Teatro Garbatella
Di Gabriele Mazzucco
Con Maurizio Mattioli (Cardinal Moletti), Marco Fiorini (Gioachino Belli), Chiara Fiorelli (Cencia), Erika Marozzi (Maria), Riccardo Rendina (Nando), Dario Panichi (Gigi), Matteo Stasi (Gaudenzio Belli), Fernando Calicchia (Tonino), Demetra Fiorini (voce).
Gioachino Belli, vestito di un bianco sgargiante come il colore del marmo di una statua o forse come quello di un fantasma, si stacca e scende da un’irreale è sorprendente riproposizione di un suo famoso monumento, prendendo vita. Sogna o immagina, in questa realtà alternativa, l’incontro con la popolana Cencia e con l’ austero e vendicativo Cardinale Moletti.
Durante questo viaggio onirico ed introspettivo, si rivede da fanciullo e intanto riflette su come scrivere i suoi sonetti in uno stile nuovo, utilizzando la lingua del popolo per arrivare a tutti e parlare così dei pregi e dei difetti di Roma, la sua città, quella con cui ha un cordone ombelicale inscindibile.
Mazzucco lo propone con una veste più introspettiva e riflessiva. Vuole rappresentarne la parte meno conosciuta, quella più umana del poeta, palesando i suoi dubbi, i timori, le aspirazioni.
L’indomani, una volta ridestato da questo sogno premonitore, mentre percorre i vicoli di Trastevere incontra davvero Cencia. Ne fa la conoscenza e ne rimane ammaliato. Questo incontro fatale lo porterà a ritrovarsi invischiato nelle beghe politiche tra il sordido potere papale e la Carboneria.
Coinvolto suo malgrado nelle attività dei carbonari, ne abbraccerà le idee rivoluzionarie, ma da buon osservatore e uomo di mondo ne evidenzierà pregi, difetti e illusioni.
La proposta di Mazzucco si ispira agli scritti del grande poeta capitolino e attraverso la sua immaginazione crea delle situazioni che ne svelano la parte più intima, trattata anche con una vena umoristica.
Così, “L’ultimo sogno di Gioachino” diviene un modo per conoscere e scoprire il pensiero del grande personaggio della letteratura italiana, impelagato nel clima di delazioni, cospirazioni, speranze, tradimenti, conflitti e grandi imminenti cambiamenti che coinvolgono e sconvolgono romani, papato, Roma e l’Italia tutta dell’Ottocento.
Ben nove attori si alternano sul palco. Marco, impersonando il Belli, gli dona un taglio umoristico e profondamente umano. Apprezzo molto questo versatile attore e il suo aplomb. Sempre cordiale, pacato, ponderato e discreto, sembra voler nascondere ogni volta tutto il suo talento e la professionalità dietro un’ innata modestia che lo contraddistingue. Un grande professionista.
L’antipatico e perfido cardinale è impersonato da Maurizio, che ci restituisce una perfetta immagine del peggior esempio di odioso religioso arrivista, sprezzante, fastidioso e molesto senza scrupoli dell’epoca.
Il resto del cast funziona bene e si inserisce in scene che raccontano le tragedie del periodo. Troviamo i carbonari, un prelato, una buffa serva, la moglie del poeta e gente comune.
Il cast si alterna professionalmente ed efficacemente dando aria alle vicende che prendono vita, e movimentandole con gusto ed estrema attenzione.
Voglio sottolineare la bravura di Chiara Fiorelli, che impersona ben tre personaggi, tutti distinti da una spiccata personalità: Mena, la coriacea prostituta carbonara che Chiara ripropone con gestualità, atteggiamenti e approcci tipicamente trasteverini; Nina, la buffa serva ciociara, ignorante e spontanea; è infine la suggestiva personificazione di Roma.
Incantevole è Demetra, la figlia di Marco, che non conoscevo di persona, la cui voce di soprano, sublime e delicata, ci ha incantato. Elegante nelle movenze, apre suggestivamente lo spettacolo lasciando a bocca aperta con la sua performance.
Bella l’essenziale scenografia, assolutamente suggestiva, soprattutto nella ricostruzione del monumento del Belli, identico a quello che troviamo nei pressi di Piazza Sonnino, che prende vita in maniera evocativa.
All’inizio Marco, nei panni del Belli, sembra voler fare un tributo ad Alberto Sordi quando interpreta il povero carbonaro (questo però non è un sovversivo e vende solo il carbone). Con questo approccio il poeta viene svestito della sua aria austera e risulta subito simpatico, stravagante e un po’ spaesato.
Poi la storia prende il via e si fa più drammatica. Gioachino si ritrova ostaggio, suo malgrado, di un gruppo di carbonari giacobini pronti alla sommossa, è costretto a lasciare la sua quieta vita familiare, e così paradossalmente, scopre gli amari retroscena del suo matrimonio.
Lo spettacolo è conciso e veloce, dura poco più di un’ora ma è ben concentrato e diretto e non si perde dietro a frivolezze e futilità. Piacevoli le musiche e i costumi (un po’ meno coerente col periodo storico trattato sono le calzature). Suggestive le luci che donano la giusta dose di drammaticità e mistero alle vicende.
Uno spettacolo dal grande potenziale, che ci restituisce un Gioacchino Belli diverso da quello conosciuto a scuola e reso così più fruibile. Mi associo alle critiche positive ascoltate a fine spettacolo dai presenti in sala tra cui professionisti del settore, il regista e gli stessi attori. Anche io credo che lo spettacolo potrebbe essere ampliato, sviluppato ed impreziosito con altre scene, così da sfruttare di più questa brillante proposta e il suo preparato e capace cast.
Nonostante le difficoltà e gli imprevisti che una prima può incontrare e che saranno sicuramente risolti, come rumori di sottofondo, fruscii e antipatici ritorni di cuffia, devo dire che la prova mi ha soddisfatto appieno e che è superata a pieni voti.