Teatro Ghione
Di e con Marco Zadra
Disegno di luci Luca Palmieri, Fonica Caterina Meduri Tecnico video Francesco Raineri Tecnico di palco Jose de La Paz
Soli due giorni di programmazione, un martedì e un mercoledì e Marco Zadra riempie il Teatro Ghione con dei sold out!
Attore poliedrico e versatile e assolutamente originale, spero non vi siate persi “ Il mistero del calzino bucato” e “L’albergo del libero scambio”, due perle di comicità, ingegno, genialità, follia di questo fantastico artista, che si contorna sempre di un cast all’altezza della sua proposta.
In questo “Ultimo recital” conosciamo però un Marco Zadra differente, che mantiene sempre la sua ironia e la simpatia, ma dà largo spazio soprattutto alla sua grande profondità.
Ci accoglie in una bella scenografia, con un ottimo uso di luci, fonica e video, e contornato dai ricordi della famiglia in quello che sembra essere un salone di una bella casa dei tempi passati, con un grande schermo alle spalle dove saranno proiettati video e fotografie.
Marco ci porta nell’intimità della sua famiglia e ci fa partecipi dei ricordi in maniera toccante ma sempre attraverso quell’ironia che lo contraddistingue. Nonostante lo spettacolo sia dedicato al padre e alla sua figura di pianista nelle più celebri orchestre del mondo, ma anche alla madre, anche lei valida pianista, Marco comincia un viaggio nel passato partendo dai nonni. Non dimentica di raccontare aneddoti che riguardano tutti i componenti della sua famiglia in un tributo pregno di amore, stima ed affetto coinvolgenti, in cui si capisce quanto l’artista ritenga importante i valori e gli affetti familiari.
Mentre scorrono alle sue spalle le immagini dei concerti del grande Fausto Zadra e della madre Marie Louise Bastyns, vediamo anche tante belle foto che ritraggono anche lui e i suoi fratelli. Le immagini che si alternano nei video sono estratti di riprese in bianco e nero, di concerti, o ritagli di giornale con articoli sul padre. Inseriti in questo contesto, quasi come punto di riferimento, ci sono eventi storici come i mondiali di calcio, lo sbarco sulla luna, l’esordio dei Beatles… Tutto armonicamente fa da cornice a questa fantastica e toccante storia.
Marco è un artista eccezionale, un grande comico, attore, sceneggiatore che stasera ci rivela anche le sue doti poetiche e di incantatore, trasportandoci in una storia d’amore che ci stringe in un abbraccio con tutto il suo calore, avvicinandoci all’intensità dell’amore e dell’orgoglio per la sua famiglia. Non lesinerà di cantare anche le lodi per quella che ha formato lui insieme a una moglie affettuosa e presente, al figlio, anche lui pianista come i nonni, e alla figlia, anche lei attrice.
Il racconto comincia nel 1923 quando il nonno paterno Alcide emigra in Argentina, e finisce con la tragedia del 17 maggio del 2001 quando Fausto Zadra, proprio su questo palco del Teatro Ghione, mentre suonava un notturno di Chopin, si spegne davanti al pubblico e ai suoi familiari. Marco ripercorre questo infausto evento in maniera sublime, ritrovando tutte quelle piccole avvisaglie e insolite situazioni che avevano popolato la vigilia, ignorate o non percepite. Marco ricostruisce questo puzzle con attenzione e delicatezza, e senza appesantire il racconto con il dolore, riesce magicamente con sensibilità straordinaria a restituirci la gioia di una vita passata insieme, seppur con un padre spesso in tournée.
Non so dove Marco trovi la forza per raccontare la sua storia, proprio qui, e a farlo con tanta discrezione, eleganza e garbo. Partorisce uno spettacolo che commuove e colpisce l’animo dei presenti, arrivando anche a divertire, che strappa applausi in continuazione. Ci dà l’esempio di come si possa continuare a vivere i propri cari, che non ci sono più, attraverso ricordi e aneddoti che li mantengono vivi, senza tristezza.
Un bellissimo monologo, una grande idea ben sviluppata nei tempi, con momenti comici mai esagerati e momenti molto toccanti, da cui si esce sollevati, rinvigoriti emozionati. Chissà, forse quelle dita magiche staranno ora rallegrando gli angeli e, come in “Ballo in fa #” di Branduardi, ammaliano e fanno danzare la morte…
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