È stato ritrovato tra i volumi e i giornali anni ’50 per annate nel deposito della biblioteca del Ministero degli affari esteri un esemplare di Amos Nattini.
Il volume contiene i primi diciassette canti dell’Inferno stampati con incisione calcografica in carta di stracci di Fabriano. Le immagini sono state restaurate dall’Istituto centrale della patologia degli archivi e del libro per il settimo centenario di Dante in occasione della mostra a lui dedicata. Si rifà alle eleganze dell’Art nouveau rielaborandole con una ricerca anatomica di matrice classica.
Per quel che riguarda la scrittura è importante notare il carattere del latino primitivo che verrà usato una sola volta. Il testo è in oro con impressione litografica a colori. Nella biblioteca ci sono circa 200000 volumi ed è quindi stato questo un ritrovamento assai fortunato. L’opera fu riprodotta per essere venduta ai sottoscrittori del 1920 ma prese fama a partire dal 1919. Le tavole ad acquerello vennero esposte fino al 1939 e Ugo Ojetti fu tra i massimi sostenitori di Nattini per il suo tratto divisionista. Tra una ricercata tridimensionalità dei personaggi, Dante e Virgilio appaiono invece meno definiti. L’immagine de “Le tre fiere”, I canto dell’inferno, fa da proemio a tutta l’opera.
Nel II canto, nella pittura “L’intervento di Beatrice “, si nota la trasparenza dell’anima di quest’ultima e anche Virgilio appare quasi diafano, mentre le figure sono invertite: la Madonna avverte Santa Lucia che avverte Beatrice coinvolgendo a sua volta Virgilio. Il tratto e’ divisionista, ricordando quello di Gaetano Previati, pittore rappresentativo della corrente del Divisionismo italiano.
Nel III canto “Il vestibolo infernale” si giunge sull’Acheronte . Qui i personaggi sono disegnati con muscoli d’ispirazione michelangiolesca, ad esempio i menti risultano squadrati. Nell’ultimo verso del canto terzo un bagliore sconquassa l’orda infernale che sconvolge tutto e fa svenire Dante.
Nel IV canto “Il Limbo” ci sono coloro che non conobbero la vera Fede e non furono battezzati. Si riconoscono tra i raffigurati personaggi notevoli come Omero, Aristotele e anche alcuni mussulmani.
Nel V canto “Paolo e Francesca” l’illustrazione fotografa i due personaggi che allo smettere di parlare vengono avviluppati tra loro. Dante sviene di nuovo e in fondo si scorge Minosse.
Nel VI canto “Ciacco” ci sono i golosi. Tutti sono straziati dalle pene e si vede la rappresentazione della luce bianca dei confini.
Nel canto VII “Avari e prodighi” c’è un momento di passaggio tra le opere pittoriche di ispirazione viennesi e alcune figure più affini al giudizio universale.
Nel canto VIII “La palude stigia” si vedono Dante e Virgilio attraversare il fiume mentre scoppiano diverbi e risse tra gli iracondi, tra cui si scorge Filippo Argenti che si oppose al ritorno del poeta in patria dopo l’esilio. Virgilio parla con i satanassi che non vogliono farlo passare, ma riesce a far fuggire i diavoli.
Nel canto IX “Il messo celeste” si notano il messo divino sotto l’arco, la figura di medusa evocata dalle erinni collocata sull’arco sovrastante la porta e le erinni stesse in cima alla torre.
Nel canto X “Farinata e Cavalcante” Virgilio protegge il suo allievo Dante. Entrando si coglie una luce rossa ed un un campo infinito con l’eresiarca Farinata degli Uberti.
Il canto XII “Il flegetonte” è il primo dei canti che furono esposti a Milano. Dal 1919 in poi Nattini fu pungolato ad essere più organico con l’opera di Dante. Anche se la resa delle prospettive non è granché risulta molto bello il profilo della montagna.
Nel canto XIII “La Selva dei suicidi” c’è Pier delle Vigne la cui anima è imprigionata negli alberi di una selva.
Nel canto XIV “I violenti contro Dio” piovono stelle di fuoco. Il paesaggio appare netto con un tratto tipico viennese fuso ad un tratto più cinquecentesco. Non c’è più disarmonia nel corpo ma tutto si rivela più manierato e le anime non sembrano stare all’inferno.
Nel canto XV “Brunetto Latini” Dante non riconosce il volto del vecchio maestro perché è bruciato. L’immagine invece restituita dal Nattini è più definita mentre i corpi sono belli e armoniosi.
Nel canto XVI “I tre fiorentini” siamo nuovamente tra i violenti contro natura che rivendicano ancora l’esilio per il poeta. L’immagine appare poco infernale, i profili dei personaggi sono ascrivibili al linguaggio pittorico di Maurizio Signorili.
L’ultimo canto, il XVII, “Cerione”, è sugli usurai. Al centro del dipinto compare il mostro con in groppa Dante.
Dunque infine la capacità di Nattini è quella di costruire scorci arditi mentre il suo limite è quello di dipingere solamente il momento che sta vivendo.
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