino l’amicizia che li unisce e come evidenzino la loro personalità, le differenti vedute e i conflitti interiori. Tragica la scelta che li dividerà.
Scrivi a: redazione@viviroma.tv