“Fanny”

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Teatro Roma
di Rebecca Déraspe
traduzione di Marco Casazza
regia di Silvio Giordani
con Maria Cristina Gionta e Adriano Evangelisti, Camilla Puja e Francesco Nuzzi, Angelica Accarino, Anita Farina, Carmine Cacciolla, Alessandro Chiodini, Flavia Ferri, Nicole Desiderioscioli,
Chiara Iaccarino, Chiara Silano
scene Mario Amodio
costumi Lucia Mariani
foto di scena Tommaso Le Pera
disegno luci Marco Macrini

Una scenografia appena abbozzata con parallelepipedi sovrapposti, squisitamente dipinti con colori e motivi allegri, che forse rappresentano esperienze, vite. Nelle loro fantasie e nei colori ho visto la primavera, il nascere di una nuova stagione dei deliziosi personaggi.

Durante la storia questi contenitori di emozioni verranno spostati dagli stessi artisti per creare nuovi ambienti e situazioni. Come pezzi di un puzzle, sembrano cercare una giusta posizione per poi, alla fine trovarla; come per chiudere un cerchio, verranno disposti nella stessa posizione iniziale, quella in cui il pubblico entrando in sala li ha trovati.

Una particolarità registica, e non sarà l’unica di Silvio Giordani, è l’assenza del sipario; così si ha la sensazione di entrare subito all’interno della storia senza che vi siano barriere, senza una quarta parete, senza un inizio ed una fine. Rumori di fondo come il tintinnio di una goccia riportano lo scandire di un tempo indefinito.

Altra particolarità è l’assenza di oggetti in scena. Ogni azione viene mimata forse per non dare forma alla materia, che in questo caso è accessoria e di contorno, o forse per non distogliere l’attenzione dai sentimenti, fulcro centrale della proposta, che sono continuamente enfatizzati dall’ espressività degli attori e dalle loro eleganti movenze.

Tutto si svolge in un’atmosfera evanescente e senza tempo, seppur alquanto concreta e tangibile.

Fanny (Maria Cristina Gionta) e Dario (Adriano Evangelisti) sono una coppia di cinquantenni ancora molto innamorati e felici, ma gli manca qualcosa, forse un figlio. Per avere intorno una figura giovanile, decidono di affittare una stanza ad Alice (Camilla Pija), una studentessa di filosofia.

Ha il carattere tipico di un’adolescente ribelle, sicuramente preparata e colta ma anche stereotipata nella sua alternatività, perché risponde ai canoni della materia che studia. Sembra, come del resto molti giovani, si sia costruita una sorta di corazza fatta di opinioni e convinzioni ereditate perlopiù da uno studio speculativo e non esperienziale, vista l’età giovane.

Molto convincente, spavalda e determinata, ha un modo di pensare che durante i confronti mette in crisi la stabilità della dolcissima Fanny, e in parte anche di Dario.

fannyDopo il primo impatto, Fanny sembra trovare spunti di riflessione dagli atteggiamenti un po’ esasperati ed entra nella frequenza di Alice, adattandosi. Il primo approccio, quello materno, fallisce; il secondo, quello amichevole, sembra invece funzionare ma proietta Fanny in una dimensione che non è più adatta ad una donna della sua età.

Questa è la chiave dello spettacolo. Fanny trova, o meglio ritrova quella parte di sé stessa che evidentemente non ha vissuto o che ha dimenticato di vivere e sviluppare e che prende il sopravvento in maniera quasi incontrollata su di lei. Questo l’aiuta a vedere la vita da un altro punto di vista e a completarsi.

Ho avuto l’impressione che in alcuni momenti Fanny ed Alice fossero la stessa persona che si confronta con sé stessa in una sorta di dialogo interiore che si materializza e scava nella parte più recondita di entrambe le figure, quella giovane ed imberbe e quella adulta e matura, liberandole dalle costrizioni esterne ed interne.

Fanny entrerà in crisi sia con se stessa che con il marito, che per nulla allarmato continua ad essere sempre molto amorevole e comprensivo sia con lei che con la ragazza.

In questo continuo duello caratteriale, emozionale e filosofico tra le due donne, l’uomo sembra stare esattamente nel mezzo, come fosse la rete di una partita a tennis. In questo rapporto la ragazza sembra essere la persona adulta che ha capito tutto della vita, ma basta un imprevisto nel percorso quotidiano a far crollare il castello di carta fatto di tante belle teorie. Ecco allora che è Fanny a prendere in mano la situazione, e attraverso la sua esperienza riesce ad aiutare Alice avvicinandosi e stabilendo un rapporto più normale.

Tutto si sviluppa con una bellissima recitazione, molto profonda e sentita. Maria Cristina è dolcissima in ogni momento, anche quando è in crisi, anzi, è lì che acquisisce una forte impronta ironica attraverso una vasta gamma di espressioni buffe ed impacciate.

Camilla, al contrario, al primo approccio risulta antipatica, saccente e spocchiosa, ma anche questa giovane attrice riesce a plasmare e a trasformare il carattere del suo personaggio scoprendo man mano che sotto quella scorza di sicurezza e determinazione si nasconde un lato fragile e delicato.

Divertente, se così si può dire, la figura di Adriano, che riesce a barcamenarsi tra due donne così diverse, riuscendo a mitigare le loro intemperanze. Sicuramente è la figura più stabile, un uomo tenero e profondo, paziente e comprensivo oltre i limiti.

La storia si svolge in diverse scene dove prenderanno posto altri sei giovani attori. Sono le “comparse” che popolano i luoghi frequentati da Alice come la discoteca o l’università.
Il testo è molto articolato e complesso, vi è inserita di tanto in tanto una piacevole ironia ma rimane molto attento allo sviluppo del pensiero delle protagoniste. Si toccano anche problematiche sociali molto importanti come il modo di pensare dei giovani di oggi, con i loro paradossi ed eccessi.

Ma a farla da padrone saranno i sentimenti e l’intenso mutare degli stati d’animo delle protagoniste, che si accavallano e si rincorrono armonicamente.

Bellissima anche la storia d’amore della coppia e soprattutto il carattere della figura maschile tutt’altro che autoritaria, anzi affettuosamente paterna e maritale, estremamente paziente nei riguardi di entrambe le figure femminili. Alla fine questa sembra trasformarsi in una vera e propria famiglia sana e unita.

Un bel viaggio introspettivo in cui anche i simboli hanno una valenza comunicativa importante; ad esempio le scarpe rosse indossate da tutti, uomini e donne, che evocano la sana espressione del mondo femminile.

Alla fine le indosserà anche Fanny, togliendosi le sue grigie e scialbe, come per dimostrare che la sua definitiva trasformazione e maturazione in donna completa ed emancipata è avvenuta.

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