Finalmente!
Dopo tre mesi sono riuscito a vedere questo spettacolo!
Avevo programmato di andarci a marzo, ma poi purtroppo con il covid… Nel frattempo credo di aver sviluppato un sottile cordone ombelicale virtuale con il teatro. Ho sentito infatti il suo forte richiamo, quello del suo risveglio dal letargo imposto dalla quarantena, e neanche a farlo apposta il primo spettacolo teatrale che vedo è proprio l’ultimo al quale non ho potuto assistere!
Entrare al Teatro degli Audaci è stata una strana sensazione, come uscire da uno stato di ibernazione.
Mi mancava il calore della sala, le sue poltrone, sentire e partecipare ad un applauso, ma soprattuto volevo mantenere quella promessa che avevo fatto agli attori con il mio piccolo sostegno: quello di non lasciarli soli, di supportarli ed incoraggiarli.
Con Flavio De Paola ci eravamo ripromessi che ci saremmo rivisti alla fine della quarantena e così è stato.
Mi ha chiamato a marzo dicendo che le restrizioni gli impedivano di continuare ad andare in scena, ma che non avrebbe mollato, infatti eccolo sul palco.
Lui e altri coraggiosi come lui, che fanno di quest’arte la propria vita, hanno resistito.
Dopo tre mesi perduti di programmazione, e ora le limitazioni, riaprono timidamente i battenti le scene, nonostante tutte le restrizioni…
Lo spettacolo.
A mio modesto parere, il monologo è un passo fondamentale per un attore, ne mette alla luce le capacità.
Non puoi contare su un collega in scena che ti aiuti e devi concentrare l’attenzione del pubblico solo su di te, sui tuoi movimenti, sulle tue parole. Flavio De Paola è un professionista e questo è indiscutibile, passa gran parte del suo tempo sul palco e dirige come direttore artistico il bellissimo Teatro degli Audaci a Porta di Roma.
Qui è il padrone di casa e come tale troneggia sul suo palco in questo effervescente monologo.
Con i suoi occhi profondi e ipnotici trasmette la sua passione e il suo entusiasmo.
Con le sue parole e la sua recitazione si trasforma virtualmente in quella prua della nave che la scenografia sul palco ricrea.
Una nave che dolcemente lambisce le onde del mare e morbidamente le divide per passarci in mezzo.
Le onde sono le nostre teste, quelle del pubblico che al suo passaggio dolcemente scivolano sui bordi di questa immaginaria imbarcazione.
Il pubblico segue il suo monologo, come la scia spumeggiante delle onde infrante segue la nave che l’ha creata.
Così Flavio carica di emozioni la sua platea che rimane ammaliata, incantata dalla sua coinvolgente recitazione.
“Novecento” ricalca in forma di monologo il celebre film di Tornatore ‘Il pianista sull’oceano’.
Flavio fedelmente ripropone la narrazione dell’ amico trombettista Tim Tooney che racconta la storia del celebre ma immaginario pianista.
Durante il trascorrere dell’esibizione è cresciuta sempre più forte in me la voglia di rivedere il film.
Ad ogni battuta di Flavio rivedevo ogni scena di questa pellicola che scorreva nella mia testa evocata da ciò che accadeva sul palco.
Flavio poi imita la stessa voce stridula e canzonatoria di Tim Roth che interpreta Novecento nel film.
Per chi non lo sapesse, il film è tratto da un monologo teatrale di Alessandro Baricco e ritorna sul palco del teatro grazie a Flavio.
Bello e suggestivo il gioco di luci, le voci fuoricampo che si accavallano nel racconto, gli effetti sonori e la tetra e onirica scenografia.
Flavio ha voluto portare lo spettacolo in scena fino al lockdown e ora, durante la fine della seconda fase, con coraggio e impegno di fronte ad una platea a numero limitato a causa delle limitazioni sanitarie imposte, eccolo qui, spavaldo e coraggioso come il personaggio che interpreta.
Guarda negli occhi il suo pubblico ridotto, professionalmente impeccabile si esibisce senza remore con tutto se stesso e questo gli va riconosciuto. E riesce a far risorgere il teatro.
Il pubblico è con lui, gradisce, applaude mentre si agita e si dimena su quella nave carica di emozioni e speranze, intense come quelle degli emigranti imbarcati nella storia e diretti verso l’America che, nei ventidue giorni di traversata, hanno avuto la fortuna di avere come colonna sonora del viaggio la musica di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, ovvero del pianista sull’ oceano, quello del piroscafo Virginian.
Storia piena di parallelismi e analogie simboliche con la vita che Flavio riporta magistralmente per tutto lo spettacolo, tutto d’un fiato senza pause e senza respiro in un unico atto.
Sono contento, contento di aver assistito alla fine del letargo del teatro con questo emozionante esordio.
Non è un urlo di sofferenza quello che ho udito, ma un vagito, quello di una nuova rinascita delle scene.
Grazie, Flavio.