Liberamente tratto da “Le intellettuali di Molière”
da un’idea di Augusto Fornari
drammaturgia di Chiara Becchimanzi
regia di Augusto Fornari
con: Chiara Becchimanzi, Giorgia Conteduca, Monika Fabrizi, Teo Guarini, Claudio Vanni e Giulia Vanni
e con le apparizioni straordinarie di Vittorio Hamarz Vasfi e Cinzia Leone e l’amichevole partecipazione in videochiamata di Stefano Fresi
Apprezzo molto Chiara Becchimanzi; schietta, diretta, verace, intellettualmente onesta. Simpatica, profonda e artisticamente molto capace e poliedrica.
Dopo aver visto Chiara per la prima volta in una Stand Up comedy, sinceramente non sapevo come si sarebbe inserita in un contesto diverso, ovvero come interprete al fianco di altri attori. Ebbene ogni mio dubbio è stato fugato. Già dalle prime battute, Chiara si rivela un’attrice dotata, ricca di sfumature ed espressività, che dona una forte carica al suo personaggio facendolo spiccare in perfetta sinergia con gli altri.
Se ancora non la conoscete, andate a vedere i suoi video che girano sul web, vi daranno un’idea della sua gagliarda e diretta sfrontatezza. Dopo averla vista in un suo travolgente monologo quest’estate, ho ora l’opportunità di vederla sul palco, con la sua brillante compagnia teatrale, in questa rivisitazione di Molière.
Come mi ha spiegato lei stessa, la sua drammaturgia ricalca in modo fedele alcune scene della versione originale.
Di fatto, però, il tutto viene personalizzato e attualizzato generando una commedia vorticosa piena di personaggi singolari, tutti con una forte connotazione individuale e con un carattere particolare; assolutamente amabili, ma anche squisitamente discutibili. Figure stravaganti anche esagerate, ma indiscutibilmente vere e profonde.
La brillante scrittura permette loro di esprimersi pienamente grazie ad una continua ed efficace interazione con gli altri, facendosi conoscere nel profondo ed amare dal pubblico.
La commedia è arricchita di trovate alquanto divertenti e di altre davvero originali, che travolgono lo spettatore e lo immergono in un mondo caratterizzato da un continuo interscambio tra due diverse culture, quella italiana e quella iraniana.
La grande sensibilità di Chiara riesce a fonderle delicatamente tra loro senza farle stridere. Chiara dimostra un grande rispetto per ogni personaggio e senza giudizio alcuno gli permette liberamente di svelarsi per ciò che è e che pensa.
Ci sono grande attenzione e rispetto per l’individuo e per l’amore che ognuno manifesta in ogni sua forma, che sia genitoriale, filiale, religioso, di coppia, o anche amore per l’arte e la cultura e soprattutto per la libertà sotto ogni forma. Anche in questo lavoro è riconoscibile il marchio di fabbrica di Chiara, che dà voce, con un linguaggio fruibile, intenso e ricco a occasioni di riflessione attraverso una grande dose di comicità.
Chiara veste un personaggio che ne rappresenta l’essenza sotto molteplici aspetti; interpreta una donna dalle idee chiare, ferme, a tratti dispotica forse a causa del peso delle sue responsabilità, ma anche in grado di mettersi in discussione pur rimanendo ferma sulle sue idee, manifesterà alla fine una certa apertura. Chiara è un’artista coraggiosa, sempre in prima linea nell’ esporre le idee in cui crede fermamente; portabandiera di forti messaggi sociali, li esterna senza timore di essere criticata.
Per questo l’apprezzo molto anche come persona. Attraverso questo lavoro dà voce di nuovo alle minoranze che possono così esprimersi liberamente e avere un loro spazio.
Ho molto apprezzato, durante una delle scene, la capacità di uscire dal suo personaggio per vestire per un attimo quello di una disinvolta e riuscita presentatrice.
È stato il momento in cui lo spettacolo ci ha riservato la sorpresa di Vladimir Luxuria, ospite della serata, che ci ha donato minuti intensi con la lettura di un brano dal libro “Noi donne di Teheran” di Farian Sabahi. Toccante e profondo come tutto lo spettacolo, arriva facilmente all animo dello spettatore.
