Alessandra Merico, “Un’eroina moderna” e la “Sua vita grama”
TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona
Divertente e schietta, Alessandra Merico è una bravissima artista che ho avuto modo più volte di vedere in azione. Ancora mi devo riprendere dalla sua ultima opera “Io e Kate” in compagnia del grande Enzo Casertano, uno spettacolo esilarante scritto e interpretato da questa grande artista e drammaturga.
Oggi siamo qui per fare due chiacchiere insieme a lei sul suo nuovo monologo “Vita grama di un’eroina moderna” che presenterà al Teatro Testaccio il 14 e il 15 gennaio.
Di che spettacolo si tratta?
“Vita grama di un’eroina moderna” è uno spettacolo che nasce da un percorso personale di rinnovamento della mia dimensione di scrittura e interpretazione. E’ un monologo comico rivolto direttamente al pubblico che attraversa anche alcuni personaggi singolari che vado ad interpretare sulla scena. All’inizio dell’opera c’è un prologo in cui la protagonista affronta le sue problematiche interiori, attraverso una rielaborazione ironico sarcastica di come non cadere nel “trito e ritrito” o nella volgarità facile, per arrivare a un epilogo in cui la stessa prova a prendere il volo e ad allontanarsi da ciò che non sente non essere più in grado di rappresentarla. In buona sostanza si tratta della storia di una donna che affronta l’esistenza di tutti i giorni attraverso un confronto con i miti del quotidiano: i social, gli ideali di perfezione imposti dalla società, gli amori finiti, le aspettative mancate della vita lavorativa. Una donna che vorrebbe essere una supereroina ma si trova a fare i conti con la sua fallibilità.
Ho saputo che hai debuttato in Umbria, nel mese di novembre 2021 con questo spettacolo e che hai avuto ottimi riscontri, me ne parli?
Debuttare con uno spettacolo comico non è mai facile, non sai se quello che hai scritto funzionerà sulla scena. Devo dire che il pubblico umbro è stato molto generoso e affettuoso e lo spettacolo è stato davvero apprezzato. Ho sempre considerato il monologo un passo importante per un attore, dove le sue potenzialità e la sua preparazione vengono alla luce, così come eventuali lacune o fragilità. Sbaglio?Sicuramente stare da soli in scena ti mette a contatto con il mestiere senza alcuna rete di protezione. La tecnica e la preparazione dovrebbero essere alla base di qualsiasi iniziativa artistica, ma, il confrontarsi da soli col pubblico, senza colleghi sul palco, ti mette davvero a nudo. Però è anche la cosa bella di questa modalità: quella di offrirti la possibilità di darti completamente, di far vedere tutti i registri recitativi di cui sei capace e, nel mio caso, di far veicolare il testo che ho scritto in modo diretto tra me e chi ho davanti. E’ una magia che si compie, uno scambio di energia che per me, non ha eguali.
Lo spettacolo è frutto di fantasia, di esperienze personali di persone che conosci o delle tue?
I miei monologhi nascono sempre dall’unione di pezzi comici brevi che sperimento nelle varie serate e che, successivamente, vengono selezionati, rielaborati e assemblati per far parte di un disegno più grande. E posso dire che quasi tutto quello che scrivo nasce da un vissuto personale, interiorizzato, rivisitato e corretto. Quindi anche “Vita grama di un’eroina moderna” parla di tanti episodi, vissuti negli ultimi due anni, selezionati e scelti perché ritengo abbiano degli spunti che possano interessare a tutti.
Nella sinossi che mi hai mandato si parla di una sorta di conflitto tra il passato e il futuro. Me ne parli?
