Teatro San Gaspare
Con Beatrice Fazi
Scritto e diretto da Francesca Romana Zanni
Il testo che scrive Francesca è una perla teatrale a cui dà vita una sublime Beatrice che impersona cinque donne. Hanno diversi caratteri e personalità e appartengono a generazioni diverse, ma sono accomunate dall’appartenenza alla stessa famiglia.
Cinque madri e figlie con la capostipite, nata pressappoco nel 1870, che vive da adulta nei primi anni del Novecento e dà vita a ben cinque diverse generazioni che attraversano un arco temporale di un secolo. Cento anni in cui Assisteremo ai racconti di Crocifissa, Raimondo (sì, Raimondo, anche se è una femmina), Mia, Libertà e Nirvana, tutte interpretate da una portentosa Beatrice Fazi che si muove incantando ed emozionando.
Attraverso un forte impatto emotivo ed in maniera magistrale ci racconta come queste donne, e con loro l’universo femminile, si siano evolute mentre intorno il mondo cambiava velocemente attraverso guerre, rivoluzioni culturali, sociali e politiche.
Vediamo queste generazioni adeguarsi, ribellarsi, sottomettersi, cercare la loro strada pur mantenendo il ruolo di madri.
Beatrice insieme a loro intraprende uno spettacolare viaggio nel tempo, nella cultura, nella storia e nel folklore trascinando un pubblico estasiato. Interpreta ognuna in modo unico, dandole voce e passando dal dialetto salernitano a quello milanese, dall’italiano maccheronico degli emigrati newyorkesi al dialetto romano.
Ma Beatrice non si adegua solo al loro modo di esprimersi, adotta anche i singolari caratteri e movenze, trasformandosi magicamente sotto i nostri occhi attraverso l’utilizzo di un baule sulla scena.
Vi sono riposti gli oggetti più rappresentativi del cambiamento generazionale e dei modi di vivere, e sembra contenere il destino e il rapporto che ogni donna ha con il suo passato e con il futuro.
È il luogo da cui tutto parte e a cui tutto ritorna, come il ventre materno che le ha generate, una fortezza che le protegge, la terra che le accoglierà un giorno.
Attingendo a quel baule, Beatrice utilizza oggetti di uso comune, abiti, scarpe, accessori per le sue acconciature. Ne esce ogni volta un nuovo personaggio.
Così facendo per tutta la durata del monologo, ad ogni passaggio generazionale assisteremo a momenti di crisi, ribellioni, errori, scelte, e vedremo le protagoniste diventare sempre più padrone della loro vita pur rimanendo ancorate alla loro indole naturale che le rende capaci di portare avanti l’umanità.
Quello che colpisce di più in questa proposta, oltre ad un testo bellissimo e accurato, è l’attenta regia che scandisce ogni passaggio e movimento. Colpisce anche come Beatrice riesca a trasformarsi di volta in volta modificando la postura, la gestualità, l’atteggiamento e il modo di esprimersi passando dalla donna dei primi del Novecento, che ricorda le nostre nonne di campagna, a quella contemporanea, specchio delle ragazze dei nostri giorni.
I personaggi.
Crocifissa si esprime in un dialetto molto stretto. Ha speso vent’anni della sua vita per mettere al mondo undici figli, tutte femmine, e per questo viene abbandonata dal marito che cerca fortuna in America. Sul volto di Beatrice si legge il dramma della donna, che si spegne improvvisamente subito dopo aver partorito in casa l’ultima figlia.
Viene chiamata Raimondo dal padre, che sperava in un maschio. Raimondo, anzi Onda, come poi si farà chiamare, andrà coraggiosamente a cercare il padre per riportarlo a casa. Ci apparirà in questo lungo peregrinare dapprima spaventata e sperduta, in seguito ammaliata dalla libertà americana che le farà perdere la sua ingenuità. Qui rimarrà incinta, ovviamente di una femmina.
Nascerà Mia, che crescerà con le idee femministe degli anni Settanta, sarà una figlia dei fiori e svilupperà un carattere stravagante. Trasognata, senza arte né parte, vive tra droghe, misticismo, musica rock e sesso libero, e metterà così al mondo Libertà.
Libertà verrà cresciuta dalla nonna perché Mia è troppo impegnata a cercare la sua strada, smarrendosi sempre di più tra un’esperienza fallimentare e l’altra. Si trasferirà a Milano, si confonderà tra i milanesi nascondendo le sue umili origini e la sua malinconica esistenza. Infelice, affogherà la sua tristezza nell’alcol. Anche lei rimarrà incinta e partorirà Nirvana.
Nirvana chiude il cerchio. Con la madre ritornerà a Rocca D’Aspide, il paesino nel salernitano da cui tutto era cominciato e in qualche modo allaccerà un tenero rapporto con la nonna defunta.
Cinque pezzi di un puzzle che hanno finalmente trovato il giusto modo per incastrarsi e formare un quadro definitivo. La fine di una corsa durata un secolo le riporta alle origini. Insieme questi brandelli di vita si uniscono e si fondono in un unico pezzo che in realtà fa parte di un mosaico più grande, quello della vita e della storia, in cui finalmente la donna e anche le discendenti trovano il giusto posto e l’agognata emancipazione.
In tutto questo stupendo monologo, alle spalle di Beatrice vedremo delle immagini rigorosamente in bianco e nero che immortalano i cambiamenti che il mondo affronterà mentre ogni protagonista verrà accompagnata dalla musica del suo tempo che scandisce ogni scena fino all’ultima. Alla fine appariranno anche immagini a colori a coronare il finale.
Il testo riesce ad integrare nelle storie un’infinità di temi: il razzismo (prima quello subito dagli italiani negli Stati Uniti ai primi del Novecento, poi quello odierno), la religione, la misoginia, il sessismo, il femminismo, la solitudine, il patriarcato, le delusioni, l’amore, le droghe e l’alcol, la sessualità, la famiglia.
Un bellissimo viaggio che Francesca Romana Zanni ha immaginato e scritto e che Beatrice ha realizzato e divinamente materializzato.
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