“Con il nostro spettacolo vogliamo farvi scoprire il piacere della lettura”
Sono belli, carismatici e attori di successo. Quando entro nei loro camerini l’emozione è mista ad imbarazzo. Basta rompere il ghiaccio con la prima domanda però. E così, tra una risata e l’altra, inizia la mia intervista a Gianmarco Saurino e Francesco Montanari che hanno deciso di cimentarsi in un’operazione complessa portando in scena il testo di Italo Calvino “Perché leggere i classici?”. Un quesito a cui è difficile dare una risposta considerando che in Italia pochi leggono. Ne abbiamo parlato con Gianmarco e Francesco che oltre a parlarci dello spettacolo ci hanno confidato qualcosa in più sulle loro letture preferite. Un “interrogatorio” letterario a cui non hanno proprio potuto sottrarsi e che magari vi rivelerà delle sorprese. Chissà!
Gianmarco, Francesco sarete al Teatro Vittoria fino al 7 aprile con lo spettacolo “Perché leggere i classici” tratto dall’opera di Italo Calvino. Come mai la scelta di portare questo testo in scena?
Francesco: Abbiamo scelto di portare sul palco questo testo in considerazione del fatto che poche persone leggono. Allora ci siamo posti una domanda: “perché non si legge?” o viceversa “perché bisogna leggere?”. A prescindere dalle risposte formali che si possono dare, abbiamo cercato attraverso l’autorevolezza di Italo Calvino di capire perché sia così importante leggere i classici. Siamo partiti dal suo articolo e abbiamo strutturato lo spettacolo in modo che Gianmarco alias Calvino leggerà dei brani tratti dalle sue opere mentre io, come Caronte, traghetterò il pubblico alla scoperta dei classici. Non ci piace definirlo spettacolo nell’accezione classica del termine ma un momento di condivisione, di riflessione anche divertente, con il pubblico. E alla fine speriamo che qualcuno entri in libreria a comprare un libro (ride).
I recenti dati Istat parlano chiaro. In Italia si legge poco. Secondo voi la scuola è in grado di comunicato il valore di un classico oppure ci allontana dai grandi libri?
Francesco: Questo è un argomento che viene ampiamente trattato nello spettacolo. Calvino sosteneva che la scuola ti obbliga a fare determinate letture ed è normale reagire con rigetto a qualcosa che viene imposto. Secondo me la scuola deve fornire una possibilità che poi attraverso le esperienze di crescita provi o meno a cogliere. Non credo che sia solo una problematica scolastica. La lettura richiede impegno e concentrazione. E’ come imparare una nuova lingua.
Gianmarco: E’ una questione di attenzione anche secondo me.
E a tal proposito voglio sapere qual è stato il libro che avete odiato di più a scuola e che avete poi rivalutato da grandi.
Gianmarco: La Divina Commedia. Non l’ho mai studiata perché odiavo l’insegnante di italiano e uscito da scuola con il tempo mi ci sono riavvicinato.
Francesco: Tantissimi. Mi sono sempre dedicato a letture pesanti e difficili che però non mi avevano dato a scuola. Poi con il mio mestiere sono venuto a contatto con testi che molti miei colleghi hanno studiato in Accademia spaccandosi la testa per capirli. Io invece ho avuto un approccio più tranquillo.
Il libro che vi ha aperto gli occhi o in qualche modo ha operato una rivoluzione ‘dentro’?
Gianmarco: “Chiedi alla polvere” di John Fante. E’ uno dei libri più belli che ho letto.
Francesco: Ti cito due opere di Liev Schreiber, “Ogni cosa è illuminata” e “Molto forte, incredibilmente vicino”. E poi “Pastorale americana” di Roth.
Il libro che avete sul comodino.
Gianmarco: “L’Arminuta” di Donatella Di Pietrantonio. Assomiglia molto al romanzo “L’amica geniale” ed è ambientato in Abruzzo. E’ stata una bella scoperta.
Francesco: Io sto leggendo l’opera prima di Philip Roth “Lasciare andare”.
Convincete i nostri lettori a venire a vedere lo spettacolo.
Gianmarco: Io parto dal presupposto che se stanno leggendo un articolo sul quale è recensito uno spettacolo che parla di lettura probabilmente dovrebbero venire perché sarebbero avvantaggiati rispetto agli altri. E’ un’operazione folle sotto alcuni punti di vista perché teatralizzare un articolo di giornale è complicato. Credo che possa servire perché il dialogo tra gli attori e il pubblico può portare ad una risposta.
Francesco: Io ti rispondo “perché no?”. Noi attori che recitiamo sul palco siamo troppo coinvolti e siamo di parte. Gli spettatori però dopo aver visto lo spettacolo potranno dire se ne è valsa la pena.