Corsa per la ricostruzione del Ponte Morandi. Ecco i protagonisti in gara
Da Salini a Pizzarotti, in lizza con le imprese le star e le società italiane di ingegneria
Per la ricostruzione del ponte Morandi in campo ci sono le grandi imprese italiane e internazionali, e accanto a loro le grandi star dell’architettura del mondo, come Renzo Piano e Santiago Calatrava, ma anche una task force di professionisti e studi associati in squadre interdisciplinari, per tenere insieme i temi dell’ingegneria, dell’architettura e del paesaggio, puntando sull’innovazione delle soluzioni, con attenzione alla fattibilità e ai tempi. A queste cordate è stato dato un tempo strettissimo, una decina di giorni, per presentare una soluzione possibile nell’ambito dell’indagine di mercato a cui seguirà la procedura negoziale ai fini dell’assegnazione della commessa. Per fortuna, società di progettazione e imprese da tempo si erano messe al lavoro per studiare scenari e opportunità per il post Morandi.
Oltre a Salini Impregilo che, secondo indiscrezioni, ha risposto alla call promossa dal commissario Marco Bucci cavalcando il progetto di Piano, a Cimolai che da agosto lavora con Calatrava, c’è anche Pizzarotti con la Maffeis Engineering che ha privilegiato una soluzione a doppio tracciato su due livelli sovrapposti non rettilineo, che disimpegna la linea del ponte esistente, da realizzare contestualmente all’eventuale demolizione del Morandi. “Il tracciato del Morandi originario oggi è fuori normativa – commenta Massimo Maffeis con l’esperto di viadotti Massimi Viviani – per un tracciato lungo 700 metri, si richiede una curva di connessione alla galleria con un raggio minimo di 400 metri, che non ci sono a Genova. Per fare un tracciato rettilineo si deve andare in deroga alla normativa”. Maffeis che nel suo gruppo si avvale anche della consulenza di docenti e professionisti come Carmen Andriani e Camillo Nuti ha portato sul tavolo del commissario una soluzione con un impianto planimetrico che non deve aspettare la demolizione e che traguarda all’ipotesi di una piazza urbana da realizzare nell’area sottostante del Polcevera, in vista di un concorso di progettazione annunciato, per ricostruire il tessuto urbano. Il tracciato a due livelli prevede tra l’altro il riuso degli accessi esistenti.
La questione della demolizione e dei suoi tempi rimane un nodo da sciogliere: serve anche un progetto di demolizione, tenendo conto delle abitazioni, della fase di preparazione e delle macerie. Si stima servano almeno 3 mesi, e più di 3 oramai sono già passati. Intanto prosegue il dibattito animato anche dall’InArch e con una petizione lanciata tre mesi fa da Antonino Saggio, ordinario di progettazione alla Sapienza di Roma, che si è tradotta in una lettera a Bucci: “No alla demolizione precipitosa, Sì alla valutazione Costi-benefici”, chiedendo di considerare l’assoluta fattibilità di una conservazione ed adeguamento del viadotto.
Tra le imprese coinvolte nella gara per Genova c’è anche la Rizzani De Eccher, il Gruppo Fagioli e una cordata italo-cinese: la cinese Cccc, nota per aver realizzato il nuovo ponte tra Hong Kong, Zhuhai e Macao che si è associata con l’italiana Salc (Milano), e per la progettazione ha coinvolto 3TI di Roma. Al commissario questo raggruppamento ha inviato più di una proposta, come, secondo indiscrezioni, avrebbe fatto Cimolai con ben 4 proposte di cui alcune studiate con Calatrava. Gli italo-cinesi hanno suggerito una via più rapida, che consentirebbe di svincolare la demolizione dalla ricostruzione, riaprendo il traffico entro 11 mesi e tra le soluzioni c’è anche una versione strallata per oltrepassare, senza interferenze, Polcevera e ferrovia.
In lizza c’è anche un progetto presentato da Italiana Costruzioni che punta a realizzare demolizione e ricostruzione entro 12 mesi, con un costo di poco inferiore ai 250 milioni. Con loro la Maeg di Vazzola (Tv) e Monaco di Roma, insieme ai progettisti Matildi+Partners, Bonifica e Inarpo. “La nostra soluzione – racconta l’ingegner Carlo Vittorio Matildi dello studio associato Matildi + Partners – parte dall’idea di unire in maniera efficace le attività richieste di demolizione e ricostruzione, concetto chiave per ridurre al minimo i tempi di fruizione della nuova opera da parte della comunità. Qualsiasi sia il metodo di demolizione scelto, se prima si deve demolire, sgombrare le macerie e poi ricostruire, non si riesce a stare – realisticamente parlando – nelle tempistiche dettate dalla necessità di fare rivivere Genova a nuovo splendore”. Coniugando questo tema, con l’attenzione all’ambiente antropizzato, è stata studiata una nuova struttura che viene utilizzata per smontare a pezzi il ponte con la stessa metodica usata per costruirlo, a ritroso. “Questo – aggiunge l’ingegner Matildi – sarebbe possibile grazie alla struttura portante d’impalcato ideata, che è costruita all’esterno dell’esistente, quasi ad abbracciarla ed in un certo modo a volere ricucire la ferita lasciata il 14 agosto. La nuova struttura portante diventa così, in prima fase, la via di corsa dei carriponte di smontaggio che, mentre si fabbricano le parti di completamento dell’impalcato, possono operare in quota senza che nulla cada a terra”.
Italferr la società di progettazione del gruppo FS è in campo con Salini Impregilo e Fincantieri. Con Cimolai ha collaborato Seteco Ingegneria.
Sarà una commissione tecnica a valutare le proposte. A seguire, per una rosa ristretta di imprese – come precisato da Marco Bucci – si procederà con una fase di negoziazione.
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