Teatro Manzoni
Con Massimo Wertmuller e Maria Cristina Gionta
di Pino Tierno, a cura di Silvio Giordani
Penultimo appuntamento di “In altre parole”, Rassegna internazionale di drammaturgia contemporanea ideata da Pino Tierno, a cura di Miriam Mesturino e Pino Tierno, con la collaborazione artistica di Ferdinando Ceriani.
Giornata di pioggia, traffico intenso e sciopero. Mi azzardo, esco con lo scooter visto che in questo momento non sta piovendo, così arrivo con notevole anticipo al Teatro Manzoni. Entro e… sorpresa! Nel foyer trovo il grande e adorato Massimo Wertmuller! Lo considero un premio per la mia temerarietà nell’affrontare questa complicata giornata romana.
Non c’è nessuno, così inizia una di quelle belle chiacchierate che sai che ti porterai nel cuore, perché Massimo è una persona bellissima, disponibile, gioviale, semplice e vera. Arriva poi anche Silvio Giordani, che ha curato il testo che andrà in scena; anche con lui è piacevole parlare, è una figura di spicco nel panorama teatrale, un esperto del settore. Insomma un nell’incontro.
Lo spettacolo
Un critico d’arte rimasto offeso a seguito di un incidente occorsogli per scampare ad un incendio, riceve la visita di una giovane giornalista che vuole intervistarlo sulla sua carriera. L’uomo è costretto su un divano a causa di una gamba rotta, ospite a casa di un amico anche lui legato al mondo dell’arte e del giornalismo. Quello che gli invia la promettente ragazza con un futuro roseo nel campo giornalistico.
Lei arriva all’appuntamento rivelando invece una certa incertezza, goffaggine ed imbarazzo. Si presenta addirittura con le buste della spesa! Logorroica ed invadente, invece di intervistare il critico lo usa come sfogo in una sorta di monologo sulle vicissitudini della sua vita. Lui continua noncurante, distaccato ed imperturbabile, se non altezzoso, a scrivere il suo prossimo libro, quasi ignorandola ed infastidito da quell’inutile ingerenza.
Il testo è molto articolato, i dialoghi si fanno sempre più incalzante e i due cominciano a sviluppare una certa confidenza. Così, l’atteggiamento del critico si fa più disponibile e mitigato. La donna allora si fa più audace, rivelando una determinatezza impensabile che riesce a far breccia nel critico, che accetta di confrontarsi con lei.
Questo passaggio, un mutamento davvero interessante e ben costruito, è graduale ma si rivela sempre più intenso ed incisivo. Le battute e le espressioni burbere di un grande Massimo Wertmuller strappano continuamente risate, ma finiscono per attenuarsi.
Tra i due c’è uno scambio di vedute sempre più serio ed articolato, Maria Cristina Gionta arriva a ribaltare addirittura le sorti dell’incontro colorando di sfumature sempre più marcate e policrome il suo personaggio con cura ed attenzione. Prende il sopravvento sul critico quasi annichilendolo. Insomma, la narrazione sembra tingersi sempre più di giallo per trasformarsi in una sorta di thriller…
La discussione è sempre più animata, aspra e provocatoria e mette efficacemente in luce i vari aspetti caratteriali dei due protagonisti attraverso scontri sempre più serrati. Si comincia così ad affrontare temi importanti sulla vita in correlazione con l’arte e sulla giusta direzione da prendere.
Ovviamente le opinioni ed i punti di vista sono distanti e contrastanti e questo incontro prende sempre più il sapore di una sfida, in cui quella che sembrava un’insicura ed impacciata ragazza è una tigre ruggente che acquista sempre più punti arrivando a mettere alle corde l’uomo che perde sempre più colpi trasformandolo in un gattino.
Si toccheranno esperienze dolorose e personali mentre la rocciosa sicurezza del critico si sgretolerà sempre di più davanti a vere e proprie accuse che lo destabilizzeranno e infrangeranno le sue rigide idee.
Belle le frasi sull’importanza della cultura: “Chi ha commesso atti criminali non è mai stato in un museo” e “L’arte cambia la vita, l’arte salva la vita”.
Un quadro che raffigura un gatto di un artista africano troneggia sullo sfondo. Si è salvato proprio grazie all’intervento del critico d’arte, che si è addirittura rotto una gamba e ha rischiato la vita nell’incendio pur di salvarlo. Ma in questo incendio è morta una povera donna invalida.
È più importante l’arte o una vita? L’uomo ha scelto scientemente l’una a dispetto dell’altra? O ha addirittura agito d’istinto, senza neanche riflettere su questo quesito? Ecco che l’umanità del critico viene messa in discussione dall’incalzante giornalista.
Una bella proposta che lascia sempre più perplesso lo spettatore. Chi è questa donna così invadente? Una semplice giornalista d’arte o di cronaca nera? È una detective, una poliziotta? Una parente della vittima che cerca di incastrare il critico? O è il suo alter ego? La sua coscienza?
I dialoghi diventano sempre più intricati e chiedono attenzione per essere seguiti. Diventano provocatori e sembrano studiati per destabilizzare e far crollare l’uomo.
Due attori che insieme fanno scintille e riescono a darci due versioni opposte del loro personaggio in una bella e progressiva trasformazione. Belli ed efficaci la mimica, i toni di voce, gli imbarazzi, i momenti di difficoltà, i ragionamenti che a tratti sembrano perversi ma anche molto umani e che fanno davvero riflettere.
Una recitazione appassionata, intensa, vera che rapisce e coinvolge. Due personaggi effervescenti, forti, carichi di energia ed emozioni per una inquietante e profonda storia ricca di sfumature, divinamente interpretata attraverso ritmi incalzanti e crescenti fino all’epilogo in cui tutto sembra spegnersi in una sorta di confessione… ma anche in una morale, una lezione di vita, perché un’amara sorpresa attende il critico…
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