Teatro Cometa off
A cura di Alessandro Sena e Marco Tassotti
Con: Alessio Chiodini, Marco Fiorini, Vittoria Rossi, Sara Morassut, Marta Porfiri, Sania Ricchi.
Regia di Alessandro Sena, aiuto Regia Simonetta Di Coste, luci di Mattia Albanese, musiche di Peste, costumi Simonetta Tarantino, arredi Artefatti.
Dopo anni di repliche, solo lo scorso anno sono riuscito a vedere questa proposta di Alessandro Sena, tratta dal famoso romanzo di Fred Uhlman.
La tematica, la messa in scena e il cast hanno attirato molto pubblico, anche quello di studenti a cui sono stati offerti diversi spettacoli in orari riservati.
Ero molto curioso di vedere questa versione che vede l’inserimento di nuove scene e l’ingresso di tre attrici, per aggiungere due nuovi personaggi. Le tre giovani e preparate artiste sono per me una bella sorpresa: Sania Ricchi nel ruolo di Dora Gerson, Marta Porfiri nel ruolo di Erna, la sorella di Dora Gerson, e Sara Morassut nel ruolo della giornalista Page.
Il buio più profondo ci attende nella sala, lo stesso che circonda questa vicenda fatta di prevaricazione, violenza ed ingiustizia. Una luce ben posizionata illumina il centro del palco. Qui appare un filo spinato, quello tristemente noto dei campi di concentramento. La barriera si illumina di rosso come il sangue di tante vittime innocenti. Un tappeto sonoro è in tema con l’argomento.
Alessandro Sena ha un tocco molto personale, la sua regia è sempre attenta a sfumature e dettagli che esaltano i suoi lavori.
La scena è suddivisa in due perfette metà che rappresentano ambienti ben distinti, una sorta di Yin e Yang a rappresentazione del bene e del male, o semplicemente rispecchiano due visioni della stessa vita in maniera opposta e complementare.
Si aggiunge la terza coppia che si muoverà sullo sfondo in un arco temporale parallelo. Sono la famosa cantante e attrice tedesca ebrea Dora Gerson e sua sorella.
Così, in una porzione del palco siamo negli anni ’70 dove troviamo Hans (Marco Fiorini), ritroso e riservato, in procinto di cominciare un colloquio con la giornalista Page (Sara Morassut), che vuole assolutamente intervistarlo sul suo passato da ebreo tedesco fuggito in America per scampare al nazismo.
Nell’altra porzione invece troviamo il suo amico Konradin (Alessio Chiodini) in compagnia della madre (Vittoria Rossi), in un’ambientazione che ci riporta chiaramente tra agli anni ’30 e ‘40.
Mentre da una parte Hans parla non nascondendo una certa ritrosia a farlo, la deliziosa Page prende appunti per il suo articolo volto a divulgare gli orrori del regime; dall’altra si materializzano e prendono vita i ricordi del suo amico, soggiogato dalla madre aristocratica e filohitleriana, poco disposta a tollerare la frequentazione del figlio con “l’ebreo”.
Konradin è in profondo conflitto con sé stesso, strattonato dalla famiglia e da una posizione sociale che lo soverchia e schiaccia, non vuole perdere il prezioso amico con cui ha imparato a riflettere e a cercare la propria strada per scollarsi di dosso una realtà che evidentemente non ama. Alessio manifesta brillantemente questo dissidio interiore.
Anche lui, però, come milioni di tedeschi, subirà il fascino perverso e il plagio della propaganda di Hitler, cedendo e finendo per essere ammaliato dal nazismo.
Del cast di stasera conosco piuttosto bene tre attori: Marco, che ho apprezzato come artista poliedrico, si adatta con grande professionalità e facilità a ogni parte grazie alla sua vasta esperienza.
È un attore dalle mille sfaccettature che sa dosare o far esplodere il suo personaggio. Sia sul palco che fuori ha sempre un aspetto signorile ed un carattere gioviale e amabile.
Si cala bene nel suo personaggio, riuscendo a trasmettere tutta la difficoltà di un uomo che ha sofferto e che ora, a malincuore, rientra in contatto con quei sentimenti e quel dolore che hanno lasciato in lui cicatrici indelebili.
Poi c’è Alessio Chiodini, che apprezzo molto, avendo avuto modo di vederlo sul palco in numerose occasioni, sia in ambito comico che drammatico. Si rivela un artista in grado di adattarsi con facilità ad ogni ruolo trasmettendo forti emozioni. Nei suoi occhi si legge il dramma, il dubbio e l’esaltazione che lo pervadono e affliggono.
Vittoria Rossi è semplicemente fantastica, ha un fascino tutto suo, da donna di altri tempi. In questa veste è semplicemente perfetta, ha un carisma esplosivo, convince riuscendo a farsi detestare col suo odioso personaggio.
Sara invece si muove bene nei panni di Page, una giornalista determinata ma anche profondamente delicata e rispettosa del dolore di Hans.
Quello che trasmette in maniera piuttosto chiara è un profondo rispetto per la sensibilità di quest’ uomo.
Non fa il suo lavoro nella speranza ipocrita di ottenere importanti rivelazioni che possano darle fama con un articolo di successo, ma è semplicemente spinta dalla sincera volontà di rendere note le sofferenze di quanti hanno subito il nazismo, affinché tutti sappiano e nessuno dimentichi. Sara ci appare educata, dolce, si muove quasi in punta dei piedi svelandoci tutta la sua sensibilità di donna.
