“Fosso Losco”

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Teatro Portaportese
Marina Vitolo, Alessandra Ligarò, Gabriella Iovino, Andrea Scaramuzza, Fabio Orlandi, Massimo Palmieri

Regia Mariella Pizziconi, aiuto regia Serena Canali, Grafica Massimo Palmieri, scenografia Paola Molinari.

La locandina è deliziosa e ben riuscita, il titolo intrigante. Si parte già bene.

Lo spettacolo si articola in due atti: il primo nella casa di città della coppia, la seconda in un podere semiabbandonato che i due possiedono a Fosso Losco.

Nonostante la durata di un’ora e cinquanta, la pièce ci fa sempre ridere e divertire con la sua storia e i suoi folli personaggi.

Gli ingredienti per questo spettacolo esplosivo sono un marito depresso, irrealizzato e infantile che fa uso di tranquillanti (Massimo Palmieri); una moglie rassegnata al suo ruolo di badante o baby sitter (Alessandra Ligarò); un amico di famiglia prolifico di iniziative ma anche particolarmente avido di denaro (Andrea Scaramuzza).

Massimo (userò i nomi degli attori per non creare confusione) possiede un vecchio terreno di famiglia lasciato da anni in disuso e pieno di erbacce, quando una nuova legge legalizza la coltivazione della cannabis… Anche la malavita organizzata mette gli occhi su questo inaspettato business e sul podere abbandonato…

Ecco allora aggiungersi altri personaggi. Marina Vitolo, nei panni di una camorrista che si esprime come in una sceneggiata napoletana, accompagnata dal figlio Fabio Orlandi in stile rapper/trapper/neomelodico, seguita dall’agronoma Gabriella Iovino dallo stile e atteggiamento dark-metal.

Come un recipiente chiuso bene con questi ingredienti piccanti e frizzanti e poi shakerato, questo delizioso teatro offre al pubblico un cocktail davvero esilarante!

Vorrei soffermarmi con maggior attenzione sui magici artisti che hanno reso possibile la messa in scena di questa divertentissima commedia, anche perché lo meritano, visto quanto hanno contribuito a far divertire il pubblico in sala.

Il sornione Massimo Palmieri, autore della commedia, propone un soggetto che mi ha ricordato il Carbonaro ne “Il Marchese del Grillo”: svampito, rallentato, particolarmente flemmatico, con la faccia spenta e i movimenti da bradipo in pensione.

Sempre stressato mentre colleziona pupazzetti e fa puzzle, è il personaggio centrale della commedia. Assolutamente riuscito, è in grado di strappare risate con il suo comportamento placido e pacato e la battuta sempre pronta. In realtà non sembra neanche un personaggio, tanto è realistico nella sua spontaneità.

Alessandra Ligarò è la moglie paziente e accondiscendente di Massimo; sicuramente più che amarlo, gli vuole profondamente bene visto che accetta tutte le sue fisime, ma intesse anche una relazione con l’amico di famiglia. Si rivela particolarmente esplosiva, tiene impeccabilmente il palco e arricchisce continuamente il suo personaggio di nuove sfumature. Irruenta, divertente, spumeggiante, comunicativa.

Andrea Scaramuzza è il subdolo, ma anche bonaccione amico di famiglia, grande amatore anche se per atteggiamenti e aspetto non si direbbe. Nel secondo atto il suo personaggio si è liberato dalla recitazione marcatamente teatrale, per aprirsi ad una maggiore e più diretta spontaneità. Simpatico, intrigante, maldestro al punto giusto, mostra una comica sensualità ed un’ironica tendenza all’intrigo e all’ illegalità più spicciola, almeno finché non subentreranno i veri marpioni…

Marina Vitolo è nei panni della moglie del capo malavitoso che troviamo nei film, non a caso inserisce nei suoi discorsi uscite care alla serie “Gomorra”. Sfrontata, ciclonica, irruenta, maliziosa, provocatoria nel suo personaggio, è un concentrato del peggio che la malavita offra ma la esprime in chiave fortemente comica se non addirittura canzonatoria, insieme all’inguardabile figlio Fabio Orlandi, altra caricatura-macchietta del malvivente partenopeo.

fosso loscoFabio propone dei marcati atteggiamenti malavitosi, ma le sue pose minacciose si rivelano così forzate ed artificiose da risultare caricaturali, così come il suo aspetto e il suo vestiario da quindicenne inveterato. Insieme alla madre parlano un napoletano piuttosto stretto in cui non disdegnando di inserire parti in grammellot, veri e propri assoli di bravura comica.

Ultima, ma non ultima, è la provocante e provocatoria Gabriella Iovino in un personaggio dall’ aspetto duro, diretto e un po’ truce ma sicuro di sé. Lei è l’agronoma che dovrà realizzare il progetto della fraudolenta coltivazione. Minacciosa ed aggressiva, si dimostra il personaggio più serio e preparato di questa armata Brancaleone. È l’unica persona con i piedi davvero per terra e razionale, insomma, sa il fatto suo. Nel corso della storia, però, mostrerà un lato inaspettato abbandonando la sua “pelle” iniziale per vestirne camaleonticamente un’altra che aggiungerà pepe alla vicenda. Brava e disinvolta, gioca con destrezza le sue carte rivelandosi un altro punto di forza del riuscito cast.

La scenografia è deliziosa. La casa di città del primo atto si trasforma magicamente ed efficacemente nella casa di campagna, nel secondo. Le musiche sono ben inserite, così come le atmosfere create dalle luci; azzeccati i variopinti costumi che danno un pittoresco colore a questi folli soggetti. Regia impeccabile ed attenta a valorizzare la proposta che si avvale di un testo scorrevole, divertente e ben strutturato, anche nelle parti dove si presta particolare attenzione al lato tecnico ed organizzativo dell’impresa agricola. Nonostante la durata, non si ravvisa mai un calo di tono. Assolutamente divertente, da vedere e… perché no, anche da rivedere!

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