Teatro 7 Off
Scritto da Marco Rinaldi e diretto da Paolo Vanacore.
Con Riccardo Bàrbera, Roberto D’Alessandro, Antonello Pascale
Regia di Paolo Vanacore
Musiche originali di Alessandro Panatteri
Scene di Alessandro Chiti
Disegno luci Camilla Piccioni
Foto e grafica di Manuela Giusto
Assistente alla regia Cinzia Corsetti
Produzione CMR Project Camera Musicale Romana srls
“Esterino” è una commedia delicata e deliziosa adatta sia ai grandi che ai più piccoli. Dirò di più: sembra studiata per farci tornare in contatto con il bambino che è rimasto in noi.
Esterino è un bambino di otto anni molto curioso, brillante e perspicace che si pone domande mettendo in crisi gli adulti. Questo aspetto si evidenzia soprattutto quando si relaziona con il suo analista.
Con l’insolito e prematuro pensiero critico, riesce a mettere in difficoltà il discutibile specialista da cui è aiutato ad affrontare la dolorosa morte del tanto caro nonno.
Il bambino inizierà una sorta di viaggio onirico e profondamente introspettivo attraverso un dialogo interiore volto a creare una realtà fiabesca ed irreale, che gli permette però di continuare a relazionarsi con l’amata figura di nonno Lello.
I genitori, preoccupati per gli insoliti comportamenti del figlio e al corrente dei suoi immaginari incontri notturni con il defunto nonno, lo metteranno nelle mani di uno psicoterapista piuttosto incompetente: il dottor Bellachioma.
Non si può in questa proposta non ritrovare quel sapore de “Il Grande Grabski”, sempre di Marco Rinaldi, dove trovavamo un particolare psicologo impegnato nel suo confutabile lavoro. A Marco, evidentemente, piace mettere alla berlina gli psicanalisti poco seri.
Stavolta lo fa provocatoriamente con la complicità di un bambino nomen omen, perché il nome Esterino significa “saggezza e coraggio”. Io lo vedo come un moderno Pinocchio, o un Peter Pan, che con la loro brillante spontaneità scalciano contro la dura realtà che gli ha tolto figure importanti e fondamentali per la sua inevitabile crescita.
La scenografia essenziale ripropone tre ambienti diversi e separati tra loro, in analogia con la trina personalità di cui parla Freud (che peraltro apparirà in veste onirica alquanto provocatoria).
Troveremo la sua teoria spiegata con difficoltà dal terapeuta al bimbo, visto che anche lui sembra averla capita poco. L’ Es, l’Io e il Super-Io vengono spiegati come tre bambini, “uno che fa le cose, uno che controlla, e un altro che fa come gli pare perché non lo vede nessuno…”
In uno dei tre ambienti si muove Esterino con il nonno ancora vivo, in quello all’altro estremo del palco Esterino si relazionerà con lo psicologo cialtrone, mentre sullo sfondo, dietro un telo che solo quando debitamente illuminato, svela la stanzetta di Esterino.
Questo spazio sembra rappresentare il suo inconscio, dove infatti il ragazzino incontra il nonno in sogno.
I tre interagiscono, ma quello che succederà e che si diranno non voglio svelarlo. Mi limito a dirvi che le dinamiche sono molto divertenti, originali, coinvolgenti e profonde.
Grazie a un bel testo, il sogno e la realtà si inseguono e si sposano in maniera sublime con l’uso di una piacevole ironia dai ritmi serrati alternati a momenti più posati e riflessivi, che esprimono una genuina comicità e tanta tenerezza.
La figura di Esterino è deliziosa, rispecchia la personalità di tanti fantasiosi bambini della sua età. Figlio unico, adora il nonno che, nonostante sia anziano e svampito e lo intrattenga con fantasiosi ed irrealistici racconti delle sue passate esperienze, rimane il suo punto di riferimento.
Figura perfetta per confidarsi, divertirsi e sentirsi protetto. Il bambino non può proprio fare a meno di lui, e così lo materializza nei suoi sogni.
Questa tenera e dolce fuga dalla realtà evidenzia però anche la grande solitudine e l’incolmabile vuoto di cui soffre il bambino. Inutili, per alleviare la sua pena, saranno le risposte ricevute al catechismo sulla vita e sull’aldilà, e anche quelle dello psicologo con la sua illogica psicoanalisi. Il nonno, che rivive attraverso il ragazzino come il suo alter ego, consente alla mente brillante del nipote di confrontarsi con il truffaldino dottor Bellachioma mettendolo continuamente in difficoltà.
Che anche Bellachioma sia stato suggestionato da questa figura? O che empaticamente sia entrato in contatto, attraverso il bimbo, con i suoi nodi irrisolti?
La storia è dolce, tenera, simpatica e molto profonda. La recitazione? Neanche a parlarne! Roberto, Riccardo ed Antonello sono una possente macchina da palcoscenico che funziona perfettamente, diverte, esalta, commuove, fa brillare i tre diversi caratteri dei protagonisti e le loro sfaccettature evidenziandone difficoltà e punti di forza in maniera sempre divertente.
Quello che mi ha colpito di più è l’atmosfera magica, incantata, eterea che culla lo spettatore riportando in contatto con la sua parte infantile sopita. Le sinergie in campo riescono a produrre un felice connubio tra storia, recitazione, musica, regia e ambientazione.
Bella la figura del nonno, simpatico con i suoi esagerati racconti.
Accattivante, grazie all’espressività travolgente, Riccardo; dolcissima la figura del bambino, così realistico e tenero nella recitazione di Alessandro; simpaticamente antipatica è la figura dello psicologo cialtrone costruita con grande capacità da Roberto.
Questo cast esprime la bellezza di un testo appassionato e profondo coinvolgendo in un’ atmosfera in cui ci si sente coccolati e accarezzati in compagnia di figure ironiche, che seppur con tratti esagerati e caricaturali, rispecchiano le esagerazioni dell’essere umano, le debolezze e i punti di forza.
Esterino crescerà e si forgerà attraverso questa esperienza che lo ha toccato profondamente.
Mi piace pensare che imparerà a convivere con l’ineluttabilità della morte, a mantenere il ricordo del nonno senza cadere nelle sue esagerazioni portandolo nel suo cuore, e ad imparare a relazionarsi senza soccombere a loschi figuri come il terapeuta e tirare fuori il meglio di sé per inserirsi nella società in maniera sana… in Esterino vedo l’opportunità del libero arbitrio. Voi?
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