TEATROVID-19 Il teatro ai tempi del Corona (La rinascita del teatro)
Teatro Marconi
Altro spettacolo che, nonostante l’ingresso contingentato, porta sul palco ben dodici attori e di livello, poi! Con un meritato sold out!
Marco Cavallaro, Silvia Brogi, Maurizio D’Agostino, Felice della Corte, Vanina Marini, Francesca Nunzi, Marina Vitolo, Caterina Gramaglia, Fabrizio Gaetani, Silvia Mazzotta, Tiziana Sensi, Tonino Tosto… Ho dimenticato qualcuno?
Ahimè, stasera lo spettacolo comincia con un’ ora di ritardo a causa di un hackeraggio che ha sabotato il sito del teatro mandando in tilt le prenotazioni…
Ma questo mi ha permesso di constatare con quanta gentilezza ed efficienza lo staff del Marconi si sia prodigato nel cercare di accelerare i tempi d’ingresso.
Durante l’attesa in fila ho rincontrato Giancarlo Moretti, un regista teatrale a me caro e che seguo con passione. I suoi spettacoli, come “Di tanto amore”, “Il figlio cambiato”, “Con tutto il mio amore”, “Stanza a tre”, mi hanno permesso di conoscere un teatro di nicchia e vedere attrici in azione del calibro di Ines Breton, Katia Nani, Ornella Lorenzano e Giovanna Cappuccio.
Durante l’attesa ho anche avuto il piacere di conoscere la valida e simpatica Rocchina Ceglia dell’ufficio comunicazione del Teatro Marconi, che ci ha piacevolmente intrattenuto con il racconto di aneddoti appartenenti al mondo del teatro.
Dodici attori per dodici personaggi, ognuno con la sua vita, i suoi pregi, i suoi difetti, il suo mestiere.
Un avvocato, un professore, una prostituta, un meccanico, una suora… Tutti legati da un unico filo conduttore: una piazza dove si trovano per caso nel momento in cui un uomo, sul cornicione di un palazzo, sembra intenzionato a gettarsi nel vuoto.
Come in una tela rinascimentale, i nostri sono catturati ed impressi in questa realtà quotidiana. Tutti “virtuali prigionieri” di un singolare quadro; immortalati con il naso all’insù in attesa degli eventi. Tutto accade sotto un “cielo che è sempre più blu”, parafrasando un brano del compianto Rino Gaetano. Per i protagonisti che si incontrano casualmente, il disgraziato funge da collante di un’insolita e momentanea relazione. Sono persone così diverse tra loro che altrimenti, senza questo stratagemma, mai si sarebbero confrontate.
Ognuno, dando voce al suo io interiore, cerca di capire le motivazioni che spingono il disgraziato al suicidio, e ognuno a suo modo cerca di convincere il poverino a desistere.
Ad un certo punto lui dice qualcosa ma è troppo lontano, cosi i presenti, ciascuno attraverso la sua esperienza personale, propone agli altri ciò che crede di aver capito. Ne escono tante versioni differenti.
Questa è la forza e il fulcro dello spettacolo: far emergere il proprio sé e offrire la propria chiave di lettura della vita.
Persone distanti e diverse tra loro, sono vittime di questo incantesimo, ignari partecipanti ad una burla del destino, vittime di una messa in scena voluta da chissà quale divinità dell’Olimpo che vuole giocare perversamente e capricciosamente con gli esseri umani. Forse con lo scopo di metterli semplicemente alla prova? Di certo li pone davanti a una singolare situazione per studiarne le reazioni.
Il personaggio più lungimirante e saggio sembra proprio essere la figura più distante dal gruppo, una reietta, la nota stonata fuori dal coro. Si tratta di una barbona che interviene e si eclissa tra gli altri come un’apparizione, mentre tutti si agitano o si confessano cercando di rimanere al centro dell’attenzione, bisognosi di affermarsi, di dimostrare a se stessi e agli altri qualcosa. In questa sede ognuno, dall’avvocato alla fruttivendolo, dal professore al semplici otto, dalla prostitute al meccanico, ha voce.
