“Nella vita bisogna avere curiosità perché così si hanno più frecce nella propria faretra da poter tirare”
Quando arrivo in teatro, lui è già in platea ad accogliermi. Mi prende le mani stringendole tra le sue ed esclama “ha le mani congelate. E’ freddolosa?”. Mi limito ad annuire sciogliendomi in un sorriso. Leo Gullotta è uno dei miei ricordi dell’infanzia. Glielo accenno pure mentre ci sediamo in camerino davanti ad uno specchio. Come dimenticare la mitica signora Leonida nel celebre programma de “Il Bagaglino” o la parodia ringhiante di Maria De Filippi.
Leo però è anche altro. In questi anni, è riuscito ad imporsi con il suo immenso talento al cinema e in teatro regalandoci interpretazioni impeccabili, intrise di grande umanità. E proprio nello spettacolo “Minnazza – Letture tra i miti e le pagine di Sicilia”, Leo dimostra di essere un uomo sensibile, devoto all’impegno civile e custode della memoria. Parlando con lui, emergono riflessioni importanti sulla vita e sul quotidiano. Le sue parole sono davvero un invito a riflettere.
Leo, dal 26 al 28 aprile l’abbiamo ritrovata al Teatro Arcobaleno nello spettacolo “Minnazza-Letture tra i miti e le pagine di Sicilia”. Ce ne parla un po’?
Ho voluto portare questo spettacolo al Teatro Arcobaleno per un principio di solidarietà considerando la difficile situazione in cui versa oggi il teatro italiano. Il palcoscenico è stato trasformato in un terrazzo siciliano in cui d’estate tra bicchieri e piattini si discute e ci si confronta. E’ come se il pubblico fossero gli amici che vengono a trovarmi a casa. Il titolo Minnazza trae ispirazione da una piccola statua, la Venere di Willendorf del Naturhistorisches Museum di Vienna, che racchiude tra i suoi seni rigogliosi ventiseimila anni di storia. Dobbiamo tornare al latte materno e dobbiamo riappropriarci della nostra vita e dei nostri pensieri. In questo spettacolo, ho voluto ricordare gli eroi dell’impegno civile come Borsellino, Falcone e il giornalista Pippo Fava perché noi italiani con troppa facilità abbiamo perso la memoria. Vogliamo perderla davvero o siamo indotti a perderla da fermo immagini sociali? Questa è la domanda che dobbiamo porci.
Uno spettacolo che ci invita a riflettere sul confronto tra passato e presente. Proprio a tal proposito, parlando della differenza tra i giovani di ieri e di oggi, cos’è cambiato nel corso degli anni? La nostra epoca è depressa o maniacale?
La differenza risiede nel fatto che un tempo non c’era niente e si aveva maggiore fantasia. Oggi, i giovani sono schiavi del telefonino. Vivono immersi in una realtà che non è quella reale. Sono confusi e non riescono più a meravigliarsi di ciò che li circonda. Basta scattarsi un selfie per rendersi protagonisti. La nostra epoca è manica depressa proprio a causa del bombardamento tecnologico che spinge a stare sempre al passo degli altri e mai indietro. In questo modo, ognuno finisce per avere un pensiero che non è il proprio ma è quello degli altri.
E infatti sui social regna l’ignoranza.
Hai detto bene. Oltre all’ignoranza, ci leggo dentro tanta rabbia e frustrazione. Tutte le volte che incontro gli studenti nelle università cerco di portargli un messaggio ben preciso e cioè che la vita è la loro e non degli altri. E’ importante credere nei sogni senza che questa parola sia considerata pura astrazione. Per raggiungere degli obiettivi, bisogna studiare e capire perché prima di ogni altra cosa il successo è quello che si ha verso noi stessi. Senza lo studio non si ottiene nulla. Il pensiero, la riflessione e l’elaborazione mentale sono le frecce di una faretra. La curiosità è alla base della vita.
Quali sono gli elementi che la colpiscono e affascinano maggiormente come spettatore, e quale il testo o i testi che trova più intriganti o che le sollecitano riflessioni?
Per mia fortuna, faccio un mestiere che mi fa accostare teatralmente o per lettura a testi che stimolano riflessioni verso il pensiero e la vita. Anche nel negativo c’è sempre da imparare qualcosa. Bisogna riflettere nel bene e nel male e sapersi scegliere gli incontri. Perché sono quelli a cambiare il nostro destino.
Nello spettacolo, parla anche della sua infanzia trascorsa a Catania. Che bambino era? E qual è stata la lezione più grande che le hanno dato i suoi genitori?
