Teatro di Villa Lazzaroni
Di Andrea Franco
Regia Alessandro Pacifici
Assistente Regia Fabio Ponzio
Con Noemi Bordi, Carlotta Sfolgori, Giulia Zadra, Cesare Ceccolongo, Alessio Chiodini, Alessandro Pacifici
Corpo di ballo Stefano Bontempi, Claudia Rossigno, Flavia Castelli, Lorenza Mele
Proposta interessante, una commedia divertente che lascia spazio anche ad una ricerca introspettiva della psiche umana. Non voglio rivelare troppo, avrete una sorpresa dopo aver riso ed esservi divertiti con il folle personaggio principale dalle molteplici personalità e con la famiglia del suo psicoterapeuta, che si trova suo malgrado ad ospitarlo alla cena della vigilia di Natale. Ma facciamo ordine.
Alessio Chiodini è uno psicoterapeuta con due sorelle, una è Carlotta Sfolgori sposata con Cesare Ceccolongo (userò i nomi degli attori per non creare confusione). I due hanno un rapporto burrascoso: lei è una donna con la testa sulle spalle, lui ancora immaturo, libertino, dalla battuta pronta, provocatoria e sagace senza peli sulla lingua. Non vede di buon grado la sorella più piccola della moglie e dello psicoterapeuta perché è lesbica, né tantomeno la sua compagna Noemi Bordi, ed entrambe sono a cena con loro.
La moglie e il cognato psicoterapeuta mettono le mani avanti cercando di arginare l’inevitabile sarcasmo di cui farà uso Cesare. Ma il povero psicoterapeuta non sa che sta arrivando un ciclone in casa che destabilizzerà definitivamente la serata.
Arriva inaspettatamente Alessandro Pacifici, il suo folle paziente dalle sei personalità che emergono in comportamenti psicotici esilaranti.
Alessandro porta su di sé gran parte della responsabilità dello spettacolo, visti i suoi molteplici personaggi… Gli altri non sono certo da meno, né da contorno, anzi, con una forte sinergia contribuiscono a costruire le scene. Anche per ciascuno di loro c’è spazio per mostrare il carattere, il punto di forza e di debolezza. Il bello sta nel bilanciamento tra gli eccessi del “matto” in contrapposizione alle morigerate e comuni esternazioni degli altri.
Si ride ma si riflette, anche, su questi due mondi che, pur sembrando distanti, hanno punti di incontro. Dapprima, da parte di tutti, c’è un atteggiamento di dileggio nei confronti del paziente, che forse cela una forma di rifiuto; forse si preferisce ridere di lui che comprenderlo, ma a poco a poco questo personaggio strampalato finirà per indurre tutti a sciogliere alcuni nodi della loro vita e del loro modo di essere consentendogli di mostrarsi per quello che davvero sono. I precari equilibri di tutti vengono messi in crisi e i partecipanti alla cena saranno obbligati a farci i conti. Assistiamo, dunque, all’apparenza che si sgretola davanti alla spontaneità del matto.
Pensandovi, la figura del matto nei tarocchi rappresenta il punto di partenza dell’evoluzione personale ed è l’unica carta a non avere una numerazione…
Il matto per tradizione è quello che dice sempre ciò che pensa senza le barriere mentali del buonsenso e dell’educazione, senza le convenzioni. Pensiamo alle maschere di Pirandello… Il matto rappresenta la libertà, il genio, la creatività; è colui che ha il coraggio di abbandonarsi agli istinti, ai desideri, alle passioni.
Tra una scena e l’altra, in brevi monologhi fuori scena Alessio sembra raccontare in uno sfogo un suo ricordo materializzato, come fosse già tutto accaduto e lui stesse facendo un’analisi introspettiva degli avvenimenti soffermandosi sui vari aspetti della personalità del suo paziente, come di tutti gli altri partecipanti, lui compreso.
Alessandro è pazzesco nel passare con cambi repentini da una personalità all’altra modulando improvvisamente timbro di voce e movenze, ma sembra voler eclissare quella più profonda e legata al suo intimo.
Che sia una strategia dell’uomo per proteggersi da qualcosa? O forse è solo un espediente per ridere con leggerezza delle turbe che ognuno di noi porta dentro di sé, per riflettere sulle nostre debolezze e su come sia più facile non ascoltarsi, non mettersi in discussione preferendo sorridere delle debolezze altrui?
Mentre con grande maestria Alessandro dà vita alle sue esagerate sfaccettature, gli altri fanno i conti in maniera più ponderata con le loro. Alessandro sembra il deus ex macchina, colui che tiene i fili dell’emotività degli altri che sta per uscire.
Nelle sue esagerate e spontanee esternazioni, è coadiuvato da un corpo di ballo di quattro validi elementi che mi hanno ricordato il coro greco; in tute nere, con eleganza, leggerezza e padronanza sembrano evocare la confusione che ha in testa l’uomo, lo scontro di personalità che c’è in lui.
Alessio gioca su due fronti, quello drammatico ed introspettivo e quello più comico. Lui forse è l’anello di congiunzione tra i due mondi. Cesare, burlone e superficiale, fa trasparire la sua insoddisfazione esternandola con un’esagerata eccentricità ed immaturità.
Simpaticamente ci propone l’essenza della persona apparentemente mediocre ma che in realtà ha solo bisogno di per aprirsi e capirsi. Carlotta si muove con destrezza tra lo stato d’animo di una donna che prova rabbia per la mediocrità del marito, e l’amore protettivo con cui lo affianca, combattuta tra il sentimento per il marito e l’attaccamento alla famiglia di origine. Traspare in lei la donna ferita.
Giulia, dolcissima, è schernita e criticata da Cesare ma anche accettata e amata dal resto della famiglia, che sembra il rifugio di tutti i personaggi, dovrà fare i conti con un atroce dubbio e la vedremo in conflitto con sé stessa. Noemi è deliziosa ma esterna anche lei una profonda conflittualità; anche lei gioca su due fronti distinti che… scoprirete a teatro, piacevolmente ambigua e profonda.
Ho molto apprezzato i “fuori scena”, ciò che fanno gli attori quando sono in secondo piano in una vicenda, cioè quando l’attenzione del pubblico è sul protagonista. Non abbandonano la scena e, come nella vita reale, si esprimono con non detti, espressioni e movenze che completano la scena.
Spettacolo particolare, ben fatto e ben recitato
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