Teatro Roma
-panni sporchi fritti in casa-
Di Agnese Fallongo
regia Raffaele Latagliata
Con Agnese Fallongo, Tiziano Caputo, Adriano Evangelisti
Ho visto Agnese e Tiziano per la prima volta quest’estate ad Ostia. Sono rimasto impressionato da “Letizia va alla guerra”, un racconto che parla di tre donne nel periodo della guerra (tutte impersonate da Agnese) unite da un sottile cordone ombelicale con un poliedrico Tiziano che interagiva con loro. Uno spettacolo semplicemente divino ed interpretato in maniera sublime dai due diretti da Adriano Evangelisti.
Stasera il Teatro Roma ripropone un altro lavoro dei due apprezzati artisti che ha già riscosso notevole successo, e che li vede sul palco accompagnati da Adriano, con una strepitosa regia di Raffaele Latagliata.
Quello proposto da Agnese e Tiziano non è un teatro consueto, è più una forma di magia artistica. Riescono a interpretare delle bellissime storie inscenando situazioni poetiche e ricreando atmosfere eteree ed evanescenti.
Sono artisti a trecentosessanta gradi: fantastici e prolifici ideatori di storie studiate nei minimi dettagli, hanno idee semplicemente geniali e sublimi che lasciano incantati.
Con loro una storia diviene la “Storia”. Riescono a trasportare in un viaggio emozionante e fatato che induce sensazioni coinvolgenti e travolgenti.
Hanno sviluppato un’attenta sensibilità che traspare in ogni passo, riuscendo ad interpretare più personaggi con un attento ed efficace trasformismo, dando vita a numerose e disparate riuscite ed originali personalità.
Mentre in questa storia Adriano impersona un unico personaggio, Agnese ne propone due e Tiziano addirittura quattro! Ognuno con il suo spiccato carattere e peculiarità, danno vita a scene in continua evoluzione senza interruzioni né cali di tensione.
Padroni della scena con una recitazione sopra le righe, sono dei veri maestri sopraffini di espressività e gestualità, capaci di rendere vivo e singolare ogni soggetto. Si muovono in una particolare scenografia inghiottita dal buio, che grazie a silenziosi movimenti compiuti direttamente dagli attori sulla scena, finisce per trasformare un carro da trasporto in un interno di una casa modesta.
I colori scelti sono quelli tipici che circondano una famiglia povera di campagna. Predomina il colore marrone, che rievoca quello della terra coltivata, e il verde, che si ispira alle olive e all’olio con cui in rare occasioni possono permettersi di preparare il fritto (cibo dei ricchi).
Troviamo il verde in diverse tonalità, impresso anche nei vestiti di ogni componente della famiglia. Questa bicromia è una sorta di stendardo, di fiera bandiera che accompagnerà tutti nella storia fino all’ epilogo, quando verrà abbandonato. Questi binomi cromatici sono spezzati solo dal nero che circonda la scena e veste il terzo personaggio posto al di fuori dello spazio tempo della vicenda.
È Petrusino, il virgilio che ci accompagnerà immergendoci nel mondo rurale della famiglia.
L’ambientazione di questa casa semplice è resa suggestiva da un’illuminazione onirica ed evocativa, perfetta e sempre in sincronia con le vicende, che esalta e provoca stati d’animo diversi ed emozioni continue nello spettatore. Divide poi delicatamente ogni scena dall’altra. Altra chicca è la musica. Tiziano e Agnese intonano a cappella dei canti ideati da lui, che sembrano il frutto di una contaminazione tra gli spirituals degli schiavi neri e le melodie del nostro folklore regionale.
Tutto diviene magia, armonia e poesia. Due voci meravigliose e pulite si sovrappongono e si rincorrono con melodie di una delicatezza e raffinatezza estrema, a volte accompagnate dall’uso di ritmi variegati e sovrapposti ottenuti dai tacchi delle scarpe, da pugni sul petto, da colpi sul tavolo o dal tintinnio di padelle e posate appese insieme. Ritmo e voce diventano parte integrante e strumento comunicativo del racconto.
Per un drammatico motivo che li rincorrerà per ben tre generazioni, i Mezzalira saranno costretti ad abbandonare il paese nativo in fretta e furia e a nascondersi, ma dovranno poi fare i conti con il passato in un epilogo intenso, inaspettato e commovente.
I nostri non vogliono collocare la storia in uno spazio e in un tempo definiti. Si direbbe che ci troviamo approssimativamente nella prima metà del ‘900 in Italia, in un paesino qualunque del centrosud. Il linguaggio usato è una mescolanza di cadenze e gerghi dialettali che dimostra la scelta di dare alla storia un’identità universale, che può essere accaduta in qualsiasi luogo e in una qualsiasi famiglia della penisola, affinché il pubblico possa avvicinarsi il più possibile al valore umano della vicenda.
La storia è drammatica, indubbiamente, ma non manca di risvolti tragicomici che rispecchiano alcuni canoni della commedia all’italiana. Agnese e Tiziano però aggiungono una chiave molto più profonda e poetica, con una leggera venatura di giallo che si dipanerà man mano.
Il tutto è presentato attraverso una forma teatrale che si ispira al teatro popolare e folkloristico, pur rimanendo sempre molto personale ed originale, sopraffine e difficilmente imitabile.
Il titolo riprende il detto “I panni sporchi si lavano in famiglia”, come dire che ogni cosa che succede tra le mura di casa deve rimanere lì ed essere risolta lì.
La vicenda è impregnata di omertà, segreti, tabù e viene raccontata da Giovanni Battista Mezzalira, soprannominato “Petrusino” , impersonato da un delicato, sensibile, ironico e profondo Adriano. Dapprima vede e vive questa realtà con gli occhi del bambino, poi ripercorre la sua esperienza e si sofferma sui ricordi passati della sua famiglia raccontandoli da adulto al nipote.
Agnese è nei panni prima di Crocefissa, una donna coriacea di altri tempi che segue il marito in un’altra città per fuggire da un tragico segreto. Poi si trasforma magicamente in sua figlia Pasqualina, con una mimica ed espressività incredibili che le consentono di cambiare completamente aspetto, carattere ed impostazione. Semplicemente fantastica!
Tiziano è prima il capofamiglia Santo, uomo generoso e amabile sempre pronto al sacrificio per i suoi, poi si trasforma in una strepitosa nonna dalla profonda umanità e sensibilità che nonostante la poca cultura, ha sviluppato una particolare sensibilità, saggezza e attenzione alle dinamiche della vita.
Risulta schietta e diretta dimostrando di aver maturato una grande esperienza di vita. Poi troviamo Tiziano nei nuovi panni di un amabile prete di campagna che rintraccia la famiglia per portarle, a distanza di anni, buone notizie dal paese d’origine, e in quelli infine di Fortunato, il figlio di Pasqualina ormai cresciuto. Un grande trasformista, che sa dare ad ogni interpretazione un tocco di originalità e personalità. Eccezionale!
Durante tutta la storia Adriano sarà sempre presente sul palco nei panni di Petrusino, che come narratore si inserirà nelle varie vicende commentando e raccontando una storia che farà sorridere, emozionare, divertire, far venire la pelle d’oca, incantare, commuovere e applaudire.
Non perdete lo spettacolo né gli altri di questi artisti di incomparabile professionalità e bravura.
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