TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del corona (il teatro alla riscossa)
Finalmente sono qui, nell’accogliente Teatro Marconi, anche se purtroppo solo alla seconda serata delle tre previste dal festival. A giudicare dalle foto e dai video che ho trovato in giro sul web e dal viso raggiante e soddisfatto di Pietro, la serata che ho perso deve essere stata davvero esplosiva.
Quando incontrai Pietro De Silva la prima volta, ebbi l’impressione di essere davanti ad una persona dall’allegria contagiosa. Vedendolo, poi, è stato come assistere ad un suo show reel, come in un flash mi son apparsi davanti molti dei personaggi che questo artista ha impersonato, come se facessero una sfilata davanti a me. Dunque, al suo cospetto non ho potuto contenere un caldo sorriso accompagnato da un immenso piacere.
Pietro è schietto, diretto, disinibita, irriverente, politicamente scorretto. Insomma, dice sempre quello che pensa.
Alcuni video che propone sul web emozionano, altri fanno davvero ridere e divertire.
In questi ultimi giorni, poi, si è dato da fare con un vero e proprio battage pubblicitario per la sua creatura, questo festival. Spezzoni di cartoni animati e film famosi sono stati da lui simpaticamente ridoppiati ironicamente per pubblicizzare l’evento. Sto ancora ridendo…
Stasera, grazie agli artisti che lui stesso propone, le sue parole diverranno azione, scena, sensazioni e soprattutto risate.
Ha scritto tutto lui, coadiuvato da due presentatori d’eccellenza: un impareggiabile Marco Simeoli e un esaltante Bruno Maccallini (in questa seconda serata ci sarà solo lui) che accompagneranno sul palco questi personaggi, tutti assai particolari. Vediamoli.
Cominciamo, allora.
La serata parte subito con il divertente duo Maccallini – De Silva, il secondo nei panni di Peppino, fratello sfigato di Pietro, un bonghista con coattissimi occhiali da sole, cappello alla Indiana Jones e camicia hawaiana. I due cercano tra il pubblico delle ballerine e una cantante per sostituire quelle del loro cast disperse tra le paludi pontine…
Trovata divertente di quel mattacchione di Pietro, che così facendo apre subito una breccia tra palco e platea coinvolgendolo e da subito divertendo gli spettatori, proiettandoli così nel suo pazzo mondo di tragici esseri.
Ovviamente salgono sul palco una brava cantante, tale Greta Polinori, già vista nella scorsa edizione. Già allora mi colpì non solo per l’estensione vocale, ma soprattutto per il modo di dosare la voce, soprattutto su una base che spesso non la aiuta a causa di volumi e sound impastato; ma la ragazza ha talento e si sente, e nonostante le difficoltà ci mostra tutte le sue doti canore. Insieme a lei tre graziose ballerine:
Cristina Tassone, Alessia Ferrero e Carolina Vecchia, che inscenano un balletto conmovenze prese dagli anni Settanta. Sulle note di “Long train running” dei Doobie brothers sballano la loro coreografia di questo classico..
Bruno Maccallini poi presenta, con una parvenza di serietà e con sottile ironia, la serata. È chiaramente un professionista che riesce a tenersi in bilico tra serietà e comicità, anche lui coinvolgendo il pubblico attivamente..
Ci spiega che da due anni Pietro ha ricominciato a proporre questa rassegna dopo anni di fermo, per cui ha scritto più di sessanta monologhi, con i quali ha lanciato molti nuovi volti. Questi monologhi spesso sono stati riproposti da nuovi artisti che li hanno personalizzati, e il rivederli non ci ha messo difronte a delle copie, perché ogni artista li ha rivestiti di nuova linfa. Il paragone ne esce vincente, Pietro sa come ottenere il meglio dalla sua scuderia di talenti. Rivedere reinterpretati due dei suoi monologhi mi ha spiazzato per i risultati..
È il caso di Giada Fradeani che ripropone un testo già portato in scena dalla simpatica, bravissima e romanissima Francesca Pausilli oggi ospite tra il pubblico, che con il suo romanaccio diede una sua particolare e personale impostazione al pezzo..
Giada viene presentata con preoccupazione da Bruno, o come un personaggio fuori di testa.. .Esordisce, infatti, con le sue paranoie direttamente dalla platea tra il pubblico. Una simpatica pazza paranoica, terrorizzata e accusata di qualche crimine, cerca sempre di farsi notare da eventuali testimoni grazie ai suoi singolari ed esilaranti comportamenti, lontana da ogni scena del crimine come prova della sua estraneità. Giada, molto espressiva, alterna picchi di depressione a follia umoristica pura. Un’ artista assai versatile che riempie il palco con la sua presenza.
Dopo di lei arriva Lorenzo Mastrangeli, un triste e assonnato personaggio in pigiama. Il suo dramma è soffrire di insonnia. Condannato al dormiveglia, per tentare di riposare impara a controllare i suoi sogni, cominciando a vivere una realtà virtuale tra fantasia e realtà, spesso confondendole. Tutto viene descritto con una seriosa ironia che strappa sorrisi e risate fino al suo triste epilogo.
Arriva Alessandro Giova, un depresso ed inquietante soggetto che tiene in mano una scatola contenente il suo cervello… A causa di un operazione non riuscita per curare una cefalea cronica dovuta ai drammi della sua esistenza, ci racconta le sue stravaganti vicissitudini di suggeritore teatrale sfigato.
Buffissimo, ci sciorina una collezione di espressioni divertentissime, soprattutto quando, scuotendo la scatola e dunque stimolando il cervello in essa contenuto, dà vita ad una serie di personaggi assurdi che prendono vita attraverso il suo corpo.
Stacchetto musicale in cui Greta e il corpo di ballo propongono “Think” di Aretha Frenklyn, nonostante l’assenza dei cori nel brano, Greta sopperisce a questo vuoto con le sue corde vocali con gusto e professionalità, incantando.
Arriva ora Giovanni Marra che in una tutina da ballerino vuole farci credere di essere un provetto danzatore. Con pose discutibili a tratti effeminate , si esprime in gergo napoletano attingendo al repertorio delle movenze tipiche partenopee per raccontarci la sua storia. Esplosivo e divertentissimo. Personaggio riproposto che avevo visto impersonato da Maurizio D’Agostino, altro grande interprete della scorsa stagione. Entrambi danno una loro sfumatura al monologo e, a parte il testo, creano, come nel caso di Greta e Francesca, due interpretazioni diverse e al contempo valide.
Ultimo artista è il romano Alessandro Moser, che si propone nelle vesti di un personaggio maldestro alle prese con esperienze lavorative strambe e strampalate. Alla fine si rivela essere una sorta di malvivente ma piuttosto imbranato che vive di espedienti malsani tra cui quello di collezionare parti umane…irriverente e divertente.
Il finale della serata è con il nostro super Pietro che riporta tutti sul palco insieme a Bruno e saluta il suo pubblico con gli artisti.
Una serata piacevole che dà spazio a nomi nuovi, che Pietro ha pensato bene di dedicare a giovani esordienti, permettendogli di interpretare i suoi personaggi nati dal frutto della sua produttiva fantasia e che estrae dal suo cappello magico che pare essere senza fondo e assai prolifico.
Scrivi a: redazione@viviroma.tv