Teatro Arcobaleno
di Alessandro Carvaruso
Regia di Alessandro Carvaruso e Paolo Mellucci
Musiche a cura di Federico Pappalardo
Supervisione Musicale: Giovanni Zappalorto
Costumi Ianni Altamura
Coreografie di: Francesco Lappano
Con: Alessandra De Pascalis, Nicole Mastroianni, Andrea Lami, Francesco Lappano, Federico Pappalardo, Elisa Franchi, Giulia Tamburrini, Elena Barbati, Greta Polinori, Dennis Carletta, Jacopo Bargnesi Hassan
Una Cenerentola diversa rispetto a quella che conosciamo, viene proposta al Teatro Arcobaleno. Una versione assolutamente originale quella di Alessandro Carvaruso diretta da lui e Paolo Mellucci.
Una bella rivisitazione proposta in un’epoca diversa ed arricchita da coinvolgenti coreografie e canzoni cantate dal vivo con personaggi stravaganti, eleganti e anche particolarmente esilaranti.
Un musical che crea un’atmosfera magica e romantica che non disdegna di inserire anche parti divertenti.
La favola, sdoganata in tutto il mondo e ormai appartenente a tutte le culture che l’hanno riadattata secondo i diversi gusti e stili, ha la sua prima versione italiana con Giambattista Basile, scrittore napoletano vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, che scrisse nel suo dialetto la “Gatta Cenerentola”, ambientata nel Regno di Napoli, traendola dal “Cunto de li cunti”, una raccolta di cinquanta fiabe tutte redatte in dialetto napoletano.
Le successive versioni di Charles Perrault e dei fratelli Grimm sono invece quelle più diffuse e conosciute, sia dai grandi che dai piccini.
Si conta che Cenerentola sia narrata in più di trecento varianti all’interno delle più disparate tradizioni popolari, addirittura in quella egiziana con il nome di Rodopi del 570-526 a. C., pervenutaci grazie ad Erodoto.
La troviamo poi anche in Cina nella storia di Yeh-Shen o Ye Xian di Youyang Zazu, risalente al IX secolo.
È a questa tradizione che appartiene la peculiarità della protagonista, ovvero quella di avere dei piedi molto piccoli. Solitamente questo viene interpretato come un segno di nobiltà e distinzione nella cultura cinese. Da questa versione proverrebbe la caratteristica de “i piedi più piccoli del regno di Ye Xian” poi ripresa in Cenerentola.
Nella nostra cultura il piede piccolo è sinonimo semplicemente di delicatezza o di eleganza. Così, nell’apparentemente superficiale ricerca da parte del principe della ragazza in grado di calzare una scarpa così piccola, si nasconderebbe in realtà la ricerca di una donna dalle virtù sane, rare e molto apprezzate dalla cultura cinese.
In Cinderella Swing, Cenerentola viene catapultata nel periodo tra il 1920 e il 1930. La troviamo in uno Swing Club mentre segretamente, quando non è costretta a fare la sguattera dalla matrigna, balla e canta superbamente.
Trasformata in una versione Charleston, si contrappone duramente all’immagine consueta e smielata che abbiamo di questa figura.
La Cenerentola di Carvaruso è una simpatica e introversa fanciulla pronta a sbocciare, ma ancora acerba ed ingenua che cerca, quasi a sua insaputa, una rivalsa tutta al femminile.
Facendo fulcro sulle sue ancora timidi forze, vorrebbe opporsi alla soverchiante e prepotente famiglia, che altro non è che la rappresentazione del conformismo della società che la circonda, quello che vede ancora la figura femminile come succube e asservita.
La nostra Cenerentola però vuole fuggire da questi cliché e sembra farlo almeno inizialmente, inconsapevolmente, almeno a giudicare dal carattere mite e gentile e alquanto sprovveduto che palesa.
Spinta da quella che sembra più una forza interiore che una sua pulsione, cerca in controtendenza di realizzare il suo sogno, quello di affermarsi nello spettacolo e di essere felice vivendo libera da dettami coercitivi.
La scelta dello Swing e del Charleston, con il loro ritmo saltellante e frenetico, rompe gli schemi che ancora resistevano della fiaba in questa proposta. Schemi a cui siamo abituati e che vedono la protagonista imprigionata nel suo nomen omen (Cenerentola letteralmente significa “donna addetta alla casa e al focolare”).
Tutto questo avviene grazie a una sorta di deus ex machina: quella che dovrebbe essere la fata madrina, qui è la stella del club Miss Hardy, una travolgente ed esuberante quanto padrona del palco Alessandra De Pascalis; simpatica e materna ma anche diretta e pungente, direi quasi indisponente verso l’irritante ingenuità ereditata dalla fiaba e ancora presente nei personaggi che la circondano.
Lei sì che è l’immagine della donna emancipata e moderna, forse anche interpretabile come l’alter ego di Cinderella. Miss Hardy è la farfalla, Cinderella ancora una crisalide.
Il locale dov’è ambientata la storia è l’eredità della matrigna Madame Balzac dal defunto padre di Cenerentola; è una spettacolare Elisa Franchi nei panni di un’antipatica arpia arrivista dall’accento spagnolo che soffoca la povera e dotata ragazza, favorendo le altre figlie invidiose e senza grandi capacità.
