L’istruzione viene indicata come priorità ancor prima di cibo, acqua o un riparo sicuro. Nel mondo oggi 1 bambino su 5 non può andare a scuola a causa delle crisi umanitarie e si stima che, se non si inverte in trend attuale, 225 milioni di bambini saranno fuori dall’istruzione nel 2030
Tra i bambini che nel mondo vivono in aree di crisi colpite da emergenze umanitarie, quasi 1 su 3 considera come priorità la possibilità di tornare a scuola (29%), un numero più che doppio rispetto a quelli che indicano bisogni più immediati come il cibo (12%), la salute (12%), l’acqua e i servizi igienico-sanitari (12%), la necessità di avere un riparo (9%) o il denaro (9%).
Eppure nel 2018, dei 25 miliardi di dollari di aiuti stanziati dai donatori internazionali per i paesi colpiti da crisi umanitarie come guerre, epidemie e disastri, solo il 2% (606 milioni) è stato destinato all’istruzione, contro il 5,98% (1,5 miliardi) allocato per le cure mediche e il 23.85% (6miliardi) alla sicurezza alimentare.
Lo rivela il rapporto “Istruzione contro le disuguaglianze” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, diffuso oggi per richiamare l’attenzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sull’inadeguatezza dei fondi per gli aiuti dedicati all’istruzione.
Il rapporto raccoglie le opinioni di 1.215 bambini e adolescenti dai 5 agli 11 anni in alcuni degli scenari di crisi in Asia, Africa e medio Oriente paesi nella più ampia indagine di questo tipo svolta sino ad ora, dai bambini che lottano per sopravvivere alle distruzioni del tifone Haiyan nelle Filippine, ai bambini rifugiati siriani e afghani, da quelli che vivono in zone di conflitto nella Repubblica Democratica del Congo, ai bambini Rohingya nei campi profughi in Bangladesh e i bambini sfollati per fuggire ai combattimenti in Etiopia e nel Sud Sudan[1].
Ali, 10 anni, oggi vive a Idlib in Siria, dove nel nord-ovest quasi la metà delle scuole sono inutilizzabili. Chiede di poter tornare a scuola, dopo che i bombardamenti nel villaggio d’origine hanno distrutto la sua, costringendolo a fuggire per mettersi in salvo con la sua famiglia: “La mia scuola è stata distrutta, sono molto triste per questo. Io e i miei amici torneremo a studiare a scuola. Adoro la mia scuola, non voglio che venga più bombardata e distrutta. La ricostruiremo e la renderemo migliore di prima. Adoro studiare. Voglio diventare un medico per curare le persone bisognose e servire il mio paese “.
Ad oggi, 262 milioni di bambini, 1 su 5 nel mondo, non vanno a scuola, molti dei quali a causa di crisi improvvise o prolungate come guerre, focolai di malattie o catastrofi naturali. Secondo le stime attuali, si prevede che 225 milioni di bambini saranno fuori dall’istruzione nel 2030, tra le cause la grave carenza di finanziamenti all’istruzione livello globale[2].
In Siria e Yemen, nel solo 2017 ci sono stati 1.432 attacchi verificati contro le scuole e 4 milioni di bambini sono stati tagliati fuori dall’istruzione poiché le loro scuole sono state distrutte da missili e bombe o occupate da uomini armati[3]. In Nigeria, il Boko Haram ha ucciso circa 2.295 insegnanti e oltre 600.000 bambini hanno perso la possibilità di accedere all’istruzione[4]. Quasi il 65% delle 920 scuole chiuse in Mali si trova nella regione di Mopti; la maggior parte ha chiuso a causa dell’insicurezza, privando più di 179mila bambini del loro diritto fondamentale all’educazione[5].
Alla fine del 2017 erano quasi 31 milioni i bambini sfollati nel mondo, di cui 14 milioni rifugiati e richiedenti asilo e circa 17 milioni sfollati interni a causa di violenze e conflitti scoppiati nei propri paesi. Quasi 40 milioni di bambini l’anno hanno dovuto interrompere la loro istruzione a causa di catastrofi ambientali come inondazioni, siccità, terremoti, frane e uragani. La crisi climatica sta intensificando molte di queste minacce. Le catastrofi ambientali spesso causano la distruzione, il danneggiamento o l’indisponibilità delle scuole, utilizzate come rifugi temporanei. I governi nazionali e la comunità internazionale devono urgentemente assumersi pienamente questa responsabilità, investire di più e meglio dando priorità ad interventi di lungo periodo per garantire l’accesso all’istruzione per i bambini che ne sono esclusi in tutto il mondo.
In occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Save the Children chiede ai leader mondiali di aumentare considerevolmente gli stanziamenti degli aiuti all’istruzione – in particolare nelle emergenze – attraverso meccanismi di finanziamento quali il fondo Education Cannot Wait (ECW), il primo fondo globale dedicato a fornire istruzione nei paesi colpiti dalle crisi[6].
Save the Children auspica che questo impegno venga ripreso anche all’interno della Dichiarazione Politica che verrà oggi adottata nella sessione di apertura Forum Politico di Alto Livello sullo Sviluppo Sostenibile durante il Summit sugli SDGs: “L’impegno più importante dell’Agenda 2030 è la promessa di realizzare gli obiettivi per tutti, in primis per i bambini e i ragazzi, senza escludere nessuno e portando avanti ogni possibile sforzo per raggiungere in precedenza chi è rimasto più indietro” ha dichiarato Filippo Ungaro, Direttore Comunicazione di Save the Children.
“Ciò che i bambini ci hanno detto è chiaro e inequivocabile. Anche quando il cibo è scarso, l’acqua sporca e l’assistenza medica quasi inesistente, i bambini vogliono ancora andare a scuola. Sanno che un’istruzione darà loro le competenze di cui hanno bisogno per riscattarsi da una crisi. Sanno che li può proteggere da un matrimonio precoce, dallo sfruttamento e dagli abusi. Capiscono che li aiuta a riprendersi dal trauma subito. I bambini vogliono di più della semplice sopravvivenza, e l’istruzione dà loro la capacità di costruire un futuro migliore” conclude Ungaro.
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