Teatro Tor Bella Monaca
Presenta Il Teatro di Alice
Testo e regia di Carmen Di Marzo
Con Francesca La Scala, Angelica Accarino e Rosario Petix
Musiche originali di Alessandro Panatteri, aiuto regia Veronica Drikes, disegno luci Andrea Cungi, scene Stefania Sconci, costumi Red Bodò
Non è certo facile parlare di una bella ed intensa storia drammatica come questa; si provano troppe emozioni, talvolta contrastanti, e difficilmente descrivibili. Questo è uno spettacolo che va vissuto, sentito, palpato, assorbito. Coinvolgente, emozionante, profondo, ricercato ed attento.
Restituisce il piacere di andare a teatro per gustare un’ottima recitazione, di classe, che si muove su un bel testo che ha tante cose da dire. Ti fa uscire dalla sala soddisfatto e appagato, con qualcosa in più su cui riflettere e la voglia di abbracciare gli attori, ringraziarli e sentire ancora quel profumo dei personaggi che hanno portato in scena, così da impregnartene bene.
Il tutto è magicamente concentrato in un unico atto di un’ora che va subito al sodo con un crescendo e che riesce a dire tutto ciò che deve.
Protagonista è un intenso rapporto tra una madre e una figlia, rappresentato in un fluttuare di situazioni delicate che si mescolano ad altre più tese, drammatiche e crude.
La pièce è ben dosata e articolata nei suoi passaggi, e ci racconta di una madre che nonostante la dubbia moralità e la bassa estrazione sociale, le pecche ed i difetti, si impegna profondamente per educare e offrire un futuro migliore alla sua splendida figlia. Una madre che non ha timore di affrontare profondi sacrifici. Non esagero nel dire di aver visto in questa figura una sorta di Maria Maddalena della moderna periferia, pronta ad immolarsi e a scontare ogni sua scelta passata per redimersi, donando alla società una perla meravigliosa come la figlia, che tra un capriccio e un vezzo adolescenziale non riesce a nascondere tutta la sua ponderatezza e maturità. È insomma, l’immagine di una donna discutibile ma di una madre integerrima.
La pièce ci fa riflettere sul rapporto tra la madre e figlia allargando l’occhio sui rapporti in generale e sui labili confini tra verità e menzogna. Quando si mente a chi si ama, la fiducia si incrina, vacilla, cade. Ci si chiede quanto sia giusto e quando è più giusto tacere per non rompere la serenità di chi si ama. Quanto ci si può definire falsi, ipocriti, bugiardi se si trascura di dire la verità per preservare la spensieratezza dell’altro?
Avrete capito che questa pièce vi metterà davanti a voi stessi, a situazioni che sicuramente avrete vissuto o subito. Probabilmente vi troverete a giudicare i personaggi o voi stessi, ma lo farete entrando inevitabilmente in empatia con queste figure semplicemente splendide.
Nei panni della figlia, una portentosa e talentuosa Angelica Accarino. Riesce ad esprimere tutta la carica adolescenziale della sua età ma anche una profonda maturità con naturalezza e disinvoltura, facendo emergere con maestria i piccoli traumi della coetanea che interpreta, le sue insicurezze, il forte senso di sconforto per il tradimento materno, comprensibile ma doloroso.
Francesca è una madre come tante altre, rimasta sola a crescere una figlia che ama più di sé stessa, dimostrandolo proprio attraverso le menzogne e i non detti per regalarle una vita serena nonostante le restrizioni della condizione sociale, o forse tace semplicemente per non sentirsi giudicata, nonostante sia già lei stessa molto critica e severa nei suoi stessi riguardi. Una figura intensa, una moderna Nannarella che Francesca La Scala porta sul palco con una grande dignità, mostrandoci una mirabile sequenza realistica dei diversi stati d’animo che opprimono il suo personaggio.
Da subito le attrici ci ripropongono un ambiente familiare, una casa popolare di borgata modesta, riprodotta con accuratezza nella sua attenta semplicità. Si è subito immersi in questa normalità quotidiana, a tratti pesante per le evidenti limitazioni.
Francesca entra in scena segnata visibilmente da quella stanchezza fisica ed emotiva, subito accantonata e dimenticata dopo che la frizzante figlia torna a casa con un ottimo voto ricevuto all’università. L’eccitazione della ragazza è come una medicina risanante per la madre, che ci vede anche una ricompensa ai suoi enormi sforzi.
Apparirà anche l’ex compagno della donna, un uomo presente anche se la loro storia è finita; uno splendido Rosario Petix, che nel momento di maggior bisogno e di crisi entra in scena e si interpone con delicatezza tra i due personaggi principali come un vero uomo e un vero padre farebbero per mediare e riportare la serenità. Rosario fa da ponte, da tramite, ma non si incontra mai con entrambe le donne, assumendo quasi le sembianze di un’entità salvifica.
Il tutto è accompagnato da un efficace gioco di luci e dalle corpose ed incantevoli musiche di Alessandro Panatteri, che sublimano alcuni passaggi fondamentali rendendoli simili alle scene di un film. Intensi e profondi sono però anche i silenzi che restituiscono quel vuoto interiore, quello smarrimento da colmare, quel dolore che urla soffocato in un silenzio assordante, accompagnato da un voluto buio che tutto intorno, come una cornice incombente, preme e minaccia di inghiottire la precaria scena.
Carmen Di Marzo, dotata attrice ed autrice, mette in mano questo suo appassionante testo a tre splendidi artisti che gli danno vita, voce, corpo e anima.
In sala da subito non vola una mosca, siamo tutti empaticamente ipnotizzati dalla scena. E non è ancora tutto, perché tra i pesanti segreti che si sciolgono come neve al sole, deve ancora arrivare quello più sconvolgente di tutti, che potrebbe rompere definitivamente il rapporto tra le due…
Spettacolo che con questo testo e questo cast ha fatto un grande centro! Bellissimo.
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