Politica e malaffare alimentano da sempre la macchina mortale dell’Isis contribuendo ad accrescere un patrimonio ancora pericolosamente cospicuo, che ammonta forse a 500 milioni di dollari
Su History lunedì 25 marzo alle 21.50
Il denaro è la vera linfa vitale del terrorismo. E secondo Hisham Hashimi, esperto conoscitore dei gruppi armati in Iraq: “L’alleanza delle potenze internazionali attraverso la cooperazione dei servizi segreti potrebbe venire a capo di una rete di finanziamenti dell’Isis. Ma oggi l’organizzazione possiede molti investimenti e grandi capitali, dai 250 ai 500 milioni di dollari, con i quali sopravvivere per almeno altri 15 anni”.
Il documentario I soldi sporchi dell’Isis, in onda su History (in esclusiva su Sky al canale 407) lunedì 25 marzo alle 21.50 e prodotto da ARTE France e Little Big Story, ripercorre il fiume di denaro sporco che ha finanziato prima Al Qaeda e poi l’Isis: dai rapimenti al mercato nero di petrolio, dal traffico di droga al contrabbando, passando per il sostegno economico di privati cittadini e autorità pubbliche.
La narrazione inizia infatti con la caduta di Saddam Hussein in Iraq nel 2003 e l’ascesa di Abu Mussad Al Zarqawi a capo del ramo iracheno di Al-Qaeda con il sostegno del presidente siriano Bashar al-Assad. Nel 2014, la nascita del Califfato vede ancora Bashar al-Assad fiancheggiare i terroristi, ai quali cede città come Raqqa e Palmira e che preferisce lasciare queste zone in mano all’Isis piuttosto che all’esercito siriano libero.
Ma le connivenze delle quali l’Isis approfitta non sono solo politiche: la Lafarge, colosso mondiale del cemento, è rimasta in Siria fino al 2014 mentre molte altre grandi società lasciavano il paese a causa della guerra. Come è stato accertato, la Lafarge ha finanziato l’Isis tramite intermediari pur di continuare a gestire uno dei più grandi e proficui cementifici del Medio Oriente, acquistato nel 2007. In quei sette anni, almeno 500mila euro dei 13 milioni di euro versati per mantenere lo stabilimento sarebbero andati all’Isis.
Ma le modalità con le quali il denaro sporco arriva a finanziare i terroristi sono anche molto sottili e sfuggenti. Basti pensare alle carte prepagate, che consentono di mantenere l’anonimato e che sono infatti state usate per l’attacco del 13 novembre 2015 a Parigi. Denaro “smaterializzato” più difficile da controllare dei grandi flussi di denaro.
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