La vita al tempo del Coronavirus

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Considerazioni di un cronista

Non sappiamo quando e come, l’unica certezza che abbiamo è che il contagio da Coronavirus prima o poi finirà.

Nel frattempo l’epidemia si sta progressivamente trasformando in pandemia, considerato il numero dei paesi coinvolti.

Salute, economia, politica, cultura, sono solo alcuni aspetti in cui il virus sta incidendo in modo indelebile.

Nell’era moderna, escludendo la catastrofe dell’influenza spagnola dello scorso secolo, mai si era vista una mobilitazione su scala planetaria di questo tipo.

La Cina, focolaio primario da dove è partita l’infezione da Coronavirus, ha avuto migliaia di morti, e per arginare il contagio ha costretto cinquanta milioni di persone all’isolamento. Un territorio vasto come l’Italia.

Pechino ha inizialmente nascosto la pericolosità della malattia, e i ritardi nell’adottare misure adeguate hanno creato ripercussioni drammatiche in gran parte della Cina, in particolare nella città di Wuhan e nella provincia dell’Hubei, ove tutto ha avuto inizio e che ora sembra ci siano segnali di miglioramento.

La storia ci dirà i veri motivi che hanno generato una simile emergenza.

Forse esperimenti di laboratorio sfuggiti al controllo, forse carenze igienico-sanitarie, fatto è che in Cina ciclicamente scoppiano epidemie gravi, come in passato la Sars o l’Aviaria.

Anche stavolta i contagi sono andati ben oltre confine, coinvolgendo tanti paesi, come Corea del Sud, Giappone, Iran, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti e, soprattutto, Italia, con decine di
deceduti e migliaia di casi accertati.
I dati sono in continua evoluzione.

Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, sono le regioni più colpite. A Codogno e in altri dieci comuni lombardi è stato imposto un cordone sanitario per isolare oltre cinquantamila connazionali.

Nessuno può entrare o uscire. Cordone sanitario che forse sarà esteso ad altri comuni, indicando a tutta la cittadinanza italiana di evitare strette di mano, distanza di un metro l’uno dagli altri, e agli 65 di restare in casa.

Misure finalizzate a contenere il contagio, poiché la scienza finora non possiede strumenti efficaci per battere il virus, e per il vaccino occorre tempo.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha dato la massima allerta, affermando che il Coronavirus è una minaccia potenzialmente più pericolosa del terrorismo.

Parole pesanti come macigni che ovviamente hanno generato preoccupazioni e panico.

Casi di infezioni si stanno registrando in tutte le regioni italiane, contagi in gran parte riconducibili sempre al focolaio della Lombardia.

L’Italia, dopo la Cina, è fra i paesi più colpiti. L’impegno del sistema sanitario è al massimo dell’operatività. Medici e infermieri, con abnegazione e senso del dovere contrastano l’avanzare dell’infezione.

Ospedali per le malattie infettive come lo Spallanzani di Roma e il Sacco di Milano, sono le eccellenze italiane in prima linea. I sanitari del servizio nazionale stanno dando prova di grande impegno, pur soffrendo carenze di organico e posti letto.

L’attuale criticità è un monito al governo attuale, e a quelli passati, riguardo i famigerati tagli alla sanità, che oggi hanno tutto il loro peso negativo, augurandoci nelle prossime leggi finanziarie vengano radicalmente rivisti.

Il Coronavirus, lontano parente della comune influenza, è dunque molto contagioso. I soggetti deboli e anziani sono quelli più a rischio, fortunatamente si registrano tanti casi di guarigione.

E’ un virus non particolarmente letale ma fortemente insidioso, poiché se non controllato, rischia di infettare nello stesso tempo gran parte della popolazione, rischiando di portare al collasso le strutture sanitarie.

Finora il migliore strumento disponibile è la quarantena. Le ordinanze e i divieti determinati del Governo, seguendo le direttive dell’Istituto Superiore di Sanità, stanno incidendo profondamente sulla vita dei cittadini italiani, soprattutto del nord Italia.

Alcune città sono semideserte, musei e stadi chiusi. Anche l’attività scolastica e universitaria è stata sospesa su tutto il territorio nazionale.

Molti approvvigionamenti scarseggiano, sono introvabili le mascherine e i gel disinfettanti e, se si trovano, valgono oro, talmente forte è la speculazione.

Dunque la psicosi c’è ed è inevitabile, soprattutto dopo gli allarmi lanciati dall’OMS e la situazione in Cina, paese che prima o poi dovrà fornire spiegazioni al mondo di questa ennesima epidemia.

Il problema assume aspetti drammatici per l’economia. Il settore turistico è già in crisi. Dall’estero fioccano le disdette dei soggiorni, compromettendo non solo il periodo pasquale ma anche quello estivo.

Aerei e navi da crociera con italiani a bordo vengono respinti. Gli uffici chiudono e le fabbriche sono a rischio fallimento. I danni economici sono incalcolabili, il governo dovrà provvedere in modo incisivo, soprattutto in sede europea, poiché è in atto una crisi paragonabile, se non superiore, a quella del 2008: presto toccheremo le macerie con mano.

Alcuni provvedimenti presi a livello internazionale non sono obiettivi, né logici. Se molti paesi vietano per precauzione i flussi da e per l’Italia, non si capisce perché gli stessi paesi non adottino analoghe misure con la Cina, che è il principale focolaio di infezione con numeri di gran lunga più allarmanti.

Dunque la politica, nazionale ed estera, arranca. Non riesce a trovare accordi efficaci su come gestire una crisi che riguarda praticamente tutti. L’Unione europea sta prendendo contromisure, anche se tardive.

In questo quadro preoccupante e sconsolante, possiamo intanto riflettere su alcune questioni. Ossia rivedere il modello di economia globalizzata che in questi decenni ha dominato nel mondo.

La Cina, ora semiparalizzata, non può più essere l’unica fonte, o quasi, di materiali industriali e manodopera a cui attingono gran parte dei paesi.

Per banche e mercati azionari occorre una rete di salvaguardia diversificata e protetta, per evitare “contagi” anche di natura economica, che possono rivelarsi disastrosi per tutti.

Il potenziamento dello smart working è un’ottima opportunità per lavorare da casa, come anche l’attivazione di connessioni online universitarie per seguire lezioni a distanza.

Paradossalmente la riduzione, o il fermo, di attività di molti impianti industriali, ha contribuito a diminuire notevolmente l’inquinamento atmosferico, Cina in primis.

E’ stata riscoperta l’esigenza dell’igiene privata e pubblica, per esempio come lavarsi spesso le mani e la disinfestazione di locali e mezzi di trasporto. Ci voleva un virus per farlo capire?

Le forzate quarantene hanno generato fenomeni interessanti, inducendo tante persone a rivedere i propri stili di vita, favorendo in molti casi una maggiore vicinanza alla propria famiglia.

Genitori e figli stanno riscoprendo affetti prima opacizzati, dedicando più tempo ai loro cari e condividendo in modo più profondo preoccupazioni ma anche gioie.

Il periodo di quarantena dunque può diventare un’opportunità per dedicare più tempo a sé stessi e agli altri, evitando quella iperattività caotica che contraddistingue generalmente la vita “normale”.

La paura del contagio e le restrizioni obbligatorie, ci invitano a cambiare le abitudini e a ritrovare in qualche modo il senso di certi valori in gran parte perduti.

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