Compleanno rock con tanti amici per il regista cinematografico Pierfrancesco Campanella

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Che ha festeggiato nella sala dell’Anica di viale Regina Margherita regalando ai presenti la proiezione del suo nuovo docufilm “C’era una volta il beat italiano”, prodotto da Sergio De Angelis e distribuito da Parker Film srl.

Il cineasta romano, noto soprattutto per i thriller di culto “Bugie rosse”, “Cattive inclinazioni” e il recente “Brividi d’autore” con Maria Grazia Cucinotta, nonché dell’apprezzato docufilm “I love Marco Ferreri” (appena trasmesso da Rete4), stavolta ha dedicato il suo documentario a quello straordinario periodo storico denso di rivoluzioni nella cultura e nel costume, di emancipazione femminile e di voglia di libertà, soprattutto da parte dei giovani che reclamavano un ruolo attivo nella società: gli anni Sessanta.

Le canzoni dell’epoca riflettevano questi cambiamenti grazie a testi innovativi e musiche decisamente più moderne, sulla scia dei Rolling Stones e dei Beatles. In Italia abbiamo avuto gruppi come i Ribelli, i Profeti, i Dik Dik, i Camaleonti, Giuliano e i Notturni o soliste come Patty Pravo e Caterina Caselli che hanno operato una vera e propria rivoluzione nel modo di cantare. In questo lavoro ne parlano un gruppo di personaggi che il genere beat lo hanno vissuto, per una analisi lucida e ironica allo stesso tempo, evitando compiacimenti nostalgici.

Molti i cantanti intervistati da Pierfrancesco: da Don Backy a Ricky Gianco, da Renato Brioschi dei Profeti a Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, da Livio Macchia dei Camaleonti a Gianni Dall’Aglio dei Ribelli, da Donatella Moretti a Mario Pavesi dei Fuggiaschi, a Giuliano Cederle dei Notturni. Poi c’è Franco Oppini, in quegli anni nei Gatti di Vicolo Miracoli, massima espressione del movimento “Verona Beat”.

Fondamentale la presenza di Mita Medici, la prima “Ragazza del Piper”, che ha rappresentato la svolta per un’intera generazione di ragazze desiderose di emanciparsi dal secolare predominio maschile.

Significativo l’apporto di Rosanna Fratello, che all’epoca del beat ancora non cantava ma sognava ad occhi aperti, sperando di emulare la carriera dei suoi idoli Patty Pravo, Rita Pavone e Caterina Caselli.

Ovviamente all’evento all’Anica non sono voluti mancare alcuni dei protagonisti di “C’era una volta in beat italiano”. A cominciare dalla splendida Mita Medici, simbolo di quella generazione, considerata la prima ragazza ad abbattere l’immagine stereotipata della donna oggetto, diventando simbolo del nascente movimento femminista.

Poi la sempre bellissima Rosanna Fratello, emblema dell’immagine di donna mediterranea. Quindi Donatella Moretti, cantante dotata di una voce melodiosa, dalla straordinaria estensione vocale, che, nella sua lunga carriera ha avuto anche lei un periodo di repertorio affine al beat.

E poi ancora Morena Rosini, del gruppo Milk and Cofee, che da ragazzina impazziva per il suo mito Mal dei Primitives, uno dei massimi esponenti della beat generation.

Tra i volti del docufilm presenti alla festa, caratterizzata da un ricchissimo rinfresco che ha fatto letteralmente perdere il controllo agli ospiti, anche Massimiliano Canè (autore di Techetechetè), il cantautore Mauro Goldsand, Fernando Fratarcangeli (direttore della prestigiosa rivista di collezionismo musicale Raropiù),

Francesco Lomuscio (esperto musicale), Niccolò Carosi (manager musicale), Franco Mariotti (storico operatore culturale).

Assenti Don Backy (a letto con l’influenza, che ha mandato un videomessaggio di saluti per il pubblico) e Luca Verdone (regista cinematografico e fratello di Carlo Verdone, trattenuto da impegni di lavoro).

Tra gli ospiti, amici personali di Campanella, ecco il super investigatore Antonio Del Greco (già capo della Sezione Omicidi alla Questura di Roma e oggi dirigente dell’agenzia investigativa Italpol), la nota genetista, perito nei più famosi casi di omicidio Marina Baldi (figlia del regista Ferdinando, che a suo tempo diresse anche diversi musicarelli),

il docente universitario di Storia del Cinema Fabio Melelli, Alberto Baldini, Fabrizio Marte e Luigi Cecconi (già funzionari del credito cinematografico della BNL), i produttori Giannandrea Pecorelli e Angelo Bassi.

E ancora, ecco le attrici Barbara Scoppa, Ottavia Fusco Squitieri, Mirella D’Angelo, Anna Bon, Maria Rita Hottò, Maria Teresa Di Bari, Nadia Bengala e Ornella Giusto, i critici cinematografici Graziano Marraffa e Luca Biscontini, il criminologo Gino Saladini, gli imprenditori Andrea Dalla Ragione arrivato con Mara Keplero, Giuseppe Simonelli e Mauro Ferri,

i giornalisti Pierluigi Manieri, Pierangelo Maurizio, Elio Ippolito, Claudio Cippitelli e Antonello De Pierro, gli attori Sergio Siciliano e Jano Di Gennaro, gli artisti Salvo Ardizzone, Roberta Gulotta e Mario D’Imperio, il distributore Luca Di Silverio, gli organizzatori di eventi Antonio Flamini e Rosella Piergentili, la giovane regista Angelica Gallo (figlia di Mirca Viola), i registi Emanuele Pecoraro, Alessandro Perrella e Michele Vitiello.

Cartellino timbrato per il musicista Eugenio Tassitano, l’avvocato Massimo Biasiotti, gli autori della fotografia Roberto Girometti e Francesco Siciliano, i montatori Francesco Tellico e Ivan Giordano, l’art director e fotografa Laura Camia, il colorista di immagini Sebastiano Greco, lo showman e scrittore Claudio David, il consulente cinematografico nonchè produttore Paolo Di Gravio, l’organizzatrice di cinema Lucia Nolano.

A festeggiare con il loro affetto Pierfrancesco anche il cugino Francesco e i nipoti Chiara e Matteo. A rappresentare la Parker Film erano presenti le signore Monica Vitiello, Rossana Ruscitti e Roberta Pennacchi. Campanella, elegantissimo in completo bluette e un po’ emozionato, è stato un ottimo padrone di casa, destreggiandosi con disinvoltura tra gli ospiti, senza trascurare nessuno.

E per una volta ha rinunciato a sgomitare tra i tavoli imbanditi di tante golosità, lui che è soprannominato dagli amici “il killer dei buffet”. Ma soprattutto se l’è cavata benissimo al microfono quando ha presentato i suoi interpreti con consumato mestiere.

Sarà l’effetto nostalgia ma il docufilm è piaciuto moltissimo a tutti, anche perché Campanella ha trattato la materia senza retorica ma con piglio ironico e grande leggerezza. Dimostrando oltretutto molto coraggio in quanto, per sua scelta artistica, ha rinunciato ad inserire nel lavoro canzoni note o stravisti filmati d’epoca.

Con queste premesse, riuscire a mantenere l’attenzione senza annoiare ma avvincendo lo spettatore grazie a un sapiente montaggio e a un gioco d’incastri molto veloce è già una scommessa vinta!

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