“A cuore aperto”

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Teatro Belli
l’amore non muore mai!
di Patrizio Cigliano
con Maria Cristina Gionta, Patrizio Cigliano
regia Patrizio Cigliano
regista collaboratrice Claudia Genolini
musiche originali Fabio Bianchini
produzione Associazione Culturale Arcadinoè

Apprezzo molto Patrizio Cigliano come attore, regista e scrittore di testi teatrali. Un artista completo dal gusto molto personale e ricco di sfumature in grado di proporre ogni forma di teatro, come ne ho avuto prova dal riuscitissimo “Il Sesso di colpa”, solo per citarne uno. Una vera lezione di teatro che raccoglie e sublima ogni forma di quest’arte. Senza dilungarmi con tutti i suoi lavori, cito l’accurata regia di “Stremate”, prima serie teatrale ideata dalla bravissima moglie Giulia Ricciardi e sviluppata fino ad oggi in ben sette episodi.

Nella proposta di questa sera lo apprezziamo come attento regista e attore. Con lui sul palco c’è Maria Cristina Gionta, artista che ho ammirato in “Regine di cartone” e ne “Il Disegno del gatto”, in quest’ultimo insieme al grande Massimo Wertmuller. Ma numerosissimi sono gli spettacoli a cui ha preso parte e che spero di poter vedere riproposti in futuro.

Nel titolo si celano parole che svelano esattamente quello che accadrà allo spettatore. Il giusto sguardo per vedere la pièce, infatti, è proprio quello del cuore, anzi, di un cuore “aperto”. Tutto trasuda stati d’animo e sentimenti. Sintonizzati sulla stessa frequenza di Patrizio e Maria Cristina, vivremo una moltitudine di emozioni intense e profonde e come obolo lasceremo una sentita lacrimuccia.

Il tema principale è l’ amore, quello che lega due persone per tutta la loro esistenza, resiste alle asperità della vita e fronteggia impavido la morte. I protagonisti sono due anziani coniugi che si sono amati con tanta passione ma che a noi si presentano dopo un’introduzione poetica toccante e romantica fatta solo di gesti misurati, spogliandosi della loro vecchiaia per apparirci com’erano, nelle fattezze di due giovani innamorati. Seguiremo tutto il loro percorso: conoscenza, prime esperienze insieme, attriti con i genitori, separazione a causa della guerra, ritorno, matrimonio e malattia, fino all’epilogo.

La scelta di rappresentare i due protagonisti giovani consente di conservare inalterata la freschezza dei loro racconti.

Un racconto nostalgico che sconfigge il tempo, anzi lo annichilisce grazie ad una bella trovata: il ricordo che ci coinvolge e che viene narrato nello spazio di un’ora e venti, in realtà dura per la coppia solo due minuti! Parafrasando Dante: cos’è una vita se non un semplice battere di ciglia rispetto all’eternità?

I due si incontrano per l’ultima volta, e proprio da questo scaturisce la dirompente cascata di ricordi. Grazie ai rumori in sottofondo, agli stacchi improvvisi, a dei piccoli malori, si intuisce qual è la vera situazione…

Ai due attori si aggiungono le voci registrate di Arnoldo Foà e Maria Rosaria Omaggio, che si fondono piacevolmente nel racconto. Un affettuoso ed emozionante tributo a due grandi artisti scomparsi.

Colpisce la ricchezza di simbologie: i nomi dei protagonisti Giuseppe e Maria; la mela rossa come quella di Biancaneve o quella del peccato originale che passa frequentemente di mano e che, sbucciata, allude alla scelta di mettersi a nudo per rivelare l’essenza di Giuseppe, la sua umanità e i profondi sentimenti. Sbucciata, attraverso il candido colore rispecchia la purezza del suo animo. Particolare è che quella buccia che lui taglia in maniera maniacale e senza interruzione, finisce per rappresentare la sua vita e anche quella di Maria. Simbolicamente, poi, la mela si trasformerà in un tappeto rosso sul quale Maria, una volta srotolato, camminerà a piedi nudi quasi accarezzandolo con i suoi piedi.

I due sono spesso scalzi, forse per sottolineare il contatto con la terra o con la vita ricca di passione, mentre si preparano al passo definitivo con uno spirito di accettazione.

Numerose valigie sono disseminate sulla scena; simbolicamente contengono e proteggono i ricordi della vita, conservandone le emozioni immutate, e sembrano pronte anch’esse per un ultimo viaggio. Dalle valigie, a piccoli brani escono sfavillanti attimi della storia dei protagonisti.

a cuore apertoPiù in là c’è una tinozza. Come un ventre materno, rappresenta l’origine e la fine di tutto, l’ombelico del mondo, l’albero della vita che poi si trasforma in un dolce e ospitale sarcofago e ospiterà in futuro le loro spoglie.

Al suo interno vengono lasciate cadere le lettere che per una vita i due si sono scritti e che hanno conservato per riceverne in cambio delle foto. Ecco allora la tinozza trasformarsi in una immaginaria camera oscura che nelle immagini in bianco e nero immortala gli attimi salienti della loro vita. Saranno esposte come biancheria stesa al vento, a rappresentare il candore di momenti esposti allo sguardo di tutti perché non temono giudizi.

Patrizio e Maria Cristina scelgono quest’ ardua e dura prova da portare in scena, in un testo complesso ed articolato che trasuda grazia e delicatezza, esaltato da un’attenta recitazione. Senza invaderla, riescono ad infrangere la quarta parete stabilendo con il pubblico una profonda sintonia.

“A cuore aperto” mette in scena una vicenda senza tempo in un luogo indefinito, una storia d’amore in cui ogni spettatore può riconoscersi e avvertire un nodo alla gola.

Quello che mi ha colpito più fortemente è il rimorso dei non detti. I due hanno però la fortuna di potersi parlare per un’ultima volta riuscendo a dirsi tutte quelle cose che in vita generalmente si tacciono perché date per scontate, o che rimangono nel timore di ferire l’altro o di essere giudicati. Arrivano così alla fine del viaggio senza più segreti e rimpianti, alleggeriti, a cuore aperto.

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