Durante gli anni 60, Catania era una città in lenta ricostruzione. Sorridevano tutti e non esistevano odio né divisioni. Nel periodo della mia carusanza (adolescenza in dialetto siciliano) vivevo di fantasia e di curiosità. Sono stato l’ultimo di sei figli. Papà ci ha mandato tutti a scuola facendo tanti sacrifici per farci studiare. Vivevamo in un quartiere popolarissimo di Catania detto il Fortino, un monumento in pietra lavica, regalo di Re Ferdinando alla figlia che si sposava. I miei genitori mi hanno dato un bene prezioso, la vita. Mi hanno inondato di attenzione e di affetto. Purtroppo papà è venuto a mancare quando avevo 18 anni. Le racconto un aneddoto. C’è stato un momento in cui mi sono ritrovato a fare teatro senza che avessi avuto un particolare fuoco sacro. Prima di quel momento ero un insegnante di storia dell’arte. Un giorno andai da mio padre chiedendogli cosa dovessi fare del mio futuro. E lui mi rispose con queste parole: “sai, mi darebbe molto fastidio sapere che a 50 anni ti ritrovi a fare un lavoro che io ti ho imposto”. E’ stata una meravigliosa lezione nel responsabilizzarmi verso la vita. I miei genitori mi hanno comunicato serenità e tranquillità.
Cosa le manca di più della sua terra?
La Sicilia manca sempre. Chiunque nasca nel mondo, in qualsiasi parte, rivendica la sua radice. A 73 anni mi reputo fortunato perché ho fatto quello che volevo fare indipendentemente dal talento. Sono sempre affascinato da ciò che mi circonda. Non sono sul piedistallo perché quando traballa si cade e ci si può far male. Sorrido a quello che è capitato e che mi capita nella vita. Non ho mai accettato il pensiero di vivere in una torre d’avorio.
Parlando di educazione e di valori, la scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo?
Secondo me il problema non sono gli insegnanti che nella maggior parte sono persone meravigliose. Purtroppo i ragazzi sono continuamente schiaffeggiati dalla mala amministrazione politica. Negli altri Paesi pur essendoci la stessa situazione economica e politica non si è mai sottratto un euro alla scuola e nemmeno alla cultura. Qui in Italia invece ogni volta che subentra una nuova classe dirigente politica si fanno tagli e a risentirne è la formazione dei giovani. Alla base c’è l’incompetenza e la disumanità dei nostri politici che comunicano scientemente odio e violenza.
Riguardo alla situazione politica che stiamo vivendo, non ritiene ironico il fatto che noi italiani, popolo di emigranti e quindi immigrati per gli altri paesi, ci troviamo oggi a fare i conti con il nostro razzismo nei confronti di persone che per molti versi dovrebbero ricordarci il nostro passato?
La situazione politica che stiamo vivendo è brutale e imbarazzante. Da cittadino mi stupisce che un Ministro dell’Interno si faccia i suoi selfie nel luogo in cui dovrebbe lavorare e che poi queste foto vengano trasmesse nei telegiornali come fossero veri e propri servizi giornalistici. La politica di chi vuole far parte della nave dei vincitori pur di portarsi a casa un biglietto gratis per il cinema o per il teatro è disgustosa. La ricerca disperata e continua del diverso si muove sempre sulla cresta della superficialità. Che senso ha svuotare i centri con la ruspa, mi chiedo. Più le persone vengono isolate e lasciate per strada più si alimenta un clima di paura che di conseguenza genera violenza.
Ha concluso da poco le riprese del film sul delitto di Piersanti Mattarella.
È un tributo alla memoria di Piersanti Mattarella, il fratello dell’attuale Presidente della Repubblica. Fu assassinato da Cosa nostra a Palermo nel 1980, mentre era presidente della Regione Siciliana. La regia è di Aurelio Grimaldi, con un cast siciliano composto oltre a me, da Nino Frassica, Tuccio Musumeci, Pino Caruso, Pippo Pattavina, Toni Sperandeo, Donatella Finocchiaro, Lucia Sardo e Guia Jelo.
Come riuscire a far combaciare l’età e la mentalità su un arco di tempo di una vita?
Semplice. La vita è quella che ho vissuto e sto vivendo. Comincio un po’ ad arrabbiarmi sapendo che poi dovrò abbandonarla. Ma tanto si sa che la vita è un’apertura e un’immediata chiusura di finestre.
Recentemente si è svolto a Verona il congresso mondiale delle famiglie. Teme che in Italia si possa arretrare sul fronte dei diritti civili?
Grazie per la domanda. L’ho trovato imbarazzante. Ciò che mi fa provare rabbia è il fatto di temere che dietro questo ci sia stata premeditazione. E’ stato qualcosa di studiato e pianificato in anticipo. Il cittadino invece di riflettere accoglie senza battere ciglio. Siamo tornati al Medioevo.
C’è un episodio curioso della sua carriera che le piacerebbe svelare ai nostri lettori ?
Non devo svelare nulla perché ci ho sempre messo la faccia. Ogni persona che ho incontrato nel corso della mia carriera mi ha regalato qualcosa che appartiene alla vita. Non ho mai provato sentimento di invidia nei confronti di alcuno. Magari ho potuto giusto invidiargli la bravura (ride).
Altri progetti?
Da ottobre in poi riprenderò per il secondo anno consecutivo la tournée dello spettacolo “Pensaci Giacomino”, un testo di Pirandello che ha ricevuto molti consensi di pubblico. E poi andrò in Toscana per interpretare Bartleby lo scrivano di Melville.