Originale ed efficace l’apporto del digitale, che consentirà l’interazione virtuale dei personaggi con un inimitabile Stefano Fresi, il fratello delle protagoniste, pazzoide musicista rapper, e con i genitori defunti, interpretati dall’inarrestabile e travolgente Cinzia Leone e dall’attore iraniano Vittorio Hamarz Vasfi.
La loro presenza virtuale sullo schermo, da defunti, sottolinea la differente formazione caratteriale e culturale tra le sorelle: una moderna e ribelle (il suo nome significa proprio “libera”) come la madre, l’altra tradizionalista, pacata e molto legata alle sue radici, come il padre.
I due appaiono sullo schermo, ormai defunti, e i loro divertenti bisticci in cui ognuno prende le parti di una delle due figlie sono molto divertenti. La loro è una famiglia italo-iraniana trasferitasi in Italia dopo la Rivoluzione Islamica del 1979: la famiglia di mecenati Bahmani- Scaffidi Argentina, a cui sono venuti a mancare i genitori. Vivono in una grande casa confusionaria con tante stanze, tutte occupate da artisti molto particolari e rifugiati politici.
La storia comincia con un litigio tra le due sorelle a causa di un matrimonio. Laleh (Giorgia Conteduca) vorrebbe sposarsi e dedicarsi completamente alla vita familiare, Azadeh (Chiara Becchimanzi) vorrebbe dissuadere la sorella dal compiere questo passo che lei considera una scelta scellerata perché la priverebbe della libertà di donna.
Giorgia è molto realistica nel suo schietto personaggio, esterna con passione e sensibilità le sue convinzioni, ci appare dolce ma anche determinata, con un tocco orientaleggiante assai convincente, così come la difesa della sua scelta. Brava.
Davanti a questa realtà familiare, lo spettatore è spronato ad una riflessione: quanto sono davvero libere di pensare le due sorelle?
Quanto quello che pensano, desiderano, vogliono è frutto di una loro libera scelta? E quanto invece è influenzato e condizionato dall’ombra dei loro genitori? Non a caso le sorelle sembrano proprio il riflesso di loro, ognuna di un genitore diverso.
In questo diverbio saranno coinv,lti altri fantastici personaggi brillantemente inseriti dalla sceneggiatura, che frequentano la casa animandola con le loro singolarità e vedute.
Una è l’irresistibile e vulcanica cameriera ciociara Tina (Monika Fabrizi), fantastica con i suoi modi spigolosi e burberi ma dolcissima dietro questa maschera di rozzezza. Donna spontanea e assolutamente esilarante, ricca di uscite che fanno imbestialire e vergognare la padrona di casa ma divertire tanto la platea al punto che si attende la sua entrata tra una scena e l’altra per ascoltare qualche sua nuova “perla di saggezza”.
Poi c’è la stralunata zia Pareesa (che in iraniano significa “fatta”, anzi “stra-fatta”, Giulia Vanni). Lei gira per casa fumando continuamente cannabis; sempre sconvolta e con la testa sempre fra le nuvole, partorisce di continuo uscite genuine divertentissime. Semplicemente fantastica, anche quando non è in primo piano, contorna la scena con le sue irresistibili espressioni.
Troviamo poi il giovane innamorato Khodadad (“dono di Dio”, Teo Guarini), un personaggio forse troppo rigido e ponderato ma assolutamente d’effetto. Innamorato della sorella minore, esterna il suo carattere determinato, contraddicendo ad ogni sua esternazione la figura cucitole addosso dalla sorella maggiore.
Poi c’è un cameramen documentarista, alquanto scroccone ed opportunista, piuttosto inopportuno ed invadente di nome Trissottani (Claudio Vanni). Divertenti le sue esternazioni confuse e singolari. Insomma, una commedia folle, che si svolge in una bella ed originale scenografia che porta la firma di Fabio Pecchioli e l’impeccabile regia del grande Augusto Fornari.
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