“Medea la divina”

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Teatrosophia
Scritto e diretto da Massimiliano Auci
Con Giovanna Cappuccio e Giorgia Serrao
con la partecipazione della piccola Ginevra Genna

Teatrosophia è incantevole, delizioso ed ospitale, ubicato nel cuore di Roma. Curato nei minimi dettagli da mani amorevoli e appassionate, è gestito da uno staff accogliente e gentile. Ha una bella e ricca programmazione con interessanti spettacoli come quello di stasera, e coccola il suo pubblico offrendo, a fine serata, un generoso aperitivo che concede al pubblico un momento per incontrare gli artisti e scambiare impressioni e idee.

Un testo struggente ed appassionato, quello scritto e diretto da un ispirato Massimiliano Auci, che vuole porre al centro dell’attenzione una Maria Callas inedita; artista indimenticata dalla profonda ricchezza creativa, donna forte e misteriosa di cui si vuole portare alla luce la parte più intima e nascosta.

Ci troviamo nel camerino di Maria Callas durante la lavorazione di “Medea” di Pier Paolo Pasolini, che verrà appena nominato e ricordato per la sua generosa attenzione verso la donna.

La grande cantante inizia a prepararsi per il set. A ritroso nel tempo ripercorre le fasi più importanti della sua vita: il difficile rapporto con la famiglia, il grande amore per la musica, ma soprattutto le delusioni affettive: la sua tormentata storia d’amore con il primo marito Giovanni Battista Meneghini e poi con l’amante Aristotele Onassis, ma anche la particolare infatuazione per Pier Paolo Pasolini. Tutti i successi e i fallimenti della sua vita in meno di un’ora di intenso spettacolo verranno sviscerati. Intanto, in parallelo viene appena accennata la storia della nostra Italia. Sono gli anni dei referendum sul divorzio e sull’ aborto, anni di forti contestazioni sociali e politiche che si riflettono inevitabilmente anche sull’arte e sui suoi protagonisti.

Maria ci appare come una diva decaduta, una leggenda fragile, un cristallo incrinato che si confessa a se stessa e allo spettatore attraverso l’attenta e rispettosa sceneggiatura di Massimiliano. Tra amarezza e malinconia, si racconterà a cuore aperto soffermandosi sul suo passato e sul presente che si affaccia su un incerto e turbolento futuro.

La divina interpretazione di Giovanna (è il caso di dirlo, ispirandosi al titolo del dramma), che veste i panni di una sofferta Callas, è a tratti conflittuale, farcito da impennate di altezzosità tipiche della sua forte personalità. Esternazioni con le quali sembra volersi proteggere, consapevole degli errori commessi, ma che fa ancora fatica a somatizzare.

Giovanna dà un taglio materno e profondo a questa figura; attraverso la sua grande espressività ne ripercorre tutti gli stati d’animo in maniera realistica ed empatica restituendoci una Callas introspettiva e profonda, lontana dall’ immagine che conosciamo e dal suo successo che sembrano perseguitarla e spersonalizzarla. Chi era davvero la Callas? Com’era lontana dalle luci della ribalta? Lei stessa sembra vacillare innanzi a questi quesiti. Sembra non sapere di essere lontana da quella figura che si è creata e che protegge la sua vera essenza. Giovanna, attraverso l’attenta sceneggiatura di Massimo, ci svela la sua parte più umana e nascosta, entrando perfettamente nel personaggio. Grande dote, quella di Giovanna, che in questi anni ho imparato a conoscere ed apprezzare grazie alla sua grande passione e professionalità.

Giorgia, anche lei divinamente (riutilizzo questo termine con giusta motivazione) rappresenta il riflesso della Callas, l’alter ego, il demone perverso che la tormenta attraverso il suo passato e i suoi irrisolti, che le sbatte in faccia la realtà portando alla luce tutte le sue debolezze e gli errori. Giorgia è pungente, fastidiosa, indisponente, provocatoria, maligna e subdola nella sua parte. Gli atteggiamenti, le espressioni, il tono di voce rimarcano questa sua predisposizione a tormentare la povera artista. In realtà, seppur severamente, la vuole incoraggiare ad un’autocritica dalla quale forse è sempre fuggita, abbagliata e distratta dal suo folgorante successo. Il suo alter ego però non mente; ciò che dice, anche se con acredine e severità, corrisponde alla verità. È la rappresentazione riuscita della sua parte interiore che si rivolta, che reclama spazio, che vuole uscire, ribellarsi perché tappata e segregata nell’intimo ed inascoltata da sempre.

Ora che la Callas si accinge a tirare le somme della sua vita, deve fare i conti con fallimenti ed insuccessi sentimentali, e con le speranze disattese che trovano finalmente sfogo e spazio per manifestarsi.

madeaQuesta trovata della sceneggiatura ci permette di conoscere una drammatica, romanzata versione intima della donna.

L’ undicenne Ginevra, invece, impersona l’artista adolescente, già marcatamente segnata dalla mancanza dell’amore materno. Ci appare con una suggestiva trovata della regia: nell’essenziale scenografia composta da un appendiabiti e una toletta da trucco in cui entrambe le donne, spesso di schiena al pubblico, si specchiano, Maria bambina appare in scena illuminata da un’intensa lama di luce che perfora improvvisamente il buio percorrendo tutta la larghezza del fondo del palco. La trovata è alquanto suggestiva. La bimba sta giocando a campana e getta un sassolino che cadendo a terra, rompe l’insolito e assordante silenzio.madea

Bellissima anche la scena in cui Giorgia abbraccia Ginevra esanime, in terra, riproponendo una sorta di Pietà di Michelangelo. Un’immagine ricca di dolcezza e pathos. Qui anche la parte “cattiva” si muove a compassione per la bambina che porta ancora con sé tutti i traumi e le mancanze affettive, che solo apparentemente l’adulta ha colmato sopperendo con il grande successo.

Ma è un’illusione: nell’etereo ambiente ricreato, quel dolore pulsante è ancora tutto lì, palpabile e vivo.

Molta della suggestione è prodotta efficacemente dall’uso sapiente delle luci che scandiscono le scene e i momenti topici e contribuiscono, insieme all’evidente valore di recitazione, sceneggiatura e regia, a donarci uno spettacolo ricco di emozioni.

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