di Romina Pepe
Intervista a Marco Visentin che presenta il suo libro I ditteri
Raccontaci un po’ di te
Sono un essere umano di 46 anni e mezzo, di sesso maschile, poi ti potrei dire un sacco di dati sensibili, tipo religione, credo politico, orientamento sessuale e perfino qualche dato relativo alla mia salute, ma mi astengo. Sono giornalista e da un paio d’anni insegno filosofia e storia in un liceo romano.
Presentaci il tuo libro
I ditteri è un romanzo di 184 pagine. Costa 16 euro, nelle librerie on line anche qualcosa di meno e in ebook 8,99 euro. Parla di una studiosa di insetti che ipotizza che le mosche abbiano capacità telepatiche e che queste facoltà siano trasferibili all’uomo. L’universo che la circonda è un sistema politico dove la democrazia è pura forma, dove l’accumulazione capitalistica e finanziaria prevale su tutto e dove la tolleranza è esercitata fintantoché ciò che c’è da tollerare non dà troppo fastidio.
A che cosa ti sei ispirato?
Mi sono ispirato a diverse costruzioni teoriche. Volevo sviluppare un lavoro sul contemporaneo, caratterizzato dalla medietà dell’uomo. Nessun comportamento, obiettivo, sentimento alto e basso. Nessun eroe o antieroe. Solo atteggiamenti e modi di sentire caratterizzati da incompletezza e incompiutezza. Poi volevo lavorare su un universo dicotomico, dove apparire ed essere, strumento e fine, costituzione e destinazione si contrapponessero in maniera sistematica. Infine, ho cercato di costruire, ma senza prendermi troppo sul serio, una costruzione dialettica di tipo hegeliano, caratterizzata dal togliersi del sé per riapparire a uno stato di maggiore consapevolezza.
Quanto di autobiografico c’è nel romanzo che hai scritto?
Molto, senz’altro. Ma gli episodi della mia vista sono tutti molto rielaborati, al punto che penso di averne quasi sbianchettato le radici.
Il titolo indica un lemma poco noto. Che cosa significa?
I ditteri nel suo essere termine medio e poco conosciuto tra i termini più noti ‘insetti’ e ‘mosche’ rende conto del tema dell’incompletezza di cui ti ho già parlato. Ditteri poi etimologicamente significa «due ali»: è un nome che evoca dunque opposizione, alienazione e idealismo assoluto.
Per scrivere il libro hai avuto bisogno di approfondimenti particolari?
Sì, ho dovuto studiare molta letteratura scientifica, biologia, tecniche di laboratorio, e anatomia, e consultare diversi amici che si occupavano di queste discipline.
Come hai costruito i personaggi. Sono reali o inventati?
Sia l’una che l’altra. Si tratta di personaggi nuovi, caratterizzati dai volti di Caio, da alcune caratteristiche di Tizio e da altre di Sempronio, e riunite come mostri mitologici dalle sembianze umane nel mio romanzo.
Quanto c’è, di te, nel tuo libro?
In quanto storia di un vissuto totalmente rielaborato, c’è tutto di me. Ma poi, come io non mi esaurisco nel romanzo, anche il romanzo esce da me e prende direzioni che mi oltrepassano di continuo nelle letture degli altri.
Cosa ne pensi dell’editoria italiana?
Immagino che tu ti riferisca alla mia esperienza di pubblicazione, e alle consuete difficoltà per un autore di trovare un editore competente e onesto. In questo sono stato fortunato. Naturalmente, in quanto piccola casa editrice, abbiamo problemi distributivi e talvolta i librai sono caduti nell’equazione «Questa casa editrice non la conosco, ergo: si tratta di editoria a pagamento». Però i riscontri della critica sono tanti e tali che stiamo superando ogni resistenza. Esternamente alla mia esperienza, è chiaro che gli italiani sono un popolo che legge poco, come testimoniano i dati Istat su La produzione e la lettura di libri in Italia del dicembre scorso. E in questo contesto, è difficile fare e ricevere una editoria di qualità.
Che tipo di esperienze hai con l’editoria?
Da giornalista fino a due anni fa ho lavorato nell’editoria specializzata, dedicata al mondo degli enti locali prima e delle politiche scolastiche poi, e continuo a lavorare nelle recensioni degli spettacoli dal vivo. Le dinamiche di questa editoria, seppure alle prese con la stessa necessità di far quadrare i conti dell’editoria generalista, sono completamente diverse da quest’ultima.
Hai mai pensato a uno slogan per convincere il pubblico a leggere il tuo libro?
Tenendo conto che anche le zanzare ematofaghe appartengono all’ordine dei ditteri, con degli amici avevamo coniato lo slogan «La prossima estate i ditteri tormenteranno chi non li leggerà questo inverno». Però è troppo minaccioso. Ai lettori chiedo di informarsi sul mio libro, di cercarlo su Google (qui ci sono anche le recensioni) e capire se può essere di loro interesse e che giudizio ne dà chi l’ha già letto. Una volta letto, chiedo loro di regalarlo, di prestarlo, di consigliarlo, se ovviamente è piaciuto a loro, ma anche di sconsigliarlo se a loro non è piaciuto. Perché il passaparola per i libri delle piccole case editrici è tutto.
Dove possiamo contattarti?
Ho una pagina Facebook del romanzo che seguo in prima persona https://www.facebook.com/ditteri. Qui è possibile trovare la copertina, la quarta di copertina ed eventualmente come comprare il romanzo: https://www.facebook.com/pg/ditteri/about.
Poi i profili Twitter https://twitter.com/visemarco e Instagram https://www.instagram.com/marcovise71/ personali, che si ricollegano al romanzo.
Però quello che più conta è l’incontro di persona.
Nelle prossime settimane, farò due incontri su I ditteri a Roma, il 2 febbraio alla biblioteca Tullio De Mauro a San Lorenzo https://www.facebook.com/events/1996186643997928 e il 16 febbraio alla biblioteca Goffredo Mameli al Pigneto https://www.facebook.com/events/236723026866149. Spero di vedervi dal vivo in una di queste occasioni!
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