Le due, infatti, sono più che altro prodighe a vessare la sorellastra invece di concentrarsi sulle proprie capacità e svilupparle.
Una è Guendalina, interpretata da Greta Polinori, artista che ho avuto più volte il piacere di apprezzare per le sue doti canore, che qui è obbligata dalla madre a ballare, pur non essendo portata e non amando l’arte tersicorea. Parla con la zeppola che la rende tenerissima, mentre soffoca la sua passione e predisposizione verso l’economia e la contabilità, dote che sarà utile ed apprezzata in seguito.
L’altra è Orietta (Elena Barbati, che stasera sostituisce Giulia Tamburrini), sciocchina e svenevole. Per lei l’attrice sfoggia una bella voce e una spiccata sensualità nel ballo, in netto ma piacevole contrasto con il personaggio superficiale e invidioso che deve rappresentare.
Di contorno, si fa per dire, i topini Andrea Lami, dagli atteggiamenti spiccatamente femminili da prima donna, simpatico e comicamente prepotente e anche lui impegnato nel ballo e nel canto, e Federico Pappalardo, dolcissimo e simpaticissimo secondo topino.
Apprezzabile e capace al pianoforte, è lui che ha scritto ed arrangiato le parti musicali con la supervisione di Giovanni Zappalorto.
Si dimostra così bravo attore, musicista, cantante e ballerino, oltre che comico.
Dennis Carletta è il barman, sempre altero e ligio al dovere, statuario dietro al banco e apparentemente distaccato, non disdegna però di intrufolarsi tra i ballerini e farsi notare per la sua classe.
Jim, il principe (Jacopo Bargnesi Hassan), ci appare ancora acerbo e timido, non dissimile dalla deliziosa Rose-Cenerentola (Nicole Mastroianni). Insieme sono bravi, piacevoli, romantici e carini da vedere. Rappresentano l’incarnazione della parte più tenera della favola. La loro timidezza scompare quando devono cantare e ballare insieme, facendolo divinamente.
Il principe si fa accompagnare da Jason, un amico (Francesco Lappano, che peraltro ha curato tutte le coreografie), che a sua insaputa insegna danza alle imbranate figlie della proprietaria. Un attore istrionico e trasformista, ironico e divertente.
Tutto in questa proposta è all’insegna di una velata ribellione attraverso gli scatenati e deliziosi balli, tra medley e mix di motivi famosi che si susseguono, inseguono ed accavallano senza tregua e che guardano ad un panorama musicale tutt’altro che ristretto, tessendo una trama musicale perfetta che ben si adatta ai veloci cambi di scena e che fa muovere e scintillare gli stupendi costumi ideati da Ianni Altamura.
Belli i balli sia in gruppo, che sfruttano ogni centimetro del palco, che in coppia. I nostri poi cantano mescolando sapientemente le loro voci per realizzare cori piacevoli e particolarmente melodici.
Non manca la comicità, sia nelle battute che in alcuni atteggiamenti, soprattutto quelli enfatizzati che fanno il verso ai canoni dei cartoni animati. Intanto si affaccia progressivamente e insistente una forma di rifiuto al servilismo femminile, che si trasforma in un desiderio di riscatto che abbatte i consueti schemi e stereotipi della favola con i suoi risvolti patriarcali e maschilisti.
Cenerentola qui non aspetta di essere trovata dal suo destino; che timidamente cerca e che trova in un principe che è molto simile a lei e che come lei desidera l’amore e l’indipendenza dal ruolo regale che gli va stretto.
Ancora insicura, la ragazza comincia a sfidare la sorte sapendo di avere delle capacità su cui contare. Non vuole più essere in balia dei sogni che la inebetiscono, ma cosciente e consapevole del proprio futuro e concretizzare la sua passione.
Deve solo trovare il coraggio per scardinare il vincolo e la sudditanza che la legano culturalmente al rispetto per la matrigna e le sorellastre. Un antico retaggio impostole da un’educazione arcaica e superata.
Osteggiata ed annichilita dalla severa matrigna in combutta con le due arcigne sorellastre, non cerca di sposarsi e sistemarsi con qualche benestante per fuggire dalla sua triste realtà, perché passerebbe da un vincolo ad un altro, da una situazione tossica ad una gabbia dorata.
Lei vuole essere una stella dello Swing, sentirsi libera di essere sé stessa.
Insomma, ci sono molti spunti di riflessione e molte morali racchiuse nei risvolti della storia che non è mai stucchevole, anzi molto intelligente, adatta ad un pubblico eterogeneo e di diversa età.
È questo che rende il tutto riuscito: la favola che si inchina alle nuove tendenze. Il resto lo fa un cast ben amalgamato e divinamente diretto, una regia che esalta le coreografie, i brani suonati e gli effetti luce, dando corpo a questa deliziosa, divertente e romantica proposta.
In un periodo storico come il nostro, in cui tutte le favole con cui siamo cresciuti vengono ormai additate come non political correct, perché discriminanti soprattutto della figura femminile, questa proposta vuole così rompere seppur educatamente questi schemi per poi travolgerli, lasciando un piacevole sapore in bocca allo spettatore.
Bella serata con tanti applausi e risate
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