Conflitti e false credenze ostacolano il contrasto all’epidemia, i minori vivono nella costante paura del contagio e di essere attaccati da gruppi armati
Nella Repubblica Democratica del Congo, nelle ultime due settimane l’epidemia di ebola ha fatto registrare un record di nuovi casi. Sono stati, infatti, 57 nella prima e 72 nella seconda per un totale di 1.100 casi segnalati fino ad oggi. I bambini morti a causa malattia sono già 100. La scorsa settimana, più della metà delle morti di ebola si sono verificate al di fuori dei centri di trattamento, aumentando in modo rilevante la possibilità di contagio. A rendere ancora più drammatica la situazione, ci sono i crescenti conflitti che ostacolano la lotta alla diffusione della malattia. È l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, che sta cercando di combattere la disinformazione e le ostilità formando circa 1.200 operatori sanitari e 1.000 capi di comunità.
“Le sfide che devono essere affrontate per debellare la malattia sono enormi. Sono stati fatti progressi, ma questo picco di casi mostra che qualsiasi passo avanti potrebbe essere vanificato. Con l’approccio sbagliato, la paura e il sospetto potrebbero ancora sopraffare la lotta contro l’Ebola” dichiara Heather Kerr, direttore di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo.
“Save the Children lavora 24 ore su 24 all’interno e a fianco delle comunità per combattere la malattia, per garantire che le persone sappiano come proteggersi e per far sì che si sentano supportate nella terribile esperienza di aver contratto la terribile malattia in casa propria” prosegue Kerr che aggiunge che il conflitto che affligge da tempo l’area combinato con la diffusione dell’ebola getta i bambini in un costante stato di paura e di sconforto” prosegue Kerr.
Il picco dei casi arriva poco dopo le segnalazioni di quattro attacchi in sole due settimane alle strutture di trattamento dell’ebola o a quelle di transito.
“I bambini sono arrabbiati per ciò che gli sta accadendo. Per anni hanno dovuto assistere a vicini, persone care e amici uccisi brutalmente nel conflitto mentre lavoravano nei campi o camminavano per le strade. E ora l’ebola non si sta solo prendendo altre vite, ma sta anche distruggendo la relazione tanto necessaria per i bambini con le loro famiglie e con i loro amici, perché non possono toccarsi o confortarsi a vicenda. Vivono nella costante paura di contrarre la malattia ma anche di essere attaccati da gruppi armati” conclude Kerr.
Save the Children ha parlato ai bambini e alle famiglie che cercano di affrontare la duplice minaccia del conflitto e dell’ebola, facendo luce sulle paure e sui pregiudizi relativi alla malattia. Lo zio del tredicenne Pierre, la zia e uno dei loro figli sono stati massacrati nel loro terreno da un gruppo armato. Anche il cugino di solo un mese di Pierre è stato colpito nell’attacco, ma è sopravvissuto dopo essere stato curato per cinque mesi. Oltre a questa tragedia, ora lui e la sua famiglia stanno affrontando la nuova minaccia dell’ebola.
Pierre partecipa alle sessioni di Save the Children sulla sensibilizzazione sull’ebola e condivide le informazioni con i suoi amici. “La gente pensava che l’ebola fosse portata da spiriti maligni. La voce che circola è che i bianchi stanno arrivando per impossessarsi del nostro Paese. Quando un bambino contrae l’ebola può avere la febbre alta, suda molto e gli occhi cambiano colore” dice Pierre.
Il padre di Pierre, Henri, si prende cura dei figli orfani di suo fratello e dei suoi, 15 in tutto. È anche un capo della comunità preparato da Save the Children per portare informazioni alle famiglie sul virus ebola e su come proteggersi. “C’era molta resistenza perché la gente pensava che l’ebola fosse spaventosa. Alcuni lo consideravano uno spirito maligno, altri che fosse il governo a creare il virus per ridurre la popolazione del Paese. Avevamo paura a causa del conflitto e stavamo aspettando le elezioni. Ciò ha contribuito all’incapacità della gente di comprendere la malattia e alla diffusione dell’idea che il governo abbia creato l’ebola per ridurre il numero di persone. Io informo i vicini e le famiglie su che cos’è l’ebola per mostrare loro quanto pericolosa sia questa malattia che potrebbe uccidere un intero villaggio” afferma Henri.
“L’ebola ha colpito alcuni dei miei amici, ma io mi sono rifiutato di vaccinarmi. Molti genitori hanno rifiutato di vaccinare i propri figli perché non erano stati informati adeguatamente. Pensavano che le persone che portavano il vaccino avessero la malattia e che li infettassero. Ho pensato che una volta vaccinato, avrei contratto la malattia. Si diceva che una volta vaccinato, saresti morto” sottolinea Sebastien di 15 anni.
Sebastien vive già con l’eredità del conflitto. “Nel 2016 c’è stata molta pioggia e sono iniziate le inondazioni. Nello stesso periodo, la gente veniva dall’altra parte della città dicendo che c’erano gruppi armati in arrivo. Ho visto bambini uccidere altri bambini. E poi altri che annegavano. I bambini non vanno più a scuola perché i loro genitori sono stati uccisi o non vanno più nei campi e non possono permettersi le tasse scolastiche. Ogni giorno sentiamo gli spari dei gruppi armati. Mi piacerebbe guidare i bambini, diventare il loro presidente e parlare con loro. Sono sempre trascurati e isolati. C’è un gran numero di piccoli che viene rapito perché non seguito da nessuno. Ci sono molti progetti che vorrei realizzare per cambiare questa situazione”.
Sono più di un milione le persone raggiunte da Save the Children che hanno ricevuto informazioni sulla malattia. Il lavoro dell’Organizzazione include la creazione di strutture di screening e l’individuazione delle persone che sono entrate in contatto con il virus per evitare una diffusione ulteriore. Il team dell’Organizzazione nel Nord Kivu sottolinea che la sfiducia diffusa nei confronti degli sforzi per arginare la malattia rende più difficile combattere l’epidemia e raggiungere i minori che hanno più bisogno di supporto.
L’Organizzaizone sta attualmente supportando 39 strutture sanitarie nel Nord Kivu e a Ituri e 44 strutture sanitarie a Petit North Kivu (Goma e aree limitrofe) per la prevenzione e il controllo delle infezioni, per la formazione degli operatori sanitari e per le aree di triage.
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