“La Storia di Francesco”

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Teatro Tor Bella Monaca
Tratto dal romanzo “La sapienza di un povero” Di Éloi Leclerc.
Drammaturgia e Regia di Pino Quartullo

Con Francesco Tortorella (San Francesco), Roberto Fazioli (frate Tancredi, messo di Satana), Francesco Trasatti (frate Pietro), Massimiliano Viola (frate Leone), Simone Sabia (frate Rufino), Giorgio Melone (frate Pacifico, un giovane prete), Rachele Sarti (Santa Chiara)

Costumi di Laura de’ Navasques

Elementi scenici di Michelangelo Raponi

Light designer e suono Mimmo De Mattia

Aiuto regia Giovanni Bertoletti

Foto di Carlo Bellincampi

Una produzione La Città degli artisti – Margherita Romaniello

“La storia di San Francesco” è liberamente tratta dal romanzo “La sapienza di un povero” di Éloi Leclerc, uno dei testi biografici sul santo più importanti ed accurati, interessante perché racconta l’ultimo periodo di vita, quello della crisi spirituale e del rifugio dopo aver abbandonato i suoi confratelli, ormai allontanatisi dalle origini e divisi.

Francesco viene seguito dai più fedeli e da Chiara. Tutti sono molto preoccupati per il suo stato fisico e spirituale, come evidenziano con cura il testo e gli attori in scena, che trasmettono tutta la tensione e l’angoscia.

Francesco cercherà di ritrovare la fiducia in sé stesso e il rapporto con Dio attraverso un forte conflitto interiore che lo porterà a mettere in dubbio tutto il suo percorso. I dialoghi, molto profondi e pregni di spiritualità, ci accompagnano sulle orme del pensiero francescano.

Il cast brilla per la profonda attenzione e la passione nell’ interpretare dialoghi articolati che spiegano efficacemente i motivi della crisi mistica del frate, il modo in cui l’ affronta e come ne esce, rendendoci partecipi della sua ricerca del senso della vita e della felicità, che in lui coincidono con l’adesione totale alla parola e alla vita evangelica di Gesù.

Gli aspetti che spiccano in questa pièce sono sicuramente la personalità, l’umanità, la profondità interiore, la fragilità e l’onestà morale del santo insieme al grande amore per la vita, per il creato, per gli uomini e per Dio. Da tutto questo avrà la forza per ritrovarsi.

Ho avuto la sensazione che Francesco non si sia mai veramente perso. Mi è sembrato, anzi, che questa crisi sia stata una sorta di prova interiore per passare ad una fase successiva, un modo per approfondire e consolidare la sua fede sfatando ogni dubbio sulla sua fede.

Interessante e commovente è vedere le reazioni di chi lo circonda, e come tutti si impegnino con la vicinanza e la comprensione ad aiutarlo in questo periodo difficilissimo fino al ritrovamento di quella trascendenza tanto anelata che sarà suggellata dalla comparsa delle stimmate.

Pino Quartullo e il suo cast riescono a creare un atmosfera profondamente spirituale in cui sono palpabili l’instabilità, la paura, l’incertezza dei personaggi, che finiscono per coinvolgere anche noi. Ci viene restituito un Francesco più umano che divino, un esempio in cui ognuno può ritrovare le sue fragilità ma anche la forza per affrontare e superare le debolezze.

Francesco Tortorella dà vita ad un bel Francesco; tenero, combattuto, vivo, trascinante, piacevole e amabile. Sorprendente il modo in cui Roberto Fazioli si districa nel duplice ruolo di affettuoso confratello e di affascinante e inquietante demone seduttore.

Simone Sabia impersona la bella e struggente figura di Rufino, un frate combattuto e afflitto che si allontana da Francesco e che gli assomiglia mentre affronta un dramma interiore simile al suo. Profondo e toccante. Giorgio Melone è nel doppio ruolo di amorevole frate e di prete; nelle vesti di quest’ultimo ci delizierà con un brano cantato da lui intenso e toccante.

la storia di francescoRachele Sarti è nel bellissimo ruolo di Chiara, unico ruolo femminile e parte piuttosto rilevante della storia. Dolcissima, forte come una madre e tenera come una sorella. Francesco Trasatti è nei panni di frate Pietro, un altro bel ruolo come quello di Leone, interpretato da Massimiliano Viola. Anche loro sono attivamente partecipi alle vicende e mostrano una spiccata personalità. Bravi e coinvolgenti.

Tutti insieme dimostrano una sinergia ben diretta in grado di trasmettere le forti emozioni del dramma. Iniziano comunicando un’atmosfera tesa che sottolinea la profonda crisi da cui è pervaso ogni personaggio in modo individuale, e poi arrivano a risalire dal baratro quando si consolida la fede e si dimostrano l’ importanza e la forza del gruppo e dell’amore.

Una scelta che ho molto apprezzato è quella di inserire delle voci fuori scena tra i dialoghi serrati e continui. In quei momenti l’azione si ferma e ognuno ha modo di spiegare cosa sta accadendo, come in un racconto in terza persona, articolando la drammaturgia e offrendo spunti di riflessione.

Il cast è composto da sette validi attori che trovano il giusto spazio per dimostrare le proprie capacità recitative, riescono ad esaltare la storia e a farci conoscere intimamente il proprio personaggio.

Fondamentale è la scenografia, volutamente essenziale: una grande croce di legno posta al centro del palco e lateralmente dei piccoli sgabelli dove i nostri si muovono indossando il tipico saio francescano. Un suggestivo gioco di luci accompagna la storia esaltando le scene più importanti. Bellissimo l’uso di alcune penombre caravaggesche utilizzate per esaltare alcuni passaggi.

Altro punto forte è la musica che accompagna costantemente, come in un film, tutta la storia, e in cui sono riconoscibili elementi melodici di alcuni brani estratti da colonne sonore che hanno fatto storia. Poetici i suoni della natura inseriti tra i brani come la pioggia, lo scorrere del fiume, i versi degli animali…

Ci si immagina davvero di essere in un bosco, in un eremo, tra le grotte di un monte o nella capanna insieme a questi deliziosi attori, a cui non manca peraltro neanche la presenza scenica con il loro aspetto, l’ espressività e modi miti e aggraziati dei frati francescani, così come abbiamo imparato a conoscerli.

Uno spettacolo suggestivo ed evocativo che spiega un mondo millenario che dura ancora oggi e che riesce a creare un ponte immaginario tra l’uomo e il divino.
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