Il report, commissionato da Jointly, il Welfare Condiviso, alla società di consulenza BDO, ha calcolato l’impatto sociale del welfare aziendale basato sui bisogni delle persone: gli incentivi fiscali previsti dall’attuale normativa, infatti, non devono essere il fine, ma il mezzo attraverso cui finanziare iniziative virtuose.
I dati emersi si focalizzanosu progetto di welfare aziendale dedicato ai dipendenti con figli adolescenti, per aiutarli a gestire la preoccupazione per il futuro occupazionale dei propri figli.Questo progetto (Push To Open) ha coinvolto complessivamente negli anni 15.000 tra genitori e ragazzi e rappresenta un’operazione di valore condiviso tra aziende, dipendenti e scuole del territorio, che permette di migliorare l’employability dei giovani.
I POSSIBILI NEWS ANGLE DELLO STUDIO:
1) Il Welfare aziendale, quando è fortemente ispirato dal desiderio di dare risposte a bisogni reali dei dipendenti, diventa una leva potentissima per far crescere l’engagement delle persone che lavorano in azienda ed innescare circoli virtuosi tra azienda, collaboratori, famiglie dei collaboratori e territorio circostante.
2) Il peso del welfare aziendale nel ridurre la disoccupazione giovanile legata al disallineamento tra scelte di studio dei giovani e le esigenze del mercato del lavoro
RISULTATI (ALCUNI ESEMPI)
1) Interessante notare che i ragazzi partono abbastanza sfiduciati nei confronti del Sistema Paese: il 41% di loro pensa che il Paese non favorisca la possibilità di intraprendere il percorso desiderato. Dopo il programma, 1 ragazzo su 3 dichiara di aver nettamente aumentato la fiducia verso il sistema e le possibilità offerte. (I giovani che per sfiducia hanno lasciato il nostro Paese nel 2016 erano circa 50mila)
2) Per il 93% dei ragazzi partecipare al Programma ha avuto un impatto concreto sulla scelta del proprio futuro
3) Il 95% dei genitori dichiara che grazie al progetto di orientamento ha potuto aiutare concretamente il proprio figlio a fare una scelta
SCENARIO ITALIA
– 2,190 milionidi ragazziin Italia sonoNEET (dato più alto d’Europa)
– L’Italia è il terzo Paese al mondo con il più alto disallineamento tra scelte di studio dei giovani e esigenze del mercato del lavoro («skillsmismatch»)
– Il 45% dei diplomati, potendo tornare indietro, compierebbe una scelta diversa
– Solo 4 studenti su 10, dichiarano di avere in mano strumenti adeguati per fare una scelta consapevole
Scrivi a: redazione@viviroma.tv