Ma chi tiene i fili di queste marionette sembra essere sempre lei, l’homeless che di tanto in tanto, come una sorta di Athena eclissata in abiti sdruciti, appare, seppur sempre presente, sulla scena. Non fa parte del gruppo, ma al contempo ne è la l’anima; finisce con i suoi “oracoli” a dire la sua annichilendo sempre i presenti.
Tutto sembra un gioco creato ad hoc, una strategia ignota per far incontrare queste persone, permettendogli di conoscersi l’un l’altro e mettersi a nudo. A volte, per rivelare le cose più recondite di se stessi, si ha necessità degli estranei, forse per non sentirsi giudicati, ed è proprio quello che accade.
Il gruppo eterogeneo si esprime, si dimena, si confronta, si scontra, si anima. I personaggi prendono vita grazie a questi artisti incredibili, profondi, che danno lustro allo spettacolo.
Mi coglie un dubbio. Ma che sia proprio il suicida l’artefice di tutto? E che dall’alto giochi con i sentimenti degli astanti? Rimane sempre nell’ombra, non lo vedremo mai, ma intanto è lì, che assiste a quel groviglio umano che freme e tira fuori il meglio e il peggio di sé.
Il poveraccio verrà poi dimenticato. Rotto l’incantesimo, ognuno tornerà alle proprie faccende, alla sua vita; stavolta, forse, con in tasca una scelta che ha maturato durante questa esperienza collettiva e che gli farà affrontare la vita diversamente.
Uno spettacolo intelligente che sorprende, colpisce, stupisce. Non è facile portare in scena tanti personaggi senza creare confusione, senza far perdere il filo della storia, senza confondere i ruoli. Loro sono bravi in questo rincorrersi ed anticiparsi, portano avanti la storia senza cedimenti né abbassamenti di tensione.
Il cast
Una sorprendente Tiziana Sensi nei panni della trasandata barbona, strepitoso personaggio in grado di esternare le sue disarmanti perle di saggezza. I suoi cambi di voce e la sua gestualità sono sempre al centro della scena.
Francesca Nunzi, negli abiti di una romanissima e schiettissima prostituta, mi riporta in mente quando interpretava il suo a me caro monologo “Volevo fare la mignotta”; è indiscutibilmente irresistibile.
Marina Vitolo, vivacissima e napoletanissima, è una fruttivendola ricca di simpatia che incarna la voce senza freno del popolo, sempre esuberante.
Vanina Marini, nei panni di una insolita suora dalla doppia personalità, da un lato posata e contenuta, dall’altro esplosivamente irascibile se stuzzicata. Spassosa e bravissima come sempre.
Il posato e contenuto Maurizio D’Agostino nei panni di un insolito colonnello che fa outing pensando che il suicida sia il suo amante. Si muove abilmente nelle contraddizioni tra la sua professione di militare e l’omosessualità.
Tonino Tosto, il professore e scrittore, con la sua voce flemmatica ed accademica, cerca di fare concorrenza alla barbona propinando massime e citazioni.
Felice Della Corte, l’avvocato posato, serioso, mai scomposto, anche lui prodigo di consigli accomodanti.
Marco Cavallaro, il simpatico sempliciotto tontolone, sempre stralunato, dal vocabolario limitato e i pochi pensieri confusi che, insieme al rozzo meccanico romanaccio schietto e diretto Fabrizio Gaetani, fomenta e serve battute ironiche al momento giusto. Sono loro che in complicità con la Nunzi detengono lo scettro della comicità e che innescano una sequenza di domande e risposte divertenti. Caterina Gramaglia si muove grazie alle sue innumerevoli esperienze maturate viaggiando, è efficace e spigliata e vivacizza così il suo ruolo. Silvia Brogi, la manager snob, è davvero realistica nel suo ruolo; col suo atteggiamento spocchioso nasconde in realtà le sue fragilità. Poi Silvia Mazzotta, l’aspirante attrice, è la rappresentazione del potenziale cambiamento di ognuno di noi, ma anche di quelli che hanno paura di cogliere l’attimo.
Bel cast, bello spettacolo per una serata emozionante.
Scrivi a: redazione@viviroma.tv