Io sono sempre molto in conflitto tra passato e futuro, tra ciò che è bene tenere e portarsi con sé come bagaglio, e cosa invece è da considerare una zavorra, possibilmente da abbandonare per proiettarsi più consapevoli e leggeri verso il futuro. E questa è una riflessione che cerco di ampliare anche nelle cose che scrivo. Il ruolo della donna nella società si sta evolvendo velocemente, i ruoli in generale stanno perdendo i loro confini negli ultimi anni e questo porta novità, cose nuove e belle, ma anche paura e confusione. Citando Zero Calcare io mi sento un filo d’erba in questo caso, non voglio la responsabilità delle scelte del mondo sulle spalle, non so cosa è giusto tra “essere” o “apparire”, tra “social” e “no social”, tra una donna che soffre e una che si lascia scivolare le cose addosso. Ho solo domande, che sono le mie, e mi piace condividere le esperienze e i timori con chi mi starà a sentire, mi fa sentire meno sola, meno spaventata.
Mi incuriosisce questa visione della donna moderna in relazione alla tragedia greca, me la puoi spiegare?
Sono cresciuta con i libri di mitologia tra le mani, poi il liceo classico e infine l’amore per il teatro mi ha legato alla Grecia e alle sue eroine tragiche che sento incise nel Dna come se fossero mie ave. E chissà, forse lo sono, io sono nata in Puglia. Trovo che il mondo di oggi ci spinge a mostrarci invulnerabili e vincenti, e questo è davvero poco affascinante ai miei occhi. Trovo invece nelle storie di queste donne una forza, che deriva dall’aver accettano i loro demoni, le loro imperfezioni e le loro azioni, molto più interessante per me. Il dolore fa parte della vita, così come gli sbagli e i punti neri. I filtri che mettiamo tra noi e ciò che proviamo, così come sulle nostre facce su Instagram, sono solo uno specchio distorto che ci aiuta a pensare di poter essere giovani e perfetti, quindi immortali. Ma è una bugia. Trovo più moderno chi accetta la sofferenza di chi fa finta che non esista.
Che mi dici della difficoltà di scrivere battute senza cedere alle lusinghe della più facile volgarità?
Ancora me lo chiedo, se ci può essere un compromesso tra l’alto e il basso. E soprattutto in che modo questo si possa tradurre attraverso la mia cifra stilistica. Ne parlo molto in questo spettacolo, il richiamo della “battuta facile” è sempre dietro l’angolo e a volte, se serve, va bene. Io prima ero molto più attenta alla forma, ora cerco di semplificare in favore del contenuto. Ma è tutto in evoluzione.
Il monologo verte sul cambiamento. Si tratta di una riflessione sulla paura del cambiamento e della voglia di esorcizzarlo?
Entrambe le cose. Cerco di fotografare la mia vita e, forse, parte della mia generazione che si trova in questo momento senza punti certi di riferimento come ad esempio una sicurezza economica o sentimentale. Con i social che cercano di impossessarsi delle nostre esistenze, e con la paura di buttarsi in pieno nei propri sogni, perché se dopo aver fatto tutto non si realizzano è peggio che sapere di non aver fatto abbastanza.
Perché il pubblico non dovrebbe mancare al tuo spettacolo?
Beh perché è uno spettacolo onesto, che non promette ciò che non può dare. E’ una riflessione sincera disperata e per questo molto comica e complessa, composta di vari episodi, di varie tipologie di donna, di vari momenti. Lo definisco un’opera di artigianato che cerco di perfezionare piano piano. Inoltre ci sono due personaggi davvero esilaranti con i quali, ne sono sicura, ognuno ha avuto a che fare almeno una volta nella vita.
Credi che il tuo spettacolo possa essere letto in maniera differente dal pubblico femminile e da quello maschile?
Questo non lo so, penso che l’universo femminile sia interessante da esplorare, indipendentemente da tutto, e credo che ridere sinceramente dei nostri drammi faccia bene a tutti.
Ero già molto curioso di vedere questo nuovo spettacolo di Alessandra, dopo questa intervista, conoscendo la sua bravura e le sue capacità, lo sono ancora di più! Ci vediamo al Teatro Testaccio allora!
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