Le preoccupazioni per l’emergenza sanitaria legata a Covid-19 si accompagnano per i frutticoltori alle apprensioni per la crescita della popolazione di cimice asiatica che secondo le previsioni di FEM avverrà nei prossimi mesi con un allargamento, in Trentino, anche in Valsugana e nella bassa Val di Non.
Per preservare i frutteti da questa e altre avversità è partita, intanto, la campagna fitosanitaria, mentre la Conferenza Stato-Regioni ha dato nei giorni scorsi il parere positivo ai decreti sull’impiego dell’antagonista naturale della cimice: la vespa samurai.
La FEM ne prevede il rilascio a giugno, ma intanto nei laboratori di San Michele, grazie anche al sostegno finanziario assicurato dalla Provincia autonoma di Trento, si prosegue incessantemente l’allevamento delle cimici – 12 mila esemplari raccolti – per ottenere uova sufficienti sulle quali moltiplicare il parassitoide.
I lanci inizieranno durante l’estate, ma il percorso per il contenimento sarà lungo e ci vorranno, come minimo, tre anni per iniziare a ristabilire l’equilibrio ecologico nei frutteti. In stretto raccordo con la PAT, in attuazione del Piano di contrasto alla cimice elaborato dalla Provincia stessa con il concorso di tutte le componenti, è tutto pronto quindi per dare avvio a questa importante operazione di riequilibrio ecologico, la prima in Europa dopo anni nei quali l’inerzia legislativa ne impediva l’implementazione.
Danni da cimice e previsioni in Trentino
Lo scorso anno, già alcune aziende collocate sull’asta dell’Adige, hanno conosciuto la potenziale dannosità della cimice, registrando perdite o deprezzamento di prodotto che superavano il 30%. Secondo i modelli di espansione messi a punto dalla FEM si prevede un allargamento delle aree soggette a forte infestazione, che si estenderanno molto probabilmente alla Valsugana e alla bassa Val di Non.
Partita la campagna fitosanitaria nei frutteti
Sulla base di queste previsioni, e in attesa che siano messi a disposizione i parassitoidi specifici efficaci per ristabilire l’equilibrio dell’ecosistema frutteto, si è dato avvio alla campagna fitosanitaria cercando di fare economia dei pochi strumenti di lotta a disposizione, sulla base di una strategia che deve dimostrarsi efficace nel preservare le mele dall’attacco di questo e delle numerose altre avversità biotiche che affliggeranno la melicoltura nel corso dei prossimi sei-sette mesi che ci separano dalla raccolta.
Via libera della Conferenza Stato-Regioni al rilascio della vespa samurai
Intanto ha fatto ulteriori passi in avanti il procedimento di approvazione del decreto ministeriale che dovrà regolamentare il rilascio dell’antagonista specifico, il parassitoide Trissolcus japonicus.
Il 27 marzo scorso si è tenuta la riunione della Commissione degli Assessori regionali all’Ambiente che ha espresso parere favorevole al decreto ministeriale che fissa i criteri per l’immissione delle specie autoctone e il 30 marzo la Conferenza Stato-Regioni ha espresso il parere definitivo, ultimo atto che precede la pubblicazione del decreto ministeriale: ciò darà finalmente modo alle regioni di presentare la domanda al Ministero dell’Ambiente per ottenere l’autorizzazione ad eseguire i primi lanci in campo.
Raccolta massale e programmazione dei rilasci del parassitoide
Proprio in previsione di questa possibilità la FEM si è mossa con largo anticipo, in accordo con l’Assessorato provinciale, promuovendo una raccolta massale di cimici (raccolti oltre 12.000 individui) da mettere in allevamento per ottenere uova sufficienti sulle quali moltiplicare il parassitoide che, ottenuta l’autorizzazione, saranno rilasciate in campo a partire da giugno.
Le procedure di rilascio comprendono: la scelta dei siti, le loro caratteristiche ecologiche e la loro numerosità, la tempistica e i quantitativi di parassitoide da rilasciare per ciascun sito, le modalità di valutazione dell’efficacia di insediamento e degli eventuali effetti negativi. Tali procedure sono state concordate al tavolo di coordinamento nazionale e per il Trentino, l’insieme di queste attività è stato coordinato da FEM in stretto raccordo con il Servizio Fitosanitario Provinciale.
Per il riequilibrio tempi lunghi: tre anni e tanta costanza
La Fondazione Edmund Mach precisa che l’operazione richiederà tempo (non ci si aspetta il contenimento dei danni nei primi tre anni) e costanza: sarà infatti necessario ripetere i rilasci 2-3 volte all’anno per almeno tre anni.
L’obiettivo è quello di far insediare il parassitoide negli ambienti naturali, boschi, siepi, aree non coltivate, laddove ci sono piante ospiti per la cimice che ne consentono la riproduzione e da dove la cimice può migrare massicciamente nelle colture agricole. Non è quindi una operazione di lotta diretta alla popolazione di cimice insediata nel frutteto, ma un intervento indiretto di controllo della popolazione nell’ambiente che solo successivamente si concretizzerà in una riduzione della pressione di infestazione verso la coltura e di conseguenza nella riduzione, se non addirittura l’eliminazione, dei trattamenti chimici per questo fitofago.
Queste previsioni sono fatte sulla base dell’esperienza maturata dall’allora Istituto agrario nei primi anni del Duemila quando la lotta biologica aveva interessato il castagno per combattere la vespa cinese. Prima ancora negli anni Novanta la lotta biologica era stata applicata per il controllo della Metcalfa pruinosa che infestava le colture agrarie e le alberate cittadine. Poi, nel 2004, questo approccio era stato bloccato dalla normativa nazionale.
L’impegno di FEM per la sostenibilità
Da sempre FEM è all’avanguardia nella ricerca, sperimentazione e nel trasferimento tecnologico di metodi, strumenti e prodotti che favoriscano la sostenibilità in agricoltura. Il progetto di lotta biologica alla cimice asiatica si inserisce nella più ampia attività di ricerca di alternative agli insetticidi di sintesi impiegati per il controllo delle avversità che affliggono la frutti-viticoltura: un settore di attività insito nella mission della FEM, e per il quale la Fondazione si è guadagnata un’autorevolezza internazionale.
Grazie, infatti, al lavoro di ricerca e sperimentazione è stato possibile sostituire gradualmente molecole giudicate pericolose per l’uomo e l’ambiente con alternative meno o per nulla impattanti. “Tanto è stato fatto, ma ancora molte sfide rimangono da affrontare – spiega Claudio Ioriatti, dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico-. La tensione verso l’obiettivo di fare della nostra agricoltura un esempio internazionale di produzione sostenibile non è mai venuta meno. Siamo d’altra parte ben consapevoli che ogni contesto colturale, territoriale, climatico e merceologico, richiede delle soluzioni diverse e ha tempi e modalità diverse di implementazione delle stesse. E’ un percorso certamente impegnativo, ma che affrontiamo con il conforto di poter contare sulla sincera e consapevole adesione di tutti gli attori della filiera produttiva trentina”.
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