Teatro Trastevere
Di Marco Zordan
Regia di Leonardo Buttaroni
Con Marco Zordan (Enrico), Christian Galizia (Umberto) Desirée Tortorici (Sonia) e Alessia De Bartoli (Ines)
Un salotto con quattro personaggi: due astrofisici sposati con le loro mogli al seguito. Sono in un ambiente chiuso e opprimente a sgranocchiare patatine e cioccolata per cena. Sì, perché Enrico e Sonia hanno confuso il giorno del loro invito e non hanno preparato nulla.
La cena era il pretesto per un incontro importante, già cominciato male, ed è in gioco il futuro di Enrico e della sua famiglia.
Umberto è un “amico”, ma soprattutto un uomo importante ed influente nell’ambito lavorativo di Enrico e dunque può aiutarlo ad uscire da una situazione negativa che lo sta per coinvolgere.
Le rispettive mogli (Ines quella di Umberto e Sonia quella di Enrico) sono parte attiva nelle dinamiche a cui assisteremo.
In questa confusionaria ed improvvisata cena, il bambino viziato di Sonia ed Enrico interrompe continuamente la conversazione con i suoi capricci, facendo scivolare la discussione sull’educazione per poi degenerare e diventare un pretesto per affermare psicologicamente la propria supremazia sugli altri. È raccapricciante scoprire la grettezza e la pochezza dei quattro.
Ognuno ha uno scheletro nell’armadio pronto ad uscire. Non basterà serrare le ante a doppia mandata per non farlo scoprire agli altri, e peggio, per non farci i conti.
“Change” dà l’opportunità di scoprire cosa ci sia sotto le apparenze delle due coppie, smascherando il fallimentare rapporto matrimoniale, quello con figli e soprattutto con la vita e la società.
La scrittura è una pesante critica sul genere umano, sulle sue carenze, sul protagonismo, l’indifferenza verso le proprie mancanze e il morboso interesse per quelle altrui.
Le due coppie vivono la quotidianità nell’apparenza, che nasconde maldestramente frustrazione rabbia, solitudine, falsità e risentimento ai limiti della disperazione.
Il dramma ripropone la stessa scena per tre volte, in tre atti. I protagonisti, impegnati nella medesima situazione, adotteranno ogni volta approcci e punti di vista differenti, mutando i loro caratteri; danno così l’opportunità allo spettatore di vedere come sotto angolazioni diverse si possa affrontare lo stesso problema.
Ogni scena comincia dopo l’esposizione di un quadro diverso appeso alle spalle dei protagonisti. Come mi ha spiegato il regista Leonardo Buttaroni, le opere hanno un significato esplicito: quella di Picasso rappresenta due facce come quelle che hanno i protagonisti; il secondo è di Banksy che simbolicamente immortala una cameriera che spazzando, nasconde la sporcizia sotto un murales alzandolo come fosse un tappeto. La terza è quella dei due amanti incappucciati di Magritte… Attraverso l’arte figurativa, il messaggio diventa chiaro e rappresentativo di ogni scena.
Nonostante tutti abbiano un’occasione per uscire dal perverso circolo vizioso e salvarsi, i personaggi sembrano invece voler continuare a sguazzare nella melma, e con una forte autocommiserazione si condannano a questo immaginario ed inutile purgatorio tirando fuori sempre e solo il peggio di loro.
Dopo la prima scena, tesa, drammatica ed aspra, ci si aspettava di vedere una svolta, ma è come se la predeterminazione abbia imprigionato queste figure all’eterna reiterazione. Ogni volta ricadono negli stessi errori. Non sono succubi di una condanna celeste suprema, ma sono proprio loro la causa dei loro mali. Codardi, invece di cercare un cambiamento preferiscono crogiolarsi nell’infelicità, mitigandola solo con l’inutile ricerca dei punti dolenti altrui, per il piacere di sbatterglieli in faccia e sentirsi superiori.
Tutti corrono così sul filo del rasoio, in bilico sul bordo di una barca che sta per rovesciarsi. Queste piccole rivalse personali, queste vittorie di Pirro riescono solo ad edulcorare qualche istante della loro triste esistenza, che presto li sprofonderà di nuovo in quel gusto amaro che ben conoscono.
Gli attori? Insieme ricreano un’atmosfera tesa, dai retroscena fastidiosi. Interpretano efficacemente dei personaggi apparentemente schietti e sinceri e poi ne palesano la vera natura, odiosa e stucchevole. Riescono perfettamente a cimentarsi in questo doppio ruolo, facendosi compatire, commiserare ed infine detestare.
Fanno breccia nei nostri sentimenti, sbattendoci in faccia l’ipocrisia che spesso ci pervade, ci corteggia, ci svia, ci circuisce. In loro possiamo vedere noi stessi, i nostri amici, i parenti, i colleghi, la società, spingendoci ad una profonda riflessione e ad una severa autocritica. Per tutto questo non possono che essere definiti bravissimi.
Marco lo conosco da anni, è semplicemente fantastico, versatile, poliedrico. Il suo è perlopiù un personaggio perdente e succube, e lui ne esterna tutte le difficoltà, i timori, la goffaggine e la sudditanza psicologica. Christian, anche lui una mia vecchia conoscenza, è spettacolare in questa veste, con cui svela tutto il suo sarcastico cinismo. È assolutamente credibile, magnificamente fastidioso.
Le attrici sono una mia nuova e piacevole conoscenza. Alessia, con la sua frustrazione dovuta all’ accettazione di questa insana vita, riesce a infastidirti a tal punto da provare una certa rabbia nei suoi confronti per il suo atteggiamento remissivo. Perfetta e realisticamente svilente. Desirée, invece, gioca su diverse posizioni, tutte assolutamente credibili e riuscite. Si trasforma in maniera da lasciare basiti e perplessi per la sconcertante adattabilità con cui propone il suo discutibile personaggio. Fantastiche entrambe!
Regia, scrittura e cast ci regalano dunque uno spettacolo provocatorio, a tratti volutamente fastidioso, ben fatto e ben recitato e che dà modo di riflettere profondamente.
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