Ripensare l’Italia. Osservazioni di un cronista al tempo del coronavirus

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Il covid-19, più comunemente chiamato nuovo coronavirus, è una minaccia per l’umanità, come ha affermato l’OMS.

E’ una grave forma di polmonite, estremamente contagiosa, che ha già ucciso migliaia di persone in tutto il mondo, soprattutto in Italia, prima assoluta finora per decessi causati da questo implacabile virus, per il quale non ci sono cure adeguate.

Centinaia di importanti laboratori di ricerca sono impegnai nello studio per la realizzazione di un vaccino, ma occorre tempo.

Tutto è cominciato alla fine dello scorso anno in Cina, nella città di Wuhan. I primi casi furono nascosti dalle autorità. Il medico cinese che denunciò l’imminente gravità fu arrestato e messo a tacere.

Ora tace per sempre, perché anche lui è stato vittima del contagio. In pochi mesi l’epidemia si è trasformata in pandemia, travolgendo parte dell’Asia, dell’Europa, dell’America.

Focolai preoccupanti risultano anche in Africa, continente fortemente a rischio, considerando la grande povertà e le carenti strutture sanitarie. In Italia sono state prese molte contromisure, in certi casi tardive e insufficienti.

Circa un mese fa il caso del paziente uno in Italia (probabilmente il paziente zero era un cittadino tedesco), con epicentro a Codogno e altri comuni limitrofi, i quali furono subito dichiarati zona rossa e isolati.

Nonostante ciò l’infezione si è estesa rapidamente, oltre alla Lombardia, in tutto il resto del paese. I decessi che si contano in queste settimane a Bergamo e Brescia sono da ecatombe.

Persone decedute senza neanche la possibilità di celebrare loro un funerale, di porgere l’ultimo saluto. Morti implacabili che avvengono anche fra il personale sanitario in un contesto di gravi carenze di dispositivi ospedalieri e turni massacranti.

I medici e gli infermieri sono i veri eroi moderni di questa pandemia. Occorre ricordare inoltre i tanti sacerdoti che hanno la perso la vita, infettati a loro volta, per dare conforto agli ammalati.

Nonostante le pesanti restrizioni governative, come la chiusura delle attività, la limitazione degli spostamenti, il divieto di aggregazioni, il rischio di pesanti sanzioni anche penali, la cittadinanza sta rispondendo bene, dando prova di eccezionale maturità.

Discorso a parte per quei gruppi di irresponsabili che, con le frequenti fughe dal nord Italia verso il sud, rischiano di contagiare altri cittadini, mettendo a dura prova il sistema sanitario già precario
di altre regioni.

Il paese si mobilita per allestire nuovi posti letto, strumentazioni adeguate, medici e infermieri necessari ad affrontare un’emergenza che sta assumendo dimensioni apocalittiche.

Lo scandalo dei dispositivi insufficienti, come respiratori, tute e mascherine protettive, farmaci, disinfettanti e quant’altro, sono tutti aspetti che ci riportano all’inerzia delle nostre fabbriche, incapaci di produrne perché sono fallite o perché hanno delocalizzato.

D’altronde gran parte del manufatto industriale del mondo riporta la denominazione “made in China“, pertanto da quel paese dipendiamo anche noi.

In queste settimane molti industriali hanno riconvertito i loro stabilimenti per produrre materiale sanitario, altrimenti introvabile.

Viene al pettine la cosiddetta globalizzazione che ha fatto vendere o chiudere tante nostre industrie di primaria importanza, generando disoccupazione e dipendenza da altri paesi.

Come è anche evidente il fallimento delle sciagurate politiche di riduzione di spesa pubblica a danno di tanti settori fondamentali, come la sanità, che, con la chiusura di decine di ospedali, soprattutto quelli specializzati, e la carenza di personale medico e infermieristico, ci ha quasi portati al tracollo attuale.

Adesso siamo costretti a sperare negli aiuti extraeuropei, considerato che finora dalla Ue le risposte sono inadeguate. Gli aiuti americani e, soprattutto quelli più consistenti da parte di russi, cinesi, perfino cubani, sono una vera boccata d’ossigeno, è il caso di dirlo.

A loro va il nostro grazie.

Prima o poi da Bruxelles qualcosa si muoverà, ma con tutti gli interessi che ne conseguiranno. Le frequenti disposizioni governative sono utili ma non incisive, scaturendo perplessità e perfino caos.

Ciò è dovuto a frenetiche norme che spesso lasciano spazio a critiche inevitabili. Il fatto che le persone restano a casa conferma la disciplina e la maturità della maggioranza degli italiani.

Ma quanto può durare la convivenza forzata in un ambito familiare, spesso numeroso, che vive in modeste abitazioni, con bambini piccoli o con disabili?
Argomento che sarà pane per gli psicologi.

Questa crisi ha fatto emergere un’altra questione importante, lo scoordinamento fra regioni e il governo centrale, costringendo alcuni governatori a fare scelte autonomamente e non in linea con Palazzo Chigi.

Chi ha invocato la chiusura totale di uffici pubblici e privati, chi l’esercito, chi tamponi a tappeto e quant’altro. Questo fenomeno ha innescato una spaccatura decisionale fra governo e regioni, determinando vere e proprie prove tecniche di autonomie regionali.

All’incertezza politica si aggiunge il sopravvenuto del dominio scientifico. La scienza medica ci chiede disponibilità e sacrificio per fare fronte alla pandemia. Giusto e sacrosanto.

Tuttavia emergono aspetti da approfondire, scaturiti anche da accentuate divergenze fra medici, come ad esempio affermazioni che il coronavirus era poco più di un’influenza, oppure l’efficacia o meno di fare tamponi a tutti i cittadini, e ancora la tracciabilità sui dispositivi telefonici. Azioni che riguardano anche la tutela della privacy e della libertà individuale.

Purtroppo molti paesi, in primis l’Italia, avranno conseguenze economiche disastrose dovute a questa catastrofe.

Come dopo un conflitto bellico dovrà esserci una ricostruzione, basata su regole diverse, su accordi da modificare, su patti da rivedere.

Governo, opposizione, confindustria, banche, sindacati, dovranno cooperare in un’ottica diversa. Ci vorrà un nuovo Piano Marshall che rinforzi e rilanci le economie più danneggiate, che tuteli cittadini e imprese.

Mario Draghi ha recentemente affermato che l’Italia dovrà aumentare il suo debito, unica via per fare fronte a una recessione che non diventi depressione.

L’Unione europea dovrà garantire tutto ciò, se vorrà sopravvivere a se stessa. Questa sorta di guerra silenziosa e invisibile sta producendo le sue macerie, economiche fisiche e morali.

Un virus sconosciuto e letale che, come la peste manzoniana, riduce intere comunità a tragici lazzaretti. Una pandemia che ci costringe a riflettere e a rivedere le nostre vite.

Tutto ciò è un richiamo verso i valori fondanti che la frenesia della vita moderna ci ha costretti a trascurare. Un segnale forte da una natura avversa che ci costringe a voltare pagina. Un monito per evitare errori futuri.

L’uomo, nonostante la conoscenza e la tecnologia, non è che un semplice passante, spesso dannoso, su questo pianeta, la cui natura attraverso un invisibile virus impone il suo dominio.

Adesso occorre unità e coraggio, tutti siamo chiamati al senso di responsabilità. Questa tragica pandemia segnerà la storia e, quando tutto sarà finito, l’Italia avrà la grande opportunità di ripensare se stessa.

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