Essendo questo uno spettacolo proposto soprattutto alle scuole, credo che Alessandro non abbia voluto appesantirlo troppo e calcare la mano con eccessi drammatici.
Credo invece che abbia preferito sottolineare il messaggio intrinseco della sceneggiatura, in maniera che arrivi la diretta e chiara denuncia verso quanto è accaduto in questo triste periodo storico, attraverso le parole di un romanzo che riporta una cruda realtà.
Si siedono; lui è vago, introverso, dagli occhi traspare un dolore mai sopito. Lo stesso Marco a fine spettacolo emozionato mi ha confidato quanto sia difficile la sua parte… Marco dosa e soppesa le sue parole che escono con difficoltà dalla sua bocca, come massi pesanti.
Ma appena si apre, contatta le sue emozioni sopite e comincia così ad esorcizzare le sue paure attraverso la terapia della parola, arrivando perfino a ritrovare i bei ricordi vissuti con il fraterno amico.
La regia sapientemente sceglie di posizionare gli attori in prossimità del pubblico, rompendo la scena con l’intento di far diventare quella chiacchierata una confidenza che coinvolge il pubblico come testimone.
Marco comunica con molta intensità le difficoltà di Hans, rimasto orfano, senza amico e apolide. Dall’altra parte della barriera spazio temporale ci sono Vittoria, semplicemente spettacolare, immersa completamente nel suo personaggio, e Alessio con il suo approccio molto “ariano”… semplicemente eccezionali.
Ottimamente sincronizzate risultano le tre dimensioni, i tempi con cui entrano ed escono di scena gli attori rendono la storia fluida senza che si perda il ritmo o si rompa l’atmosfera. L’aggiunta della coppia Gerson aumenta il pathos, aggiungendo alla storia altre emozioni e punti di vista, sia del dramma storico, che sotto il profilo strettamente umano.
Suggestivo quando in alcuni momenti le dimensioni sembrano incontrarsi o sfiorarsi, così vicine tra loro e al contempo così lontane per scelte ideologiche e del destino.
Azzeccati i costumi, Sara e Marco riportano con i loro abiti inevitabilmente agli anni ’70, mentre le capigliature e i costumi di Alessio e Vittoria e poi quelli di Sania e Marta, ci riportano inequivocabilmente agli anni del nazismo. Così come gli atteggiamenti di Alessio e Vittoria, i modi di parlare, i discorsi farciti di quelle idee malsane che hanno storpiato la Germania e che Vittoria, nei panni della madre di Konradin, decanta ed abbraccia fomentata.
Tutto questo non fa che evidenziare ancora di più il conflitto interiore che il ragazzo vive sotto la pressione familiare, fino al lento propagarsi del germe del nazismo che dopo aver fatto presa sulla madre, coinvolge anche Hans.
Vincente l’idea di aggiungere le sorelle Gerson. La loro storia si contrappone a quella della famiglia nazista nello stesso arco temporale ma sempre in parallelo, una sorta di risvolto della medaglia, dove appaiono vittime e carnefici.
Così ci troviamo davanti a tre affascinanti storie parallele.
Sania nel ruolo di Dora Gerson impreziosirà la sua esibizione cantando dei brani dal vivo e ammaliandoci con una voce incantevole, eseguendo brani in inglese, in tedesco e addirittura in yiddish! Emozionante!
Insieme alla dolcissima Marta creano una bella coppia di sorelle. Da loro trasuda tutto l’affetto che le lega, ma anche la rabbia e la paura che provano, cozzando con limitrofa realtà della famiglia nazista solo apparentemente serena.
Una bella idea registica quella di aggiungere queste due figure che finiscono per arricchire ancora di più la già valida proposta. Sara e Marta si rivelano un ottima scelta per il cast, sono infatti due ragazze davvero di talento che emozionano e commuovono.
Una recitazione impeccabile, un’ottima regia, delle musiche scelte accuratamente che accompagnano e sottolineano le scene insieme a un attento uso delle luci che giocano con efficaci e suggestive penombre alternate ad ammalianti lame di luminosità per fendere il buio ed evidenziare le figure esaltano il tutto. Lo spettacolo è presentato in maniera fruibile, e se si fa attenzione è ricco di passaggi che evidenziando la folle e ottusa “psicologia” del nazismo.
Una sceneggiatura mai esagerata in cui fanno capolino passi chiave, base di testi importanti sull’argomento come “LTI la lingua del terzo Reich” di Victor Klemperer, o “Il male dentro” di Thomas Kühne e in cui ho rivisto anche la stessa critica di “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque, che seppur attraverso un romanzo (come del resto quello di stasera), riesce a trasmettere sensazioni e biasimo nei confronti della guerra e della violenza, facendo trasparire tutta l’umanità dei coinvolti.
La barriera di filo spinato in scena mi ha colpito molto, perché arriva ad evidenziare non solo la differenza temporale ma anche la netta divisione tra le due situazioni principali, sottolineando la distanza sociale, culturale ed emotiva tra i due amici che al contempo amaramente li unisce.
Questo spettacolo viene riproposto ormai da anni da Alessandro e dal Cometa Off alla vigilia della “Giornata della Memoria”, viene sempre apprezzato dal pubblico che ogni anno riempie il teatro.
Tempo fa mi ritrovai proprio davanti a questo ospitale teatro per un’intervista al regista. Eccola:
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=4738369812878157&id=100001155551171
Scrivi a: redazione@viviroma.tv