“L’arte mi ha aiutato a superare un momento difficile. E’ stata terapeutica”
Ho visitato la sua mostra e sono rimasta colpita dalla sua arte tanto da chiederle un’intervista. Daniela non si è tirata indietro ma anzi ha accettato con entusiasmo.
Ci siamo date appuntamento telefonico e da qui è iniziata una conversazione in cui arte e vita si sono intrecciate in un connubio interessante. La sua è la storia di un’artista a 360 gradi che però arrivata alla soglia dei 30 anni ha deciso di abbandonare la musica per dedicarsi all’arte.
Come e perché sia arrivata a questa scelta è una delle domande che le ho posto. E la sua rivelazione mi ha lasciata di stucco. A volte infatti la vita si diverte a scompigliare le carte senza magari darci la possibilità di essere di fronte ad un bivio. E’ una possibilità che dobbiamo trovare dentro noi stessi, arraffandola con un sorriso. E’ quello che ha fatto Daniela quando ha deciso di rinunciare alla musica.
In questa intervista, Daniela ci racconta qualcosa in più della sua arte tra passato e rinascita.
Daniela, con la tua arte dai vita e bellezza a oggetti destinati alla discarica. Cosa c’è dietro questa scelta? Protesta o messaggio?
Con la mia arte cerco di trasmettere dei messaggi. A me piace raccogliere e riciclare per dare vita alle cose. E’ come se le volessi donare al tempo. Sai, quando gli oggetti hanno esaurito il loro uso tu le prendi e le butti via. Invece dandole un’altra funzione restituisci all’oggetto la sua dignità e il suo valore senza vanificare ciò che è stato.
Quando sei stata sedotta dagli scarti? C’è stato un evento, un momento particolare?
Il contatto con la natura mi ha ispirata. Siccome da bambina non avevo tanti giocattoli cercavo di rielaborare ciò di cui disponevo trasformandolo in gioco. Ho sempre riadattato ciò che avevo. In Sicilia in occasione della festa dei morti si regalavano i giocattoli. Mi costruii un fucile con il legno, una chitarra e anche dei microfoni.
Le tue creazioni sono frutto di attimi fulminanti di ispirazione o necessitano di lunga maturazione?
Non sono frutto di maturazione. Prima di lavorare sulla fotografia volumizzata mi sono dedicata alla frammentazione degli oggetti. Gli oggetti frammentati venivano poi assemblati all’interno di un quadro prendendo una nuova essenza. Ancora oggi cammino per strada e quando la mia attenzione si concentra su un oggetto vicino ai cassonetti mi fermo, lo guardo e lo contemplo. Se nella mia immaginazione l’ho già trasformato me lo prendo e lo porto via. La stessa cosa avviene con la foto. L’altro giorno una signora mi ha portato due foto di suo figlio di cui una sulla moto. Io a livello emotivo non ho sentito nulla. Poi me ne ha mostrata un’altra in cui il figlio era girato di spalle con alcune persone sullo sfondo e in quel momento ho visualizzato il quadro.
Nella tua ultima mostra c’è il quadro di un ragazzo che esce dal muro.
Al cartone in quel caso ho dato la funzione del muro. Appena ho visto la foto di Alfonso già avevo immaginato di farlo uscire dal buio.
Nell’ultimo periodo ti sei dedicata alla fotografia volumizzata. E da qui è nata una mostra. Quali sono state le reazioni del pubblico?
Prima di allestire questa mostra ho fatto una personale e poi ho partecipato tre giorni ad una maratona di arte. Ho ricevuto molti consensi. La cosa che mi ha sorpreso è che questa tipologia di arte attrae sia gli amanti della pittura che quelli della fotografia. Ci sono state due amiche che quando sono venute a vedere l’ultima mostra sono rimaste rapite. Infatti, una mi ha commissionato un quadro da fare e l’altra ne ha comprato uno. E’ stata per me una conquista pazzesca perché sono arrivata lì dove 10 anni prima mi sembrava impossibile arrivare.
Nelle tue opere ricorre spesso il mare. E’ il tuo luogo dell’anima?
Sono nata in Sicilia vicino al mare. Lo amo e quando guardo dei paesaggi marini mi rigenero. Tutte le ispirazioni fotografiche partono da lì.
L’arte ti ha aiutato a superare anche momenti difficili della tua vita.
E’ stata terapeutica. Nel 2012, anno in cui ho realizzato il mio primo quadro di fotografia volumizzata, stavo molto male. L’arte mi ha aiutata tantissimo perché ho canalizzato il dolore. Lavoro senza musica perché voglio ascoltare i miei pensieri e mi perdo in questo flusso di immagini che per me diventano una terapia.
Mi ha colpito molto il fatto che stavi rischiando una carriera musicale e che sei arrivata ad un passo da Sanremo. Cosa ti ha spinto a cambiare rotta?
Nasco come musicista e la mia prima canzone l’ho scritta a 9 anni. La musica ha sempre fatto parte della mia vita. Poi a 30 anni quando ero arrivata all’Accademia di Sanremo ho preso una batosta. Mi era stato detto che preferivano investire su talenti giovani. Questa esperienza mi ha deluso talmente tanto che quando sono tornata a Roma non ho più cantato né scritto nulla. Nel 2001 ho ripreso a suonare pianoforte per scrivere l’ultima canzone. Ho deciso poi di abbandonare tutto tanto che ho venduto tutto. Sono venuta a contatto con una realtà che non mi aspettavo. Per me deve emergere chi ha stoffa a prescindere dall’età.
La musica quindi rimane un grosso rimpianto.
Non più un rimpianto perché dopo anni sono riuscita a metabolizzare la batosta. Sono venuta a Roma per sfondare nel mondo della musica. Dopo Sanremo non ho voluto più saperne tanto che quando oggi mi dicono di cantare ci rinuncio. Ogni tanto mi ascolto le canzoni che avevo scritto ma senza nostalgia. E’ una fase della vita che ho superato.
C’è un’opera che ti rappresenta e che parla di te come persona?
L’opera “Mondo a colori”. E’ molto bella e colorata. Mi rappresenta perché sono una persona solare e positiva.