“Le elezioni europee del 26 maggio hanno mostrato che la grande maggioranza dei cittadini crede ancora nel progetto europeo e respinge le ricette nazionaliste come inadeguate di fronte alle sfide globali.
Questa maggioranza europeista si è manifestata anche nel duro scontro tra i governi nazionali attorno alla nomina del Presidente della Commissione europea, un’istituzione da ritenere sempre più come l’esecutivo politico dell’Unione: in altri termini, il governo federale in formazione.
Il risultato finale è stato quello di ammettere, da parte dei governi, che il Presidente della Commissione deve essere l’espressione dei rapporti di forza tra le forze politiche europee che si sono contese il voto dei cittadini e che hanno deciso di formare una maggioranza politica nel Parlamento.
È dunque uscito rafforzato il binomio Parlamento-Commissione, punto cardine della democrazia europea. Esso potrà consolidarsi nella legislatura che si apre se emergeranno veri e propri partiti europei, condizione indispensabile per determinare, in modo democratico ed efficace, le politiche da mettere in campo sui temi dello sviluppo sostenibile, dell’immigrazione e della difesa/politica estera europea.
Sono queste le politiche che richiamano automaticamente la questione delle riforme istituzionali che si rendono necessarie per poterle sviluppare con efficacia.
Il Parlamento europeo si pone dunque al centro dello sviluppo della democrazia nell’Unione.”
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