Il teatro ai tempi del corona

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Ormai sono passati quasi tre mesi dall’inizio di questa mia rubrica che così gentilmente ViviRoma ha voluto sostenere e perorare. Credo di poter cominciare a tirare le somme.

In questo periodo sono voluto rimanere vicino alla categoria degli attori e al mondo del teatro e dello spettacolo che ha ampiamente sofferto.

Una tenue luce si intravede alla fine del tunnel: la riapertura del 15 giugno dei teatri.

Ma sappiamo già che purtroppo questa non sarà una svolta definitiva bensì precaria a causa dei limiti che verranno imposti.

Sono voluto rimanere moralmente vicino al mondo degli attori e in qualche maniera spalleggiarli, essergli vicino, sostenerli, incoraggiarli, per ringraziarli di questo mondo che mi hanno fatto conoscere e in cui mi hanno accolto.

Così ho voluto ringraziarli per tutte le volte che mi hanno aperto i loro camerini, mi hanno ospitato dietro le quinte sempre con un sorriso mostrandomi la loro vera personalità e facendomi sentire sempre un ospite gradito.

Ho voluto trasporre tutte queste mie emozioni ed esperienze su queste pagine, paradossalmente proprio in un periodo in cui le testate giornalistiche tacciono rimanendo mute a causa del forzato letargo e quindi all’assenza degli eventi di cui parlare.

Nessuno spettacolo significa nessuna recensione, un vuoto da colmare.
Io invece credo di aver esagerato, ho scritto su di loro molto di più che durante la stagione teatrale, forse inconsciamente per riempire questo vuoto.

Li ho cercati, contattati, ho visto le loro dirette streaming e i loro vecchi spettacoli registrati, i video toccanti o divertenti che hanno registrato durante la quarantena, atti a mantenere intatto quel virtuale cordone ombelicale che li lega al loro pubblico ma anche ad esorcizzare questo trauma dovuto all’inattività.

Hanno dimostrato di essere sempre gravidi di idee e, nonostante le preoccupazioni, hanno reagito donandoci gioiellini di recitazione, scenette e gag che paradossalmente non sarebbero mai stati partoriti se non fosse accaduta questa immane tragedia del corona.

Li ho scoperti e riscoperti cercando di coinvolgere anche il pubblico che mi ha seguito, quel pubblico che solitamente, finito lo spettacolo in teatro, si alza e va a casa.

Questo affinché sappia che gli attori che si nascondevano dietro il personaggio che hanno rappresentato sono persone vive, vere, schiette e sincere, che continuano ad esistere e a vivere la loro vita normale anche dopo lo spettacolo, che scendendo dal palco riindosseranno i loro panni di persone comuni che vale la pena di conoscere. Ma soprattutto perché vale la pena trasmettere loro le nostre sensazioni da spettatore, la nostra approvazione per il lavoro che hanno svolto.
Questo ha voluto essere un omaggio a tutti loro.

Non era difficile capire che sotto il mio neologismo ‘Teatrovid 19’ si celasse una sorta di antidoto e di cura dell’anima al virus, enfatizzando la parola scritta tutta con caratteri maiuscoli, mentre ho voluto sminuire e scrivere ‘corona’ con la ‘c’ minuscola non solo perché il virus è per dimensioni addirittura più piccolo di in globulo rosso, ma soprattutto per non dargli risalto, per relegarlo in un angolo, per non dargli soddisfazione, importanza, perché fin troppa ne ha avuta, mettendo in ombra le nostre vite, la nostra salute, ma soprattutto il nostro lavoro, la nostra società e la nostra socializzazione oltre che l’economia.

Il mio rispetto va a questa categoria che, come dice Conte, “ci fa divertire ed appassionare”.

Sicuramente la categoria è stata lasciata a se stessa come molte altre in questo periodo, purtroppo.

Siamo stati e siamo ancora in una situazione critica e non entro nel merito politico delle scelte giuste o sbagliate del governo, non è questa la sede, né sono in grado di farlo.

Capisco lo sconforto, i timori e l’oblio in cui la categoria versa. Nel mio piccolo ho voluto semplicemente ricordare questi lavoratori, questi amici, queste persone, ‘che si ci fanno divertire ed appassionare’, che ci arrricchiscono di cultura e ci riempiono l’animo di emozioni con il loro bellissimo e difficilissimo mestiere spesso senza certezze.

Senza questi artisti la nostra vita sarebbe più piatta, più buia.
Spero di aver stimolato, incuriosito e magari appassionato i lettori dei miei articoli e, che appena ci sarà l’opportunità, questi saranno spinti ad andare al teatro come spettatori a restituire con passione e amore quell’attenzione che questi artisti ci hanno dato in tutto il periodo.

Vi immagino tutti seduti, trepidanti ed emozionati davanti ad un palco, in attesa che si apra il sipario, pronti a ridere e a piangere con loro, a pendere dalle loro labbra, dai loro gesti, ad acclamarli e ad applaudirli restituendogli quello stesso calore che ci hanno sempre dato.
Lo hanno